"Pronto Addi? Che cosa è successo?"
L'emozione dell'amica era facilmente palpabile attraverso il ricevitore del telefono.
"Jane, non ci crederai! Sono riuscita terminare il mio progetto!"
"Davvero? Sono molto felice per te! Come hai trovato la tanto agognata ispirazione?"
Nonostante Jane fosse la sua migliore amica, Addison non si sentì ancora pronta a rivelarle la verità, perciò si limitò a inventare la scusa più banale che in quel momento potesse venirle in mente.
"Sono andata in biblioteca."
Jane non nascose affatto la sua sorpresa.
"Non odiavi quel posto? Storcevi il naso ogni qualvolta capitava di passarci vicino."
"È vero, ma si può sempre cambiare idea, no?" ribatté Addison, cercando di riparare all'errore commesso e di apparire convincente nella sua risposta.
"Se lo dici tu. Senti, in questo momento sto andando dai miei genitori, quindi non credo che tornerò tanto presto. Semmai ci vediamo direttamente domattina."
"Tranquilla Jane, ci mancherebbe. Salutami i tuoi! E sta' attenta con la macchina!"
"Lo farò senz'altro. E stai tranquilla, ormai conosco fin troppo bene la strada. A domani!"
Dopo una ventina di minuti, Jane accostò la macchina vicino al marciapiede, costeggiò il grande giardino che circondava la casa dei suoi e suonò al campanello.
All'istante, un familiare rumore si propagò vicino la porta. Ovviamente, l'inconfondibile scalpiccio di sua madre Kelly che, ogni qualvolta indossava un nuovo paio di ciabatte, sembrava non riuscisse a evitare di strascicarle al suolo.
"Jane, che sorpresa! Pensavo non saresti venuta oggi... Accomodati, entra."
Le due si abbracciarono calorosamente.
"Ciao, mamma. Come state? C'è un altro posto a tavola per me?"
"Certo, sei sempre la benvenuta, che domande mi fai... Comunque stiamo benissimo e..."
"Jane, Jane! Sei tornata!" esclamò la voce di un bambino.
"Ciao birbante! Stai facendo il bravo, eh fratellino?"
Jane lo accarezzò affettuosamente sulla testa e il bambino, per tutta risposta, si accoccolò a sua sorella stringendola forte per i fianchi. I due erano molto legati. Chiunque avrebbe potuto constatare il loro forte rapporto.
"Sicuro Jane! Oggi ho cominciato il primo giorno delle medie."
"Vai così, Lucas! Vedrai quante cose imparerai! Dov'è papà?"
"Ho sentito qualcuno reclamare la mia presenza o sbaglio?" enunciò Jeremy, facendo il suo ingresso dallo studio. "Jane, ma che piacere... Ci mancavi."
"Anch'io ho sentito molto la vostra mancanza, davvero. In questi giorni sono stata molto occupata e purtroppo non sono potuta venire prima. Ma adesso sono qui, no?"
Dallo strano sguardo della ragazza, Jeremy comprese immediatamente che vi era una motivazione ulteriore per la quale sua figlia si era recata a casa loro con così poco preavviso. Eh no, suo padre non poteva affatto sbagliarsi: la conosceva fin troppo bene. A cagione di ciò, egli cercò di allontanare per un momento sua moglie e suo figlio dal salotto al fine di poter discutere con lei in privato della questione.
"Tesoro, ti dispiacerebbe andare a controllare dove si trova il mio cellulare? Credo di averlo lasciato in giardino."
"Certo amore, vado a vedere. Fate i bravi, voi due."
Senza tanti preamboli, il padre si avvicinò alla ragazza. Uno sguardo dolce ma in parte sospettoso portò la ragazza a dedurre che l'uomo si fosse già accorto che qualcosa non andava.
"Avanti Jane, sputa il rospo. Come mai sei venuta a farci visita?"
Sulla prima, Jane si mise sulla difensiva.
"Vi dò per caso fastidio? Non posso venire a trovare la mia famiglia? Se volete, posso togliere immediatamente il disturbo."
"Avanti Jane, non prendertela." disse lui, cercando di calmare il suo nervosismo. "Ho solamente la sensazione che tu sia venuta qui anche per un altro motivo, non soltanto per trascorrere del tempo con noi. Mi sbaglio?"
"Papà, vuoi la verità? Ho bisogno di un tuo abbraccio. Adesso."
Quella strana richiesta destò nell'uomo una certa preoccupazione, ma egli non se fece ripetere due volte.
"Ma certo Jane, come potrei negarti una cosa del genere... Vieni qui."
Per un momento, i due rimasero in silenzio. A Jane era terribilmente mancata la magnifica sensazione di sentirsi protetta tra le braccia di suo padre, benché fosse stato sempre molto presente nella sua vita.
"Allora figlia mia, qual è il problema?"
"Niente di così importante... È che..."
"Amore, il cellulare non c'è in giardino." decretò Kelly, rientrando dalla finestra del soggiorno. "Lo avrai lasciato in camera."
"Probabile. Vado a vedere."
Dall'occhiolino che il padre lanciò di sfuggita a Jane, quest'ultima intese che i due avrebbero parlato sul tardi, in un momento più tranquillo. Una volta riuniti a tavola come una vera e propria famiglia, i genitori cominciarono a interrogare Jane a proposito della sua vita accademica.
"Allora Jane, raccontaci. Come ti trovi all'università?"
"Molto bene. La Hollywood U è veramente bellissima. È... Un sogno che si avvera."
I genitori sorrisero compiaciuti.
"Siamo davvero felici per te, Jane. Ma dimmi un po'," intervenne la madre "cosa mi dici dei professori? Sono bravi?"
"Mmm... Diciamo di sì, sono indubbiamente molto preparati. Inoltre, mi sembrano quasi tutti disponibili."
"Quasi tutti?"
"Beh, il mio professore è uno di questi, sebbene il suo carattere non sia affatto dei migliori. A tratti, il professor Hunt mi sembra arrogante, orgoglioso, testardo, e..."
"Jane! Non starai esagerando?" l'ammonì Kelly. "È pur sempre il tuo professore e non credo ci sia bisogno che io ti dica quanto tu abbia il dovere di rispettarlo."
La ragazza terminò la frase, senza dare minimamente ascolto al rimprovero di sua madre.
"Fin troppo pretenzioso nei riguardi di se stesso."
D'altro canto, suo padre cercò di trattenersi dal ridere.
"Ma senti da che pulpito viene la predica! Ti ricordo, figlia mia, che noi tutti in questa famiglia ti conosciamo come una ragazza sempre alla costante ricerca della perfezione assoluta, e non venirci a dire il contrario."
"E va bene, va bene... Avete ragione voi, ma non per questo potete giudicare il mio professore senza conoscerlo." ribatté la ragazza con eccessiva serietà.
"D'accordo Jane, ma non credo che tu sia già riuscita a inquadrare la sua attitudine in meno di due settimane."
"Mi dispiace deludervi ma credo, contrariamente al vostro parere, di esserci quasi riuscita."
Questa volta, persino la mamma si lasciò sfuggire una risata spontanea, il che era un tutto dire. Soltanto Jane riusciva a farla ridere in quel modo. E gli occhi della figlia si illuminarono di una luce speciale, non appena vide negli occhi di sua madre quella spensieratezza che raramente aveva visto in lei, durante gli anni della sua adolescenza. La donna, infatti, non aveva avuto una vita facile. Purtroppo era rimasta orfana in tenera età, per cui alle volte faticava nel trasmettere ai propri figli quell'amore materno di cui lei stessa era stata purtroppo privata.
Ma Jane non aveva mai osato fargliene una colpa, anzi. Ammirava sua madre per il coraggio che aveva avuto nell'affrontare quella grave perdita, e l'ammirava ancora di più in quei rarissimi quanto speciali momenti in cui lei lasciava intravedere quel bellissimo sorriso. Quel bellissimo sorriso che aveva letteralmente folgorato suo padre, il giorno stesso in cui l'aveva conosciuta.
E a proposito di suo padre...
L'uomo aveva sempre ammirato il carattere della figlia, e anche in quella occasione sembrò dimostrarlo attraverso i suoi occhi 'sorridenti' e sinceri.
Con Jane c'era sempre da divertirsi, persino in quei forti momenti di discussione che, in verità, si rivelavano essere delle semplici - quanto stimolanti - conversazioni.
"Comunque, tornando al professore, non abbiate timore." riprese la giovane. "So benissimo di dovergli portare rispetto. Ciò non toglie, però, che anche lui debba rispettare le mie opinioni."
"Non lo ha fatto, forse?" domandò Jeremy.
"Diciamo che a livello di idee, credo proprio che io e lui navighiamo su fronti decisamente diversi. Ma non per questo non devo ascoltare i suoi consigli... So benissimo quanto questi possano essermi utili al fine di costruirmi una solida carriera."
La mamma non poteva che dirsi d'accordo.
"Brava Jane, così mi piaci. Non è da tutti avere l'opportunità di studiare nella tua università, ricordatelo."
"Lo so. E vi sono davvero grata perché, senza di voi, non sarei qui oggi. Un bel giorno, vi ripagherò di tutti i sacrifici che avete fatto per me. Promesso."
La conversazione seguitò piacevolmente, fino a quando Kelly non si mise a sparecchiare la tavola. Il padre colse quell'occasione per parlarle e uscì fuori in giardino.
Jane, intanto, continuava a osservare la luna nel cielo, del tutto rapita da quel silenzio che descriveva la notte. Un silenzio dai toni freddi e oscuri, eppure, in qualche modo, dai tratti confortanti e familiari.
Jeremy si sedette silenziosamente vicino a lei.
"A cosa pensi, figlia mia?"
Jane gli rispose, senza però staccare gli occhi di dosso a quel bellissimo cielo notturno che si ergeva in quel buio infinito ma delimitato agli occhi di chiunque si appresti a osservare una porzione di quel meraviglioso scenario, di quella sfera celeste ormai esistente sin dall'inizio dei tempi.
"Penso che la luna sia così bella, nonostante le sue deformità apparentemente invisibili e le sue increspature. E poi penso a lei... alla nonna. Tu ci pensi mai?"
Jeremy sorrise.
"Non passa giorno in cui io non pensi a lei, Jane. Tua nonna era una donna davvero straordinaria."
"Sai, oggi all'università ho visto alcune scene del film 'Pioggia di Meteore'. E ho ripensato proprio alla nonna e al giorno in cui lei..."
"Non dirlo, Jane. Nonna Mary è sempre qui con noi, ricordatelo. È con noi persino in questo momento. Non è presente fisicamente, è vero, ma finché lo sarà nei nostri cuori, ella continuerà a vivere e a risplendere di quella luce che, nei momenti di sconforto, ha sempre illuminato la nostra vita di speranza. Lei resterà con noi per sempre."
Jane lo guardò intensamente, con gli occhi intrisi dalla commozione.
"Hai ragione papà. Ricordi ancora quel film?"
"Certamente, come potrei dimenticarlo. Ricordo anche quanto ti piacesse guardare il cielo notturno, di tanto in tanto. Passavi ore ed ore ad ammirarlo, mentre io mi domandavo cosa ci trovassi di così emozionante da meritare la tua completa attenzione."
Jane rise.
"È vero. Tu e la mamma mi chiamavate sempre all'ora di cena con incresciosa insistenza e io tardavo sempre ad arrivare."
Il tono della ragazza si tinse, a poco a poco, di una leggera eppur percettibile malinconia.
"Sai, a volte mi mancano quei momenti. Sarebbe bello poterli rivivere. Non fraintendermi: amo il mio presente e quello che, giorno dopo giorno, sto costruendo. Ma a volte, una sottile quanto invadente paura s'impossessa inevitabilmente di me e della mia mente."
"Di cosa si tratta, esattamente?" domandò l'uomo, pronto ad ascoltarla.
"Ecco, spesso nutro l'inconscia paura di incontrare degli ostacoli insormontabili che potrebbero impedirmi la prosecuzione della mia futura carriera professionale. Lo so, magari potrà sembrarti una sciocchezza... ma è quello che sento."
L'uomo posò la mano sulla spalla della figlia, stringendola forte a sé. Quella ragazza aveva un costante bisogno di sentirsi protetta e, forse, speciale per qualcuno. Chissà, magari un bel giorno, 'quel qualcuno' avrebbe potuto darle molto di più di quanto finora le aveva offerto lui.
"Sta' tranquilla, Jane. Di qualunque ostacolo possa trattarsi, sono più che convinto che questo non sarà mai più forte della tua ragione e della tua ferrea volontà. Sei sempre stata una ragazza coraggiosa."
Jane e suo padre si guardarono momentaneamente negli occhi. Era bello poter vedere in lui quella sincerità che lei stessa aveva sempre cercato nello sguardo di qualcuno.
Ed era bello ritrovarsi finalmente a casa, dopo tanto tempo.
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Ricominciare - L'Alunna e Il Professore
Romantik[COMPLETA] Hollywood U è una delle università più prestigiose della California. Jane McMiller, ragazza ambiziosa dotata di grande talento, ha un sogno: diventare un'affermata regista. C'è solamente un ostacolo che s'interpone tra lei e il suo sogno...