La carrozza dondolava piano assecondando i lenti e prudenti passi dei due cavalli che la trainavano. Fuori dalle piccole finestre del veicolo dominava il gelo e il bianco della neve ancora non completamente sciolta ma dentro le pellicce e le borse d'acqua calda sistemate dal cocchiere prima della partenza rendevano l'ambiente accogliente e soporifero e per una volta tanto viaggiare all'interno di quelle quattro pareti di legno decorato non diede ad Andrada il mal di mare. Tutta la sua attenzione era, infatti, concentrata sul minuscolo fagotto avvolto in cotone e morbida lana che stringeva tra le braccia: del suo bambino affiorava tra la stoffa soltanto il visino e qualche ricciolo ribelle. Dormiva sereno e lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso: contemplava la pelle chiara, le gote rosee, la piccola bocca rossa, le lunghe ciglia bionde. Quando l'aveva stretto al petto per la prima volta non aveva potuto fare a meno di pensare che fosse in tutto e per tutto identico a suo nonno e le era sfuggita qualche lacrima anche al pensiero che Luca de' Albizzi non avrebbe mai visto il nipote, non avrebbe mai potuto scherzare sul fatto che l'erede dei Medici aveva l'aspetto dei membri di una famiglia da sempre opposta alla loro, non avrebbe mai potuto darle consigli su come essere un buon genitore. Guardandolo meglio, al di là di quei particolari colori, però, si era resa conto che aveva ereditato molto anche da Cosimo e, nei tre giorni precedenti che, per ordine dei frati guaritori, avevano trascorso chiusi nella piccola chiesa nell'attesa che le condizioni del neonato fossero abbastanza stabili da permettergli di affrontare il breve viaggio che lo avrebbe portato a casa, si era divertita a scovare tali somiglianze. Da Cosimo aveva sicuramente ereditato il mento, le mascelle leggermente sporgenti e le sopracciglia dritte ma ciò che colpiva di più era l'identica espressività e indole. Per quanto fosse ancora presto, vederlo assumere nel sonno le stesse posizioni del padre o fare una stessa smorfia divertiva molto i genitori. A Selene era dispiaciuto doverla lasciare lì ma di certo non poteva trascurare il piccolo Lorenzo così, dopo che anche suo marito aveva visto il nascituro assumendo un'espressione a metà tra il commosso e il divertito e i frati avevano dichiarato madre e figlio fuori pericolo per il momento, i tre erano tornati a Villa Colchide con la promessa di far loro visita il giorno seguente. Cosimo, invece, non aveva voluto sentire ragioni e dopo aver mandato precisi ordini sulle cose che i servi avrebbero dovuto portare per rendere la permanenza il più confortevole possibile aveva posizionato un braciere accanto al luogo in cui sua moglie e suo figlio dormivano, si era avvicinato una sedia ed era rimasto a vegliarli. Al suo risveglio Andrada lo aveva trovato ancora lì. I due giorni seguenti li aveva passati nel letto che la servitù aveva portato e montato dopo aver spostato tutte le panche. Le sue uniche attività erano state mangiare ciò che le veniva portato, riposare e allattare suo figlio nell'attesa di trovare una nutrice che svolgesse quella mansione. Era infatti tradizione nelle grandi casate che le matrone nutrissero personalmente i loro figli soltanto per i primissimi giorni in modo che assumessero quella parte di latte che veniva considerata più nutriente e indispensabile per la crescita ma che già dalla seconda settimana di vita dei bambini venisse assunta una donna che avesse a sua volta partorito da poco. Condividere il latte con un altro bambino creava spesso un forte legame, così ad esempio l'uomo in cui suo zio riponeva maggiormente la propria fiducia e cui aveva affidato incarichi fondamentali per la sua famiglia era il figlio naturale della sua nutrice ormai deceduta da tempo. Lei stessa era stata allattata dalla madre di Federico che, dopo la rovinosa bancarotta che aveva colpito la Banca de' Bardi, aveva chiesto a Luca de' Albizzi di poter assumere quel ruolo sia per omaggio al ricordo della sua cara amica defunta sia per necessità. Aveva provato a spiegare quali fossero le ragioni che si nascondevano dietro quella tradizione anche a Selene quando aveva avuto Lorenzo, ma sua sorella, provenendo da un'altra classe sociale, aveva radicati in sé ideali differenti e le aveva confidato che se avesse affidato suo figlio alle cure di una nutrice le sarebbe sembrato di trascurarlo quindi Andrada non ne aveva più parlato e aveva accettato il fatto che nonostante la loro profonda amicizia fosse normale avere in alcuni casi una differente visione. Notando la nuova sistemazione della sua amata chiesa al prete per poco non era venuto un colpo e durante tutto il tempo che avevano trascorso lì non si era più fatto vedere, decisione che i due coniugi e gli stessi frati guaritori avevano accolto con sollievo. In quei giorni anche l'anziana signora il cui aiuto si era dimostrato tanto prezioso era tornata a trovarla e sia lei che Cosimo l'avevano ringraziata di cuore e si erano dichiarati pronti a ricompensarla nel modo che avesse preferito. Il suo nome era Maria e viveva proprio nel piccolo villaggio in cui si trovava anche quella chiesa insieme alla figlia ormai quasi trentenne e rimasta vedova da poco. Provarono in tutti i modi a convincerla ad accettare del denaro o qualche terra ma lei rifiutò sempre dicendo che il Signore insegnava ad aiutare il prossimo senza aspettarsi nulla in cambio e che vedere quella creatura diventare ad ogni ora più forte e sana era la più grande delle ricompense. Cosimo, tuttavia, non volle arrendersi e mandò Marco Bello in paese a indagare sulla donna per cercare qualcosa di cui potesse avere bisogno e così scoprì che la figlia che viveva con lei, Lucia, due mesi prima aveva avuto una bambina. Non appena lo vennero a sapere decisero che nessuna donna sarebbe stata una nutrice migliore per il piccolo e la mandarono a chiamare. Quando Andrada glielo chiese la donna scoppiò in lacrime e accettò con gioia e gratitudine, come tutti in paese sapeva, infatti, ciò che era accaduto alla giovane nobildonna e la ammirava quindi considerava un grande onore poterla servire. La carrozza prese una piccola buca riportandola con i piedi per terra e il piccolo si agitò tra le sue braccia ma per fortuna non si svegliò. "In questi giorni ho molto pensato al nome..." Esordì suo marito sussurrando per non disturbarlo. "So che mia madre e mio padre non sono stati genitori esemplari ma vorrei esaudire quello che è stato uno dei loro più grandi desideri e chiamarlo Giovanni... Aspetta, fammi finire, ti prego. Immagino che anche a te farebbe piacere dargli il nome di tuo padre ma le due cose non si escludono per forza a vicenda. Possiamo dargli due nomi come hanno fatto Lorenzo e Selene." La giovane donna non si era mai resa conto che per lui era tanto importante e si affrettò a rassicurarlo. "Credimi, non è necessario. Mio padre scherzava sempre sul fatto che nelle famiglie nobili tutti hanno lo stesso nome e proprio per questo lui e mia madre me ne diedero uno tanto insolito. Non è mai stato tra i suoi desideri. Lo chiameremo Giovanni. Nonostante il poco tempo che ho avuto a disposizione per conoscere tuo padre anche io ho sviluppato dell'affetto nei suoi confronti e sono fiera di dare a mio figlio il nome di un uomo come lui." Il sorriso che si fece strada sul volto di Cosimo le scaldò il cuore.
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I Medici
FanfictionSelene Salviati e Andrada de' Albizzi non potrebbero essere più diverse: popolana l'una, nobile l'altra; fragile e ingenua l'una, forte e coraggiosa l'altra. Eppure le loro vite saranno destinate a incrociarsi quando entrambe entreranno in contatto...