"Ravenna"

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Era da poco passata la mezzanotte quando Andrada e i suoi accompagnatori giunsero finalmente di fronte alla sontuosa dimora dei Da Polenta, infatti sarebbero stati ospiti proprio del Signore di Ravenna. Suo zio mandò avanti una della delle guardie per annuncire il loro arrivo quindi scese da cavallo per sgranchirsi le gambe e la ragazza lo immitò. Si sentiva tutta intrizzita e stanca come non mai: in tutte quelle ore di viaggio si erano fermati sono una volta per far riposare i cavalli e per cenare in una locanda. Era però una stanchezza mista a euforia e sapeva che avrebbe dormito ben poco quella notte. -Albizzi, vecchio mio, mi dispiace di averti fatto aspettare. Siate i benvenuti nella mia umile dimora.- gridò qualcuno venendo loro incontro: era un uomo esuberante sui quarant'anni piuttosto pingue e stempiato, ma nell'insieme sembrava un tipo allegro. -Obizzo Da Polenta, gli anni non sono stati idulgenti con voi!- disse suo zio e abbracciando l'amico. -Ho messo su una bella pancia, vero? Ma sai che ti dico alle donne piaccio ancora di più!- esclamò il Signore di Ravenna ridendo di gusto e facendo così rimbalzare il vistoso secondo mento. -Tu invece non sei cambiato per niente: sempre il solito musone noioso!- continuò dandogli una pacca sulla spalla. Suo zio non sembrò gradire particolarmente il commento perché cambiò argomento. -Lasciate che vi presenti mia nipote, Andrada de' Albizzi.- disse indicandola. Lei si limitò a fare un grazioso inchino, come le avevano sempre insegnato le sue istitutrici, e a sussurrare un "vostra eccellenza" appena accennato. -Ma certo! La figlia di Luca e Arianna, che visione! Vostra madre era una bellezza, lo ricordo bene, e voi le somigliate abbastanza da non sembrare affatto una Albizzi. Non che questo tolga qualcosa alla vostra avvenenza. Niente affatto! Devo anzi ammettere che siete perfino più bella di lei. Ah avessi vent'anni in meno!- esclamò Da Polenta guardandola attentamente; poi rivolto ai suoi servi: -Accompagnate i miei ospiti nelle loro stanze affinché possano darsi una rinfrescata per poi venire nella Sala degli Specchi dove è in corso un piccolo banchetto di benvenuto-. Andrada, dopo essersi fatta un lungo bagno rigenerante, mandò a dire che si sentiva poco bene e che aveva bisogno di riposo per sfuggire almeno per quella notte alla curiosità del Signore di Ravenna e della sua corte. Quindi apri le finstre della stanza principesca che le era stata offerta per godersi la frizzante aria di quella notte di primavera e poter ammirare le stelle. Erano le stesse che si vedevano da Firenze come da ogni altra parte del mondo e pensò che forse, ma solo forse, anche Cosimo de' Medici dal suo Palazzo in via Larga stesse guardando quelle medesime stelle. Ma poi, come un fulmine a ciel sereno, le attraverò la mente il volto di quella servetta da due soldi e pensò che lui probabilmente stesse facendo qualcosa di meno poetico. Quindi, presa dalla nausea, chiuse con violenza la finestra e si mise a letto cercando di convincere sè stessa che non era affatto gelosa.

Il giorno seguente il suo umore era molto migliorato e, dopo aver indossato uno svolazzante abito celeste, scese a far colazione con un un sincero sorriso a fior di labbra: si trovava davvero a Ravenna, una città magnifica che era stata l'ultima capitale dell'Impero Romano e non vedeva l'ora di esplorarla. Sapeva che da quando suo zio il giorno prima le aveva dato la notizia della partenza era stata incredibilmente lunatica, ma ora era davvero decisa a godersi il presente e l'opportunità che le era stata data. Così parlò e rise con tutti nobili della corte e mangiò di gusto i piatti tipici della città Romagnola: per una volta sentiva di poter essere davvero giovane e spensierata.

I giorni passavano in fretta tra divertimenti e meravigliose gite in compagnia di suo zio o del figlio del Signore di Ravenna: Ostasio, che aveva solo un paio di anni in più di lei e si offriva sempre di accompagnarla quando suo zio era impegnato con gli affari. Era palese che provasse una particolare ammirazione per lei ma Andrada non si sentiva minimamente lusingata dalle attenzioni di quel ragazzo non particolarmente interessate o avvenente. Era un ragazzo alto con i capelli di un biondo talmente chiaro da sembrare bianco e gli occhi azzurri slavati, niente a che vedere con l'azzurro elettrico e intenso degli occhi che tormentavano il suo cuore. In compenso conosceva Ravenna come le proprie tasche e non parlava troppo quindi lei tollerava di buon grado la sua compagnia. Aveva visitato la Basilica di San Vitale, i Mausolei di Galla Placidia e di Teodorico e la Basilica di Sant'Apollinare in Classe ed era rimasta incantata da quelle architetture. Si era portata carta e carboncino e aveva riprodotto su carta tutto, cercando di carpire i segreti che si celavano dietro le prospettive classiche dei due mausolei e di penetrare lo stato di disorientamento e astrazione che ispirava San Vitale, per portare con se quando sarebbe tornata a Firenze ciò che aveva imparato, come del resto aveva fatto quando qualche anno prima era stata a Roma. Ormai erano passati quattro giorni dal loro arrivo e all'alba del giorno seguente avrebbero preso la via del ritorno. Andrada era particolarmente malinconica quella sera durante il banchetto che il padrone di casa aveva organizzato per accomiatarsi dai suoi ospiti. Per il Signore di Ravenna ogni scusa era buona per banchettare e sarebbe la sua assenza sarebbe risultata come un'offesa, quindi anche se non era affatto in vena di festeggiare doveva sorbiri ore di musica e chiacchiere allegre fingendo di apprezzare. -Rinaldo, perché non restate una settimana ancora? Non sono stato forse un buon anfitrione?- chiese Obizzo ostentando una smorfia degna di un bambino capriccioso più che di un uomo della sua età e del suo rango. -Come vi ho già detto ho affari urgenti che mi attendono a Firenze e, benchè a malincuore, non posso rimandare nemmeno di un giorno la partenza. Io e mia nipote vi siamo immensamente grati della vostra ospitalità più che calorosa ma non possiamo attendere indugi. Voi e vostro figlio siete comunque i benvenuti a Palazzo de' Albizzi.- rispose suo zio che sapeva sempre come prenderlo quando si comportava così. -A proposito di questo, mio caro amico, è da quando siete arrivati che sto maturando una splendida idea. Sia mio figlio che vostra nipote sono in età da matrimonio e avete senza dubbio notato come me l'interesse di Ostasio. E non posso certo biasimarlo, perché anche un cieco rimarrebbe abbagliato da tanta bellezza! Quindi mi sono detto perché non imparentarci una buona volta?-. In un primo momento Andrada pensò che stesse scherzando, avendo avuto in quei giorni la possibilità di conoscere il carattere scherzoso di Obizzo Da Polenta, ma poi si rese conto che era serio e anche che era sicuro di ricevere una risposta affermativa. -Sono davvero sorpreso e grato per la vostra proposta, sarebbe un onore per me e la mia famiglia. Purtroppo però Andrada è già promessa ad un altro, è già stato firmato un contratto matrimoniale, e tra poco più di una settimana verrà celebrato il matrimo...- Rinaldo non riuscì a finire la frase perchè il figlio del Signore di Ravenna scattò in piedi e sbattè con violenza il pugno sul tavolo. -Chi? Ditemi vi prego chi è l'uomo che la farà sua? L'erede di un qualche re straniero, forse? Il figlio dell'Imperatore? Sappiate che la mia Signoria non ha nulla da invidiare ai regni stranieri, né per ricchezza né per potenza.- gridò guardandolo dritto negli occhi. Andrada non lo riteneva capace di un tale furore e rimase a guardarlo incredula, possibile che ora che era stata promessa al suo peggior nemico tutti dovessero innamorarsi di lei? -Cosimo di Giovanni de' Medici è il suo nome, e non è questione di ricchezza o prestigio semplicemente non posso ritirare la parola data perché perderei qualsiasi credibilità. Se fosse una questione di preferenze la darei volentieri in moglie a te.- rispose suo zio nel tentativo di calmare il giovane. Andrada non voleva sentire altro, era stufa che parlassero di lei come se non fosse presente o fosse troppo stupida per capire ed era ancora più stufa di essere trattata come una merce di scambio, quindi si alzò e, senza congedarsi, se ne andò nelle sue stanze sbattendo la porta della Sala con furia. La corte avrebbe avuto di che spettegolare per settimane, ma non poteva importarle di meno.

ANGOLO AUTRICI
Nel capitolo precedente potete ammirare Marco (Bello di nome e di fatto) mentre qui sopra abbiamo Ostasio. Sembra un personaggio di scarso interesse al momento, ma, se possiamo darvi un consiglio, tenetelo d'occhio! ;-)

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