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La mia vita è stata sempre caratterizzata dalla solitudine e dalla fatica.
(Fatica nel lottare nel proprio percorso, fatica nelle relazioni, fatica a scuola, fatica a trovare e tenere un lavoro, fatica a migliorare, fatica in famiglia, fatica emotiva, fatica ad accettarmi, fatica a superare problemi di salute, fatica a superare i pregiudizi della gente e a convivere con loro.)
Quando ero piccola le cose non andavano malissimo, avevo però una forte pressione da parte della mia famiglia, venivo controllata e iper protetta da tutti ed era una cosa dolorosa.
Poi, ho conosciuto qualche persona che mi ha permesso di uscire e avere una sorta di compagnia, ma non prima della seconda/terza liceo.
Avevo una "migliore amica", poi conobbi appunto una compagnia di ragazzi e ebbi un "migliore amico" ma avevo già sedici/diciassette anni, non ho vissuto gli anni della preadolescenza e della prima adolescenza.
Così, dalle false amicizie, ero passata a comportamenti un pò devianti e a svegliarmi da tutto il torpore della mia vita precedente.
Avevo conoscenze sbagliate, relazioni malate e tossiche, persone che cercavano solo di usarti.
La mia amica poi aveva tradito la mia fiducia ferendomi, ma d'altronde sapevo dentro di me che non era davvero mia amica, il mio amico era sparito nel nulla.
Da piccola, alle elementari, stavo da sola a giocare nei cespugli e mi isolavo nel mio mondo, oggi tutti pensano ai cazzi loro ed è un po' la stessa cosa anche adesso.
Sempre in adolescenza, in quel periodo di devianza, mio padre aveva fatto degli sbagli: mia mamma lo aveva lasciato e lui successivamente è stato con una donna albanese che aveva problemi psichici gravi, di psicosi.
Mio padre si stava già iniziando ad allontanare per stare con lei, abbandonando me e mio fratello Luca, l'unico vero amico e fratello che ho avuto. Luca è in simbiosi col mio modo di pensare, siamo cresciuti insieme e siamo davvero molto simili. Mio padre ha fatto delle cose brutte verso di noi tipo minacciarmi tutti i giorni che io non avrei avuto nulla, neanche il suo bene, se io non avessi firmato una lettera per andare contro a mia mamma. Faceva violenza psicologica, mi trattava come un animale, mi insultava ogni momento.
Avevo deciso così di andare a vivere con mia mamma e lui si era riavvicinato quando era riuscito a liberarsi della donna albanese, ero ancora minorenne quando succedeva.
Mio padre poi si era allontanato nuovamente, si era fatto la sua vita con una donna di Varese, avevo circa vent'anni quando si era messo con lei.
A vent'anni avevo trovato anche il mio primo lavoro, era in un un call center, come venditrice di riviste cristiane per telefono.
Quindi mio padre si era allontanato, nessun'amico c'era davvero perché tutti cercano di fotterti.
L'unica che c'era stata era mia madre, anche se certe cose non le può capire, certi dolori non li può comprendere. Certe dinamiche di me non sono da lei comprensibili e ha limiti grossi in questo, nell'affrontare il dolore di chi vuole bene. Se glielo spieghi lei cerca di evitare di affrontare la cosa e inizia a dire che è colpa sua, facendoti sentire a tua volta in colpa. Se le parli di cose che le fanno male che riguardano me o mio fratello, o che riguardano persone a lei care, lei ha un comportamento totalmente evitante e di negazione di quello che le dici.
Non è molto affettuosa, non lo è mai stata.
Però c'è, come persona su cui contare reciprocamente.
Avevo finito la scuola, mi ero diplomata, avevo trovato dei lavori che facevo fatica a tenermi ma ero riuscita a lavorare anche come assistenza clienti per una banca, ovvero CheBanca! Ho fatto vari lavori nei call center come venditrice o come supporto clienti e anche come customer support, avevo sempre circa ventuno/ventidue anni. Era un lavoro in cui dovevi aiutare le persone, sicuramente un lavoro complicato e non da tutti. Intorno a quell'età ero andata a vivere in affitto in una casa di proprietà di mio padre, nel paese dove viveva mia madre. Avevo trovato poi un altro lavoro, avevo casa mia ed era intorno ai ventitré anni.

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