Il cielo era d’un grigio ferroso, greve come piombo fuso. Le nubi sembravano pesare sul mondo intero, soprattutto sul cuore di Giulia, preda di un’angoscia sottile e logorante.
Stretta nel suo cappotto scuro, avanzava verso la villa dello zio Attilio. I tacchi a spillo affondavano nel brecciolino del vialetto, accompagnando i suoi passi come una marcia funebre.
Sotto il portico c'era Gisella, appoggiata a una colonna.
Il suo volto, per una volta, non aveva quel ghigno sfrontato. Fumava con disinvoltura, ma nei suoi occhi bistrati di nero si leggeva una preoccupazione sincera.
"Sei sicura di quello che vuoi fare?" chiese, la voce roca, spezzata dal fumo.
"Dopo non si torna più indietro."
Giulia non rispose subito.
Si fermò, lasciando che il vento le scompigliasse i lunghi capelli castani.
"Sono sicura."
L'altra scosse il capo, espirando lentamente il fumo.
"Questo non è un salto nel vuoto, è un suicidio."
"Lo so."
"Sei ancora in tempo per tornare sui tuoi passi," insistette la De Falco, il tono più dolce del solito.
"Parla con tuo fratello. Lui ti ama, ti ascolterebbe. Ma se Attilio e Marcello annusano qualcosa, sei fottuta. Ti scuoiano via. E non solo loro."
La ragazza non rispose subito.
Le dita si serrarono nervosamente sul bordo del cappotto, mentre lo sguardo risaliva verso l’ingresso della villa.
"Accetto il rischio."
Un silenzio teso si allungò tra loro. Gisella sbuffò, inarcando un sopracciglio.
"Filippo Guerra è un uomo pericoloso, non conviene farselo nemico."
Giulia chiuse gli occhi per un istante.
Filippo.
Il suo sguardo spezzato.
Il modo in cui l’aveva guardata quella sera, incredulo, ferito.
Ripensò alle parole che gli aveva detto, all'amore che gli aveva negato, pur sentendolo divampare dentro di lei come un incendio.
"Gli ho fatto credere di non amarlo," mormorò.
"L’ho umiliato, distrutto. Se si rialzerà, non avrà pietà."
"Ah, finalmente lo ammetti," commentò l'altra, pungente.
La giovane la fissò gelida, senza replicare. Un lampo squarciò il cielo.
Gisella scrollò le spalle.
"Allora che cosa farai?" chiese.
Gettò la sigaretta a terra, schiacciandola col tacco, gli occhi fissi sull'amica come a volerle strappare un’ultima esitazione.
"La cosa giusta," rispose Giulia.
Poi aggiunse, a mezza voce:
"Anche se dovesse essere l’ultima."
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Il vento si infilava tra le finestre del quartier generale, portando con sé l’odore della pioggia e della tensione rimasta sospesa nell’aria.
Filippo era ancora lì, immobile, nella stessa stanza dove Marini aveva insinuato il suo veleno con gesti e sguardi. I tagli sulla mano bruciavano, ma il dolore era lontano, quasi irrilevante. Il vero tormento aveva un solo nome: Giulia.
Ripensava a lei mentre si lasciava sfiorare da Marini con quel gesto lurido. Il suo sorriso… Dio, quel sorriso. Non era stato per lui, ma per quell'uomo.
Era tutto una farsa, oppure… oppure era la verità?
Si alzò di scatto, camminando avanti e indietro come una bestia in gabbia.
Ogni passo era rabbia, ogni respiro veleno. Lei lo stava distruggendo.
E lui glielo lasciava fare.
Ivan lo fissava senza dire nulla.
Non c’era più niente da calmare, ormai.
"Perché sta giocando con me?" sibilò il giovane. La voce roca, strozzata.
"Vuole farmi impazzire, è questo il suo piano?"
L'uomo si alzò dalla poltrona, avvicinandosi a lui.
"Sta recitando una parte. Come tutti. Ma il problema non è lei. Siete voi, capo. A quanto pare vi siete già arreso."
Il giovane lo fissò, gli occhi azzurri velati di furore.
"Non mi sono arreso."
"Allora dimostralo. Perché qui dentro credono che lei sia fuori gioco. Marini. Suo cugino. Giulia. E, a quanto pare, anche vostro padre."
Quel nome lo colpì più di uno schiaffo.
Don Aldo.
L’onnipresente.
Il burattinaio.
La voce che non c’era, ma che decideva tutto.
Anche la sua caduta.
Un tuono scosse le fondamenta del vecchio edificio. Il vento, ora più forte, faceva sbattere le persiane con violenza.
Filippo inspirò lentamente, lo sguardo perso verso la finestra.
Fuori, il cielo era in tempesta.
La stessa che lui ora sentiva da quando Giulia aveva deciso di voltargli le spalle.
Ma c'era qualcosa in lei… qualcosa che non riusciva a ignorare.
Un tremolio impercettibile, un dolore troppo ben nascosto dietro quei sorrisi studiati.
"Sta mentendo," sussurrò.
Ivan si fermò.
"Chi?"
"Giulia. Non è più la ragazza che ho conosciuto, ma qualcosa in lei non torna. Sembra troppo perfetta in quel ruolo."
Poi si voltò verso di lui, stringendo i denti. "Devo sapere cosa sta facendo, cosa sta preparando..."
Ivan inarcò un sopracciglio.
"E come pensa di farlo? Se si avvicina troppo, la perderà del tutto. Se la provoca, lei farà di tutto per annientarla."
"Allora la provocherò."
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Prega per me
General FictionNella Verona più oscura, dominata da segreti e rivalità famigliari, Giulia Fini, una giovane donna dalll spirito ribelle e dall'indole fiera, si trova improvvisamente trascinata in un gioco di potere. Una sera, per caso, si scontra con Filippo Guerr...
