"Grazie per non essere morto"

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POV: SELENE

Quando Cosimo, Lorenzo e Marco Bello, a notte ormai inoltrata e completamente sopraffatti dalla stanchezza e dalla fatica, erano tornati a Palazzo, Selene si era sentita immensamente sollevata nell'apprendere che Donatello stava bene. La notizia che il quartiere colpito dall'incendio era proprio quello in cui lei aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita l'aveva sconvolta e sapere che il suo amico artista si era salvato aveva contribuito a medicare, almeno un po', le profonde ferite che quella notizia aveva riaperto. Quella notte non riuscì a chiudere occhio, ma stette bene attenta a non provocare il minimo rumore: non voleva disturbare Lorenzo. Al chiarore della luna che filtrava attraverso l'ampia finestra, la ragazza osservò il volto profondamente addormentato di suo marito. Quell'uomo le aveva sconvolto la vita, l'aveva trasformata da una povera popolana senza futuro in una signora appartenente a una delle più facoltose famiglie della città. Eppure lei nel profondo del suo animo sarebbe stata sempre Selene Salviati e Selene Salviati non era mai esistita senza Donatello. Quando il piccolo Lorenzo si svegliò per mangiare lei lo prese in braccio e se lo strinse al seno e fu solo allora che si rese conto che quel giorno Donatello sarebbe potuto morire. E sarebbe morto portandosi nella tomba quelle parole glaciali che lei gli aveva rivolto quasi un anno prima, nel giorno del suo matrimonio: "Ora ho capito che razza di uomo sei. Non fare finta di volere la mia felicità da sempre, non fare finta di aver aspettato questo giorno da quando mi conosci. Io non ti voglio vedere mai più Donatello, mai più! Vattene da casa mia e non tornarci!" Si rese conto che, per la seconda volta nella sua vita, avrebbe potuto perdere una persona fondamentale senza aver avuto neanche la possibilità di dirgli addio.

Quando Selene varcò la soglia della Cattedrale di S. Maria del Fiore sentì un brivido correrle lungo la schiena. Centinaia di persone erano ammassate dentro l'edificio. Uomini, donne, anziani, bambini. Un forte odore di corpi sporchi e sudati le pizzicò le narici e il vociare disperato e sconvolto di tutta quella gente la assordì per un istante. Cosimo aveva sfruttato nuovamente la sua abilità diplomatica per aiutare i più poveri e, essendo il finanziatore della Cupola, aveva predisposto che tutti gli abitanti del quartiere colpito dall'incendio venissero ospitati all'interno dell'immensa Cattedrale fino a quando non fosse stata trovata un'alternativa. Il giovane Medici aveva reso nota la sua decisione in Repubblica solo a fatti compiuti e nessuno aveva osato contraddirlo per non dare l'idea ai governi delle altre città che la politica interna di Firenze non fosse solida. La ragazza non era riuscita a nascondere la sua preoccupazione, in quei mesi a Palazzo aveva compreso come funzionavano i meccanismi della politica e sapeva che suo fratello si stava procurando non pochi nemici, ma era felice che i suoi concittadini avessero almeno un tetto sulla testa, un pasto caldo, qualche coperta e dei guaritori a prendersi cura di loro. L'organizzazione all'interno della Cattedrale era molto efficiente: da un lato erano state sistemate tutte le famiglie, dall'altro coloro che erano rimasti lievemente ustionati dalle fiamme e in fondo, accanto all'altare, i feriti più gravi. Inoltre erano stati radunati tutti i ragazzi giovani e in forze e le donne capaci di preparare unguenti e ricucire piaghe per assistere i meno fortunati. Purtroppo c'erano già state delle vittime e il numero era drasticamente destinato a salire, ma Selene si ripromise che avrebbe fatto il possibile per aiutarli. Era mattina presto ed era uscita da Palazzo quando tutti ancora dormivano, senza farsi accompagnare dalle consuete guardie che ormai la seguivano dovunque, lasciando solo detto a Michela, che invece era già in piedi, di avvertire gli altri su dove si trovasse quando si fossero destati. Camminò lentamente nei pochi centimetri di spazio lasciati liberi per il passaggio, guardandosi attorno. Alcuni la chiamavano, altri la ignoravano, altri ancora la ringraziavano fra le lacrime per quello che i Medici avevano fatto per loro. Avrebbe voluto fermarsi per offrire ad ognuno un abbraccio o una parola di conforto, ma lo sconvolgimento emotivo glielo impediva. Quei volti così disperati li aveva visti ogni giorno per sette anni. Non si erano mai parlati, ma uno sguardo fra di loro era sempre stato più carico di significato di quanto non lo sarebbero state mille parole. Si immaginò bambina insieme a suo fratello Marco, stretta in uno spazio piccolissimo, circondata dalla morte e dal dolore e senza più nulla di quel poco che ancora avevano e dovette reprimere un conato di vomito. Non avrebbe mai permesso che quelle persone restassero lì più del necessario. Non sapeva come, ma sapeva che avrebbe combattuto con ogni mezzo possibile per sostenerli e aiutarli. I suoi pensieri vennero interrotti da una voce familiare che sopraggiunse alle sue spalle. "Selene!" Quando la giovane Medici si voltò le apparve dinanzi la sua amica Elsa, stanca e sconvolta. "Che ci fai qui?" Le chiese la flautista, non riuscendo a nascondere, nel vederla, un sorriso dettato dal suo proverbiale buonumore. Aveva delle pezze bagnate e sporche di sangue in mano e dietro di lei una ragazza che le somigliava moltissimo reggeva una grande bacinella colma d'acqua. "Io sto...sto cercando una persona..." balbettò Selene. "Tu...tu..." "Sono qui per dare una mano, lei è mia sorella Lisa. Non appena ho saputo il grande gesto di Cosimo sono accorsa, non potevo sopportare di restarmene con le mani in mano. Ho lasciato Filippo a casa con i bambini, anche se Emma scalpitava per venire con me: è troppo piccola, vedere così tanta disperazione non le avrebbe fatto bene." Rispose Elsa. La ragazza dietro di lei chinò la testa in segno di saluto davanti a Selene. "Madonna de' Medici." Mormorò. "Vi ringraziamo davvero molto per quello che avete fatto e state facendo per queste persone, se non fosse stato per vostro fratello non avrebbero neanche un posto in cui stare." Continuò poi guardandola con immensi gratitudine e rispetto. Selene annuì, incapace di parlare e strinse la mano alla sorella della sua amica. Dopo alcuni istanti di silenzio riuscì a formulare la domanda che voleva porre ad Elsa da quando l'aveva incontrata. "Hai...hai visto Donatello?". La moglie dell'architetto annuì e indicò la zona della Cattedrale di fronte all'altare. "Si, è lì. Sta dando una mano con i feriti più gravi, da quando sono qui non si è fermato un attimo." La giovane Medici si voltò nella direzione indicatale dall'amica e finalmente lo vide. Donatello si affaccendava portando aiuto in tutti i modi possibili, alzando barelle, tenendo fermi i feriti per permettere ai guaritori di medicarli, perfino tenendo aperte le piaghe laddove ce n'era bisogno. Selene si avvicinò a lui, cercando ma con scarsi risultati di tenersi ferma sulle gambe tremanti. "Donatello..." lo chiamò con un filo di voce quando se lo trovò a pochi passi. L'artista si voltò lentamente e quando la vide i suoi occhi si riempirono di lacrime. Sulla sua pelle, nonostante stesse bene, erano visibili delle bruciature. Grondava sangue dalle mani. La ragazza afferrò una pezza bagnata da un mucchio che si trovava lì accanto, su una bacinella, e gliele pulì con delicatezza. Poi si gettò fra le sue braccia e lo strinse forte. "Grazie per non essere morto" gli sussurrò, lasciandosi cullare da quel lungo abbraccio.

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