Solitudine

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Trascorsa un'altra settimana di inferno, Thomas 'tornò come nuovo' e si avviò nuovamente all'università. Molti affari che aveva lasciato in sospeso necessitavano della sua completa attenzione, nonché del suo intervento come effettivo professore della Hollywood U. Nessuno notò in lui nulla di nuovo rispetto ai giorni precedenti, se non un eccessivo rigore nello sbrigare le pratiche di ruotine.

In effetti persino Jonas, suo fedele amico, si accorse che il suo zelo smisurato nelle questioni lavorative lo stava conducendo a chiudersi nel suo ufficio fino a tarda ora, senza che uscisse dalla sua 'tana' nemmeno per prendere un caffè o per concedersi una semplice chiacchierata. Sembrava davvero ossessionato dal lavoro e questo fu, a detta di molti, il preludio della creazione di una sua nuova trasposizione cinematografica.

Jane, dal canto suo, aveva ripreso i suoi studi con maggiore intensità. Non si era più recata al club di lettura con la vana speranza di dimenticare Thomas. In effetti, erano ormai trascorse quasi due settimane dall'ultima volta che si erano visti. No, la giovane non lo aveva incrociato nemmeno per i corridoi dell'università; sembrava proprio che Thomas fosse diventato invisibile. Ma Jane non poteva sapere che lui si trovava proprio nel suo ufficio e che andava via solamente verso le ore venti, quando sarebbe stato del tutto impossibile incontrarla.

E non sapeva nemmeno che anche lui aveva del tutto rinunciato a recarsi al club per non dare adito a quanto avevano vissuto insieme. Entrambi, però, continuarono a leggere il romanzo di Jane Austen in segreto, a fine giornata e prima di andare a dormire, quasi sognando di trovarsi l'uno accanto all'altra recitando ognuno il proprio ruolo. Paradossalmente, sembrava che la lettura di quel romanzo giovasse al loro spirito, permettendo ai due di godere di sonni tranquilli. In effetti, Hunt stava provando con tutte le sue forze a mantenere quella promessa che aveva fatto a Rachel. Al fine di riprendere in mano la sua vita, l'uomo aveva buttato via tutte quelle bottiglie di vino e di birra che teneva riposte in cucina e nella soffitta, con la viva speranza di riuscire a sopravvivere senza quel diversivo.

All'inizio, la cosa non fu affatto facile e, di tanto in tanto, l'uomo non riusciva a resistere e si recava nel bar sotto casa sua per farsi un bicchierino. Poi, però, ripensando a sua sorella, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa; dunque, questo lo indusse a smettere di bere da un giorno all'altro. In fondo, poteva sempre contare sui suoi sigari svizzeri. Una mattina, quando si trovò nel suo ufficio, non resistette all'impulso di accenderne uno. Hunt non aveva mai fumato sul posto di lavoro e per lui fu davvero strano guardarsi allo specchio con quel sigaro tra le mani, terribilmente stanco, con la barba incolta - che gli conferiva l'aspetto di un uomo ancora più maturo - e con uno sguardo che suggeriva il profondo vuoto che albergava nel suo cuore affranto. Ma nessuno, proprio nessuno, doveva accorgersi del suo stato reale d'animo: mostrarsi debole agli occhi degli altri non faceva per lui.

***

"Allora, sto aspettando una risposta!" lo incalzò Wilson. "Sono settimane che attendo con smania che tu mi dia delle buone notizie sul conto di Hunt."


"Cosa vuoi che ti dica?" ribatté Malcom, alzando le spalle. "La vita sentimentale di Hunt è più piatta di un'autostrada diritta. L'ho fatto seguire per un'intera settimana e non ho scoperto nulla di compromettente."

"Ma davvero? Allora cosa mi dici del suo diario?"

"Ho controllato, Hunt non ha scritto assolutamente nulla negli ultimi giorni, né tantomeno negli ultimi due mesi."

"Non può essere!" rispose Wilson, verde di rabbia. "Deve pur essere successo qualcosa! Mi rifiuto di credere che le nostre siano state delle congetture senza alcun fondamento."

"A quanto pare è così" sentenziò Stone, senza battere ciglio. "Forse ci siamo lasciati prendere dal momento e abbiamo dato solamente retta a delle dicerie. Sapevo che non avrei dovuto fidarmi di quella Beverly."

"Bah, io davvero non capisco. Che interesse avrebbe avuto per inventarsi la storia che Hunt frequentasse una ragazza di almeno dieci anni più giovane?" domandò Jack con ingenuità.
"Ma come, non ci arrivi? Non hai visto come lo guardava alla première? Sembrava fosse la sua fidanzata. Ma evidentemente, non lo era. A lui non interessava e la donna ha voluto vendicarsi di lui inventandosi questa storia."

"Balle" rispose Wilson, infervorato. "Sono tutte balle. Sono sicuro che quella donna ha detto la verità."

"Allora, se ha detto la verità, mi dici perché non abbiamo scoperto nulla di compromettente? Ho fatto pedinare Hunt, ho fatto pedinare quella Jane McMiller e non abbiamo cavato un ragno dal buco. Dunque, cosa mi rispondi?"

Wilson rimase in silenzio.

"Lo vedi?" rispose poi Stone, sostenendo le sue argomentazioni. "Non lo sai nemmeno tu. Pertanto lasciamo perdere. Lascia perdere con questa ossessione per Hunt. Lui ha vinto e noi abbiamo perso. Punto e basta."

A quella dichiarazione, Wilson spalancò gli occhi.

"Non dirlo nemmeno per scherzo. Io mi vendicherò di Hunt e finché morte non mi separi da questo proposito, farò di tutto per incastrarlo."

In quell'istante, una voce familiare fece capolino nell'ufficio di Stone.

"Incastrare chi?"

Wilson si voltò. Priya si trovava proprio dietro di lui. Cercando di mantenere la calma, il regista sorrise e corse ad abbracciarla.

"Amore mio, cosa ci fai qui? Ti avevo detto di aspettarmi in macchina."

"Non cambiare discorso" lo ammonì lei. "Di cosa stavate parlando tu e Stone? Chi dovete incastrare?"

"Nessuno" rispose lui, con estrema prontezza. "Devi aver sentito male... vedi, stavo dicendo a Stone che deve assolutamente prodigarsi a incastrare i miei impegni lavorativi in modo decente, se vogliamo trascorrere più tempo da soli."

"Confermo" intervenne Stone, cercando di stare al gioco. "E lo farò il prima possibile Jack, non preoccuparti."

"Beh, se si trattava soltanto di questo, potevi anche discuterne con me in privato" disse Priya, guardandolo con lieve sospetto.

"Scusami amore mio, hai ragione. Ma adesso andiamo. Ci stanno aspettando al ristorante."

La donna annuì e, con fare tranquillo, si avviò fuori dalla porta dell'ufficio con Wilson che, nel frattempo, recuperò la serenità. Non avrebbe mai più dovuto lasciare la porta aperta dell'ufficio, per nessuna ragione al mondo.

***

"Signorina Jane, mi rincresce molto doverle dire che lei non ha superato il primo parziale dell'esame di Estetica I. Dovrà ritentare l'esame completo verso la fine di Giugno o negli appelli che seguiranno."


"D'accordo professor Moore, farò come ha detto lei. Arrivederla."

La ragazza uscì dall'aula, completamente esausta. Aveva studiato giorno e notte per quell'esame e ora, come se non bastasse, avrebbe dovuto ripeterlo e riaffrontare lo studio da capo. Ma la verità è che Jane si stava preparando per l'esame di Hunt o, almeno, questo è quello che aveva fatto fino al momento in cui si erano visti. Nei giorni successivi alla loro separazione, la ragazza non aveva più aperto il libro di 'Cinematografia e Arti Visive', accompagnata dal fondato timore di rimembrare i momenti vissuti con Thomas.

Pertanto, ella aveva cercato di concentrarsi su altro, ma sembrava proprio che non le riuscisse nemmeno di preparare un parziale in modo tale da superarlo e garantirsi del carico di studio in meno in vista delle vacanze estive. Ma la verità era soltanto una. Per la prima volta dopo tanto tempo, la studentessa si sentiva sola, completamente sola e abbandonata al suo mondo. Un mondo che lei aveva scelto ma che, negli ultimi tempi, non arrecava più nel suo animo quell'entusiasmo e quella cieca passione cui sempre aveva fatto appello nei momenti di difficoltà.

Ricominciare - L'Alunna e Il ProfessoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora