La sera era calata da un pezzo, e il tempo sembrava essersi fermato per Giulia, intenta ad osservare il suo riflesso allo specchio.
Il vestito di velluto nero, scelto con cura per la cena di famiglia, le calzava addosso come un velo carico di malinconia. Elegante e perfetto all'esterno, nascondeva il peso di un dolore muto e assordante.
I capelli, solitamente sciolti e liberi, erano raccolti in un'acconciatura sofisticata. Eppure, la sua mano tremava mentre cercava di sistemare alcune ciocche con un fermaglio argentato. Quel tremore tradiva la lotta interna, la spirale di inquietudine e angoscia da cui non riusciva a fuggire.
Adelfio entrò senza bussare, aveva la fronte corrugata, lo sguardo già carico di tensione. Indossava un elegante completo scuro, e la cravatta di un color vinaccia, lussuosa nei dettagli, era perfettamente annodata trasudando una certa ossessione per l'ordine e il controllo.
"Ci stai mettendo troppo tempo, gli ospiti sono già quasi tutti al piano di sotto," le disse autoritario.
"Ti ho detto che la mia presenza non è fondamentale. Non ho voglia di scendere," rispose la giovane voltandosi lentamente verso di lui.
"Non è una richiesta. Lo zio vuole che tu ci sia, sai quanto tiene a impressionare i De Falco. E poi..." si fermò, quasi cercando le parole giuste, "la tua relazione con quel bastardo ha già destato abbastanza scalpore. È ora di comportarti come si deve."
Le sue parole risuonarono nella stanza come un'eco.
E Giulia si sentì schiacciata, soffocata da quel giudizio.
"Comportarmi come si deve?" ripeté, con voce rotta, velata da un sarcasmo amaro che nascondeva a malapena la sofferenza.
"Ti piacerebbe, vero? Ma la verità è che non è mai stato abbastanza per voi. Mai."
"Questa serata è importante. Basta con queste scenette da bambina."
Lei lo guardò negli occhi, un lampo di sfida che brillava nei suoi.
"Sono solo stanca di essere controllata, Adelfio."
La porta si chiuse alle sue spalle, lasciandola sola con quel vuoto che nessuno riusciva a colmare, il cuore stretto da un dolore che sembrava non avere fine.
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Nel frattempo, Filippo era in uno dei capannoni di Rocco Marini, un vecchio deposito adibito a magazzino. Camminava avanti e indietro, il cappuccio della felpa calato sulla testa, le mani affondate nelle tasche del giubbotto.
Eppure nonostante gli strati di tessuto, non riusciva a scaldarsi.
Il freddo non era fuori, era dentro.
Il suo sguardo vagava nel vuoto, perso nel ricordo di Giulia, che riaffiorava costantemente nella sua mente come un'ossessione.
Il silenzio del capannone era denso, rotto solo dal rumore dei suoi passi.
Uno degli uomini di Marini si avvicinò, le mani sporche di polvere da sparo, il fiato ancora corto.
"Poco fa c'è stata una sparatoria. La polizia è ovunque, ci stanno addosso come segugi."
Rocco, seduto su una vecchia cassa di legno, si accese una sigaretta sorridendo con noncuranza.
"E allora? Non è nulla che non possiamo gestire."
Filippo si voltò di scatto, il volto teso. Quel sorriso lo fece ribollire.
"Non coinvolgere anche me in questo casino. Stai giocando con il fuoco e non intendo bruciarmi per le tue ambizioni."
L'uomo si alzò lentamente, spezzando la distanza tra loro con passi lenti e misurati.
Il suo tono era velenoso.
"E tu, Guerra? Credi per caso di essere un santo? Non dimenticare che siamo sulla stessa barca."
Il giovane fece un mezzo passo indietro, ma si fermò.
Serrò la mascella.
"Non confondermi con te, Marini. Io ho i miei limiti. Tu, invece, non ne hai."
Ma lui si avvicinò ancora, fino a sfiorargli la spalla. Parlò sottovoce, quasi con complicità.
"No, certo che no. Tu sei il bravo ragazzo. Il figlio del generale. Il principe tormentato. Ma non dimenticare una cosa: sei qui, con me. E ogni tua scelta ti ha portato esattamente in questo fottuto posto".
Un silenzio tagliente calò tra i due, mentre il fumo della sigaretta disegnava spire lente nell'aria densa del capannone.
Filippo abbassò lo sguardo solo per un istante. Poi si girò, secco, allontanandosi a passi rapidi verso l'uscita.
L'altro restò immobile, con un sorriso appena accennato sulle labbra.
"Prima o poi, Guerra, il fuoco lo accenderai tu. E allora voglio essere lì a guardarti bruciare".
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Prega per me
General FictionNella Verona più oscura, dominata da segreti e rivalità famigliari, Giulia Fini, una giovane donna dalll spirito ribelle e dall'indole fiera, si trova improvvisamente trascinata in un gioco di potere. Una sera, per caso, si scontra con Filippo Guerr...
