FIRENZE, 1410

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POV. SELENE

I raggi del sole filtravano attraverso le foglie e illuminavano il verde prato primaverile dove Marco Bello, primogenito quindicenne dei mercanti fiorentini Ugo e Anna Salviati, stava disteso a sonnecchiare. La casa di famiglia era piccola ma i Salviati erano gente umile che preferiva passare il tempo a correre, ridere e scherzare nell'erba piuttosto che chiusi fra le mura domestiche. Le farfalle volteggiavano sul viso del bel giovane, chiaro di occhi e scuro di capelli, facendogli il solletico. Tutto era perfetto e quegli attimi della giornata erano quelli che Marco amava di più ma la magia del momento venne brutalmente interrotta da un grande frastuono all'interno della casa. Erano infatti arrivate le nuove merci e questo significava una sola cosa: Ugo e Anna presto sarebbero partiti di nuovo per andare a vendere i loro prodotti al grande mercato di Roma. Marco non aveva mai capito perchè i suoi genitori andassero sempre così lontano pur vivendo in una città grande e influente come Firenze che di certo non precludeva possibilità di guadagno ma si era limitato ad accettare la situazione e a prendersi cura in loro assenza, con l'aiuto della fedelissima balia Filomena, della sorella minore Selene, una dolcissima bambina di dieci anni. "Marco, rientra in casa. Devi aiutarci con i preparativi per la partenza!" A parlare con tono autorevole dalla porta di casa era stato Ugo e così, seppur a malincuore, Marco lasciò il suo posto nel giardino e, afferrando la spada di legno che aveva appoggiato a terra accanto a sè, corse in casa tagliando l'aria con pesanti fendenti. Il maggiore dei figli dei Salviati aveva sempre avuto una sfrenata passione per la guerra e per il combattimento ma i suoi genitori non erano mai riusciti a procurargli una vera spada per via dei guadagni che ottenevano che bastavano si a sostentare la famiglia ma soltanto se tutti prestavano la giusta attenzione nel non sperperarli inutilmente. "Fatti avanti vigliacco, vieni a combattere con Marco Bello se ne hai il coraggio!" gridò il giovane infilzando un nemico immaginario. "Marco smetti di giocare e aiuta Filomena con quei panni: hai quindici anni ormai e forse è giunto il momento di smettere di fantasticare e di dedicarsi un po' più alle cose serie!" Lo riprese bruscamente Ugo togliendogli la spada di mano. "Dai Ugo, lascialo stare. In fondo è pur sempre un ragazzo e ci aiuta moltissimo quando siamo impegnati con i nostri viaggi" ribattè Anna accarezzando dolcemente la testa del figlio. Madonna Salviati era una donna particolarmente bella, dai lineamenti dolci e raffinati e dai modi gentili. Aveva trasmesso tutte queste qualità alla figlia Selene che in quel momento fece capolino dalla porta. "Ma state andando via di nuovo..." sussurrò non riuscendo a completare la frase per le lacrime che le chiudevano la gola. Era sempre stata molto legata ai suoi genitori e i viaggi che essi dovevano compiere per lavoro l'avevano sempre fatta stare male. Le loro assenze l'avevano dunque portata a legarsi sempre di più a suo fratello per il quale nutriva, ricambiato, un affetto profondo e sincero. "Oh no tesoro...non piangere! Quando torneremo da Roma ti porteremo dei bellissimi regali!" Tentò di rassicurarla Madonna Anna accarezzandole il volto e asciugandole le lacrime. "Io non voglio nessun regalo...voglio solo che voi restiate qui con me!" Riuscì a rispondere la bambina. Il cuore di Anna si spezzava ogni volta e spesso Ugo le aveva proposto di restare a Firenze con i due figli: sarebbe stato capace di gestire da solo gli affari di famiglia. Ma Anna era figlia anche lei di mercanti e sapeva quanto fosse difficile vendere i propri prodotti in un mercato grande come quello romano: certo, se l'operazione riusciva il guadagno era di gran lunga maggiore rispetto a quello che avrebbero potuto ricavare a Firenze ed era per questo che i coniugi Salviati non commerciavano nella propria città ma le strategie di vendita erano difficili da attuare e la donna voleva aiutare il marito con la propria esperienza e con la propria scaltra intelligenza. Ugo si avvicinò a sua figlia e la prese teneramente fra le braccia "Non devi piangere Selene perchè noi torneremo prestissimo: molto prima di quanto tu possa anche solo sperare e staremo insieme per giorni interi dall'alba al tramonto senza che nessuno possa disturbarci, nemmeno il signore più potente di Firenze!" Le disse. Ma Selene ormai aveva imparato il copione e sapeva che i suoi genitori sarebbero stati via almeno due lunghi mesi. "Vi prego non andate...o portatemi con voi...si...si portatemi con voi! Sarò brava e ubbidiente e vi aiuterò a vendere i vestiti! E anche Marco verrà e sarà bravissimo! Per favore!" Supplicò i suoi genitori affondando il volto nei capelli di suo padre. Il silenzio invase la stanza. Gli occhi di Anna si inumidirono e, sebbene non volesse darlo a vedere, anche quelli di Ugo. Marco osservò la scena con un certo risentimento nei confronti dei suoi genitori: come potevano ogni volta far soffrire così la piccola Selene? Filomena si allontanò lasciando alla famiglia un po' di intimità ma fu inutile: dove avrebbero potuto trovare i due mercanti le parole giuste per consolare la disperazione che regnava nell'animo della figlia?

La luna era sorta e dal suo posto privilegiato nel cielo rischiarava dolcemente gli alberi e quello stesso prato dove nel pomeriggio Marco Bello aveva trascorso un po' del suo tempo. Anche ora il giovane Salviati si trovava lì, seduto su uno scalino di pietra a rigirare fra le  dita un lungo filo d'erba e a riflettere. Qualche ora prima aveva provato rabbia nei confronti dei genitori e ora stava tentando di capirli: era consapevole dell'affetto incommensurato che entrambi nutrivano per lui e per Selene e sapeva anche che i loro lunghi viaggi erano accompagnati da grande sofferenza nel dover lasciare i figli a Firenze (d'altronde come avrebbero potuto occuparsi di loro essendo impegnati tutto il giorno al mercato?) ma non riusciva lo stesso a capacitarsi delle loro motivazioni. "Sei arrabbiato con noi, non è vero?" La voce di suo padre, proveniente dalle sue spalle, lo fece sobbalzare. Ugo gli si avvicinò e gli si sedette accanto. "Non temere per questo. È un sentimento normale, tua madre ed io lo capiamo. Vorresti capire perchè ce ne andiamo sempre così, vorresti sapere dove troviamo la forza di resistere al dolore di tua sorella e allo stesso tempo vorresti trovare il modo di farci sapere che anche tu soffri come lei. Marco non posso spiegarti ora quasi nulla di tutto ciò e credimi questo mi fa più male di qualsiasi altra cosa: per un genitore non poter dare delle risposte a un figlio è un dolore e una sconfitta. Un giorno Marco diventerai grande. E capirai. (cit. "Quel treno per Yuma"). C'è una cosa però che posso assicurarti: l'affetto che nutriamo nei tuoi confronti è immenso come il mare, daremmo la vita per te ogni secondo così come lo faremmo per tua sorella. Vivi sempre con questa convinzione nel cuore Marco. Vivi sempre donando tutto l'amore che hai e insegnando ai tuoi figli a donare il proprio. E non arrenderti mai, dinanzi a nulla: insegui il tuo destino qualsiasi sia il prezzo da pagare e difendi la tua famiglia, difendila anche a costo di doverla lasciare per due mesi per poterle poi in seguito donare altri due mesi di gioia e felicità. Ama Marco e non farti rubare mai l'amore da nessuno". Quando Ugo posò il braccio attorno alle spalle del figlio quest'ultimo si strinse forte a lui, lasciando cadere ogni difesa.

Quando, un'ora dopo, Anna finì di raccontare la consueta storia serale a Selene quest'ultima non le fece le solite domande curiose e simpatiche che le faceva ogni volta. Aveva lo sguardo triste e perso a indagare il soffitto e Anna aveva il sospetto che non avesse ascoltato  neanche una parola di ciò che le aveva narrato. Ugo entrò nella stanza dopo aver bussato alla porta. Anna gli rivolse un sorriso triste e, prima di lasciarli soli, salutò la figlia con un bacio sulla fronte. "Allora, principessa...sei pronta a diventare per un po' la regina di casa?" Chiese il mercante a Selene sedendosi sul bordo del letto. "No. La regina è la mamma...e io voglio continuare a essere la principessa! Perchè, perchè andate via?" Disse la bambina, implorandolo di nuovo con i suoi profondi occhi verdi che spiccavano sul candido volto incorniciato da lunghi capelli castani. Ugo sospirò e guardò fuori dalla finestra. Poi scostò dolcemente le coperte dal letto e prese in braccio la figlia, avviandosi con lei a guardare il cielo e gli astri. "Guarda" le disse indicandole la luna "non te l'ho mai raccontato ma quella bellissima luce che brilla lassù sei tu". "Io?" Chiese Selene improvvisamente incuriosita, il volto illuminato da quella gioia che pervade i bambini quando si sentono importanti. "Si, proprio tu. Gli antichi Greci, una meravigliosa popolazione di cui un giorno ti narrerò le gesta, chiamavano la luna Selene. Selene era una dea importantissima, figlia di Iperione e Teia e sorella di Elio ed Aurora e loro la amavano da impazzire!" La piccola Salviati aveva dimenticato improvvisamente l'imminente partenza dei suoi genitori ed ora voleva solo ascoltare le parole di suo padre. "Oh papà ti prego raccontami la storia di Selene!" Lo implorò. Il mercante, felice di essere riuscito a distrarla almeno temporaneamente, non se lo fece ripetere due volte e narrò alla bambina, dopo averla  riportata a letto, la bellissima storia d'amore che vede protagonisti la dea greca e il suo amato Endimione, re dell'Elide. Quando finì di raccontare Selene dormiva, finalmente in pace e in tranquillità.

Erano passati tre mesi e mezzo dal giorno della partenza di Ugo e Anna per Roma. Filomena e Marco non ricevevano più loro notizie da un mese ormai e l'ansia aumentava ogni giorno di più. Inoltre l'estate stava ormai per finire e il freddo era sempre più vicino, pronto a tormentare chiunque non avesse abbastanza vestiti. Vestiti che, insieme al cibo, sarebbero mancati ai Salviati se Ugo e Anna non fossero tornati al più presto. Marco inoltre non sapeva più come giustificare a Selene l'assenza dei loro genitori, ormai troppo lunga e misteriosa per permettere loro di dormire sonni tranquilli. Era un freddo pomeriggio avanzato di inizio Settembre quando un uomo a cavallo entrò nel viale che conduceva nel giardino della piccola casa. "Siete voi Marco Salviati?" Chiese il misterioso cavaliere al giovane che come suo solito si destreggiava con la spada di legno nel tentativo di dimenticare per un po' le preoccupazioni che lo affliggevano in quei giorni. "Si" rispose il ragazzo. "Sono un messaggero da Roma. Vi prego di entrare in casa." Marco fece strada all'uomo in silenzio. Fuori pioveva  a dirotto quando le grida lacerarono l'aria e scossero la terra fin nelle sue radici.

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