Capitolo 69. Padre

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Verona, 1998...

Don Aldo, ormai conosciuto da tutti con quel titolo che portava come una seconda pelle, aveva finalmente raggiunto la posizione sociale a cui tanto ambiva.
Il suo viso, segnato da rughe precoci e occhi che raccontavano più di quanto avrebbe voluto rivelare, tradiva un uomo che aveva visto e fatto cose che pochi sarebbero stati in grado di sopportare.

A quarant'anni, aveva acquisito un potere immenso, ma nonostante il rispetto che il suo nome suscitava, si sentiva un guscio vuoto, incapace di colmare quel desiderio di affetto, di un amore incondizionato difficile da conquistare.
Nessun titolo, nessun denaro, nessuna posizione sociale, sarebbero potute bastare.

Quel pomeriggio sedeva come di consuetudine nel soggiorno, lo sguardo fisso nel vuoto, quando il telefono squillò.
Con una smorfia, sollevò la cornetta.

"Pietro, dimmi," rispose, la voce profonda e grave, un riflesso della tensione che da anni lo accompagnava.

"Aldo..."

La voce dall'altra parte tremava, rivelando una paura che non poteva ignorare. Pietro, il suo migliore amico, sembrava essere nel panico.

"Ho bisogno di altro denaro..."

Don Aldo fece un lungo sospiro.
"Ti avevo consigliato di scappare, tu e la tua famiglia. Perché non mi ascolti?"

Una breve pausa, poi Pietro riprese, la voce rotta dalla disperazione. "Quell'uomo... Alberto Fini, vuole di più... i soldi che mi hai prestato non basteranno a ricoprire il debito che ho con lui."

L'uomo sentì quelle parole pesanti come un macigno.
Lo aveva aiutato più volte, ma ormai Pietro era coinvolto in una spirale da cui difficilmente poteva liberarsi. Aveva cercato di avvertirlo, di spingerlo a fuggire, ma lui aveva ignorato i suoi consigli, troppo legato al suo orgoglio e al suo passato.

Poi più tardi, quella sera, arrivò la notizia. Uno dei suoi uomini aveva ricevuto una soffiata: la famiglia Santi era in pericolo.
Si parlava di un attacco imminente: Alberto Fini non avrebbe avuto pietà.
Non era il tipo di informazione che Aldo avrebbe ignorato.
Doveva salvare quel che poteva prima che fosse troppo tardi.

Seguito dai suoi uomini, si precipitò fuori dalla villa, salendo in macchina con l'urgenza di chi sa che sta per arrivare troppo tardi.
La strada che percorreva era buia, avvolta dall'ombra della notte.
Lo sguardo fisso sull’asfalto nero come l’inquietudine che lo divorava.

Arrivato dimora del suo amico, una piccola casa di campagna che sorgeva isolata tra i filari di vite e ulivi,
la scena che gli si presentò fu più drammatica di quanto avesse mai potuto immaginare.
L'abitazione era in fiamme: esse divampavano alte, illuminate dalla luce della luna che sembrava fare da specchio a quel disastro.

Don Aldo fermò l'auto con un sobbalzo, il cuore che accelerava in modo inquietante.
Scese di scatto, per poi togliersi la giacca lanciandola in un angolo dell'abitacolo. Le fiamme avevano ormai divorato gran parte della casa, ma c'era ancora qualcosa che lo spinse a correre verso l'entrata, senza esitare.

Uno dei suoi uomini provò a fermarlo, ma lui non cedette.
La determinazione che aveva in quel momento era irrefrenabile.
"Non posso lasciare che accada tutto questo," disse con voce ferma.
Non era solo un gesto di lealtà verso un amico, ma qualcosa che andava oltre. Era un istinto che lo spingeva ad agire, a fare qualcosa che nessun altro avrebbe fatto.

Quando entrò nella casa in fiamme, il calore lo colpì alla stregua di una terribile ondata di fuoco.
Avanzò tra le macerie.
Le fiamme lo circondarono minacciose, ma lui proseguì imperterrito.

Quando varcò l'entrata del salotto, trovó Pietro e sua moglie riversi a terra, i loro corpi ormai privi divita.
Qualcuno gli aveva sparato alla fronte con un colpo ben preciso.
Guardò innoridito la scena, e mentre stava per tornare indietro un gemito soffocato lo fece voltare.

Era un pianto, debole e disperato.
Proveniva da una stanza sul retro, e l'uomo vi si recò tempestivamente trovando una piccola culla di legno.
Al suo interno, avvolto in una coperta, c'era un neonato. Non aveva più di pochi mesi. Il pianto era il suo, un grido disperato d'innocenza in un mondo che non aveva pietà.

Aldo si avvicinò al piccolo con delicatezza, ignorando il pericolo che li circondava. Lo sollevò tra le braccia, stringendolo al petto come se fosse da sempre stato suo.
Non c'era più tempo da perdere.

Il caldo infernale divenne sempre più insopportabile, ma l'uomo non si fermò. Corse fuori dalla casa stringendolo tra le braccia, il fumo gli bruciava i polmoni, mentre si chiedeva se sarebbe riuscito a portarlo fuori in tempo.

Arrivato all'esterno, cadde sull'erba con il fagotto ancora tra le braccia.
Respirò a pieni polmoni, lottando per riprendere il fiato.
Il suo corpo tremava dalla stanchezza, ma c'era una sensazione di sollievo nell'aver salvato quell'anima pura e innocente.

I suoi uomini si raccolsero attorno a lui, increduli. Nessuno di loro aveva mai visto il temuto Don Aldo Guerra in quello stato: vulnerabile, con il volto segnato dal fumo e i vestiti sporchi di cenere. Il suo respiro era affannato, ma negli occhi ardeva una determinazione feroce.

L'uomo guardò quel piccolo angelo, avvolto nella sua copertina di lana. Aveva smesso di piangere, come se sentisse in qualche modo la presenza protettiva del suo salvatore.

"Giuro che vendicherò la tua famiglia," mormorò, la voce bassa, gli occhi colmi di una promessa silenziosa.

Don Aldo era inconsapevole di quanto la sua vita stesse per cambiare.
Il dolore per la perdita di Pietro e sua moglie era straziante, ma in qualche modo sapeva che quel bambino sarebbe stato la sua redenzione.
Un legame che, seppur nato nella tragedia, avrebbe dato un nuovo significato alla sua esistenza.

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Presente...

Giulia era ancora scossa da ciò che aveva appena scoperto.
Era un certificato di adozione quello che stringeva tra dita.
Filippo Guerra non era biologicamente il figlio di Don Aldo.

Era stato adottato.

Un'ondata di emozioni la travolse, lasciandola senza fiato.
Per lui Filippo era sempre stato un Guerra, ne aveva sempre incarnato il nome, il peso, il destino.
E invece... la verità era un'altra.

Si chiese come mai Marcello nascondesse un documento così importante.
Era questo che aveva scoperto Eugenio?
Un brivido l'assalí.

Il passato di Filippo era da sempre avvolto nel mistero.
Non le aveva mai parlato apertamente della sua infanzia, e Don Aldo di certo non era il tipo da raccontare in giro storie nostalgiche.

Ma ora... tutto stava per assumere un senso.

Quel documento poteva spiegare tutti quei silenzi e quelle verità nascoste di cui Filippo si era reso protagonista negli ultimi tempi.
Era lui l'assassino di Eugenio?

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