Ufficio misteri -quarta parte-

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"CORRETE, PRESTO" Gridò Harry con il cuore in gola, mentre gli scaffali continuavano a crollare uno sopra l'altro, facendo precipitare centinaia di sfere di cristallo nel vuoto fino ad infrangersi al suolo. Urla, gemiti di dolore e imprecazioni risuonavano intorno a loro e la polvere appesantiva l'aria, facendoli tossire, mentre le schegge di vetro schizzavano ovunque impigliandosi negli abiti e nei capelli. Graffiando la pelle come piccole lame affilate e taglienti.

Paura, rabbia, angoscia, sensi di colpa, smarrimento e un fioco barlume di speranza in mezzo a tutto quel buio erano i sentimenti che infestavano le loro anime e i loro cuori in subbuglio in quell'incubo divenuto realtà. Una realtà agghiacciante, che gli faceva contorcere le budella e tremare le gambe come gelatina. Nemmeno tutto il loro coraggio da Grifondoro poteva impedirgli di provare quella paura viscerale che sembrava volesse divorarli fin nel profondo dell'anima.

Ma come se un burattinaio avesse deciso improvvisamente di muovere i fili al posto loro, trovarono la forza di rialzarsi, senza farselo ripetere due volte, per iniziare a correre verso l'uscita, cercando di schivare grossi pezzi di legno e di vetro che continuavano ad esplodere e ad infrangersi sopra le loro teste. Harry, in testa al gruppo, continuava a correre tenendo stretta a sé quella profezia che sembrava essere la causa scatenante di tutta quella messa in scena mentre al contempo, si girava di tanto in tanto per controllare che i mangiamorte non li stessero seguendo. Sapeva che erano lì, da qualche parte, che li stavano cercando. Di certo non sarebbero stati alcuni scaffali rotti a bloccarli, visto che volevano quella profezia ad ogni costo ed erano disposti pure ad uccidere ognuno di loro, pur di prenderla. Era a dir poco impossibile che li avessero già messi fuori gioco così facilmente, ma almeno avevano preso un po' di vantaggio e dovevano approfittarne per trovare la via d'uscita per fuggire da quell'inferno, impresa alquanto difficile.

"ECCO LA PORTA, MANCA POCO"Urlò a un tratto Hermione, indicando la porta nera in fondo al corridoio. Aveva i polmoni in fiamme e il desiderio folle di piangere e gridare. Il disastro che si stava abbattendo in quella stanza, sembrava il nulla se paragonato al tormento che imperversava nella sua anima e nel suo cuore lacerato e sanguinante, stretto in una morsa soffocante. Aveva quegli occhi magnetici incisi nella mente come se l'avessero marchiata a fuoco e non riusciva a toglierseli dalla testa, non ce la faceva proprio. Sapeva che sarebbe potuto succedere ma la cosa che l'aveva più distrutta, era che una piccolissima parte di sé stessa aveva sperato nel contrario, che il padre di Draco e i mangiamorte non sarebbero stati lì, ad aspettarli, pronti ad ucciderli. 

Ci aveva sperato, illudendosi, per non doversi trovare faccia a faccia con la verità così presto, perché non si sentiva ancora pronta.Lei e Draco erano divisi da due mondi completamente diversi, l'uno l'opposto dell'altro... Luce e tenebre e restare uniti, le sembrava più difficile che mai. Le sembravano così lontani i giorni in cui si era sentita felice, spensierata e innamorata eppure... Erano passate poche ore. Aveva sempre saputo che quella realtà esisteva ma un conto, era saperlo ma trovarsi al sicuro tra le mura di Hogwarts un altro conto invece, era trovarcisi faccia a faccia senza il minimo preavviso, a crudo.

Non era ancora finita, ma se fosse uscita viva da lì, cosa avrebbe detto a Draco? Come sarebbe riuscita a guardarlo negli occhi, in quelli stessi occhi che le avrebbero ricordato Lucius e il disprezzo inciso in ogni lineamento del suo viso, e spiegargli cos'era successo in quel maledetto ufficio? E lui, come avrebbe reagito? Draco non era Lucius, però Lucius restava pur sempre suo padre e purtroppo, doveva fare i conti con la famiglia alla quale apparteneva il suo ragazzo. Draco con lei era riuscito a far crollare i suoi pregiudizi, li aveva messi da parte ma con rammarico... Si rendeva conto che nel profondo del suo cuore c'erano ancora. Erano lì, assopiti, ma c'erano. In lui una piccola parte di oscurità c'era, non poteva non ammetterlo,non poteva essere così cieca e stupida da credere il contrario. Temeva la sua reazione, ma soprattutto temeva che lui l'avrebbe nuovamente odiata.

Il mio sangue è uguale al tuoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora