"7 Marzo 1418" (seconda parte)

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POV: ANDRADA

Andrada si sentiva esausta ma per una volta felice, serena. Il parto di Selene era stato un vero e proprio inferno: ore e ore di travaglio e violente contrazioni combinate a un terrore inspiegabile che si era impossessato della ragazza avevano comportato una fatica ed una sofferenza ben superiori al normale. Ma in quel prezioso momento fuggevole il tempo si era come dilatato e lei potè vedere chiaramente sul volto pallido e provato della sua unica sorella che ne era di gran lunga valsa la pena. La neomamma era stata sistemata con la schiena appoggiata a una pila di cuscini e lei stessa le aveva conseganto con orgoglio il figlio. Aveva tenuto in braccio il piccolo nipote soltanto per pochi secondi ma quegli enormi occhioni dal colore indescrivibile l'avevano totalmente conquistata tanto che non riusciva a fare a meno di stare lì in piedi impalata, con le braccia e l'abito da giorno sporchi di sangue e liquido amniotico, a fissarli commossa. Fu solo con un enorme sforzo di volontà che riuscì a distogliere lo sguardo e ad avviarsi verso la porta della stanza: un uomo era lì fuori a fissare con ansia quella stessa porta in attesa che finalmente qualcuno si decidesse a comunicargli che suo figlio aveva aperto gli occhi sul mondo. E si rendeva perfettamente conto che quel qualcuno doveva essere lei. I due fratelli Medici erano lì, esattamente come li aveva immaginati: Lorenzo faceva avanti e indietro nervosamente per il breve tratto di corridoio che gli permetteva di non perdere per un secondo di vista quella porta con il volto perfino più pallido della moglie, quasi verdastro. Cosimo, al contrario, sedeva e gli parlava con un tono calmo e sereno come si potrebbe fare con un animale rimasto intrappolato che si cerca di aiutare. Vide anche Marco Bello che stava arrivando in quel momento con un po' di frutta presa dalla cucina, evidentemente per alleviare la fame sua e dei due compagni durante quell'attesa infinita. Fu lui il primo a vederla e la guardò con una scintilla di curiosità nello sguardo. "Mado... Andrada! E'...?" chiese quasi balbettando e attirando così su di lei l'attenzione dei Medici. Erano ormai passati mesi e mesi dalla prima volta in cui aveva chiesto al fratello di Selene di abbandonare qualunque titolo e chiamarla semplicemente con il suo nome e glielo aveva ripetuto molte altre volte da allora ma lui continuava ad avere quelle esitazioni. Tale pensiero, però, le occupò la mente soltanto per pochi istanti perché venne quasi immediatamente distratta da Lorenzo che si era bloccato nel mezzo del corridoio e che, dopo averla fissata a occhi spalancati e aver fatto scorrere lo sguardo sul sangue che la imbrattava, le venne addosso a peso morto. Il primo istinto fu di allungare le mani per sostenerlo ma il fratello era decisamente troppo pesante e per poco non crollò a terra a sua volta. Per fortuna sia Cosimo che Marco Bello scattarono all'unisono in loro aiuto e sorressero il giovane per poi farlo stendere delicatamente a terra. Era svenuto. Andrada non poteva crederci e ci mise parecchio tempo a riprendersi dallo spavento e a rivolgere un'occhiata più sconvolta che interrogativa a suo marito. "E' una sua fobia. Fin da bambino..." ammise lui in risposta dopo aver sospirato rumorosamente. "Non abbiamo mai capito il perché ma è completamente terrorizzato dai parti. E' più forte di lui. E questa volta stiamo parlando di Selene, di suo figlio, quindi è tutto più... come dire... intenso." Nel frattempo stava dando dei leggeri schiaffetti sul volto cereo del fratello e quest'ultimo cominciava a riprendere, non senza una certa fatica, conoscenza. "Ch... che cos'è?" riuscì a chiedere quando ebbe rimesso a fuoco il volto di Andrada. "Un maschio. Sano e robusto, avresti dovuto sentire che vagito! Un piccolo leone." sorrise la giovane. Lorenzo si alzò a sedere lentamente stringendo gli occhi, probabilmente nella speranza di farsi passare il capogiro. "Ha degli enormi occhi cangianti, più scuri di quelli di Selene anche se il colore non è ancora ben definito e ti somiglia. Davvero tanto." continuò mentre la voce le scemava sulle ultime parole: anche lei avrebbe potuto avere un bellissimo bambino in tutto uguale a suo padre ma il destino non aveva voluto. Ancora una volta Lorenzo la stupì stringendola in un caloroso abbraccio: uno di quelli che lei aveva sempre definito per scherzo da fratello-orso. Ma fu diverso dal solito: più intenso. "Grazie. Grazie di essere stata lì dove io non potevo essere. Non ho molta fede, o almeno non quanta avrebbero voluto i miei genitori, ma ogni volta che ti guardo penso che deve esserci un Dio da qualche parte perché tu sei un angelo, il mio angelo custode. E se esistono gli angeli come può non esistere Lui?" poi vedendo che lei cercava di interromperlo: "No, aspetta. Fammi finire. Hai reso ogni volta possibile la mia felicità e vegliato sulla persona che è la mia stessa anima e io ti sarò eternamente grato. Non possiedo nulla che valga il tuo prezioso aiuto, se non tutto l'affetto incondizionato che provo per te. So di non essere quasi mai serio e di non dirti spesso quanto ti voglio bene, ma è così e per una volta voglio dirtelo esplicitamente: tengo a te come se nelle nostre vene scorresse lo stesso sangue, e forse anche di più dal momento che nemmeno la mia stessa madre ha fatto tanto per me." concluse con la voce incrinata per l'emozione prima di stamparle un tenero bacio sulla fronte. Andrada aveva gli occhi lucidi e a stento tratteneva le lacrime: la vita le aveva tolto moltissimo, era vero, ma solo allora si rendeva conto che le aveva anche regalato tanto. "Ora vai. Sono nove mesi che tuo figlio aspetta di conoscere finalmente suo padre e tua moglie ha bisogno più che mai di averti accanto, il parto è stato davvero sfiancante e doloroso." Fu l'unica cosa che riuscì a dirgli usando il tono più imperioso e categorico che era in grado di emettere pur di non dare a vedere quanto le sue parole l'avessero commossa. Lo strinse più forte e poi lo lasciò andare: i suoi passi ancora un po' incerti ma baldanzosi le fecero sfuggire una risata sommessa mentre Cosimo scuoteva la testa divertito per la teatralità del fratello minore e le accarezzava i capelli con orgoglio.

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