"Era di notte che l'accampamento viveva davvero"

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POV: COSIMO

A Cosimo sembrava di non dormire più da una vita. L'accampamento fiorentino era sorto soltanto cinque giorni prima ma si sentiva gravare sulle spalle un peso paragonabile all'intera volta celeste del mito di Atlante. Gli attendenti lo avevano allestito dal nulla in poche ore e quando lui e suo fratello vi erano giunti poco prima di mezzogiorno ormai era già tutto pronto e in lontananza aguzzando la vista si poteva scorgere anche il fumo dei fuochi da campo dell'esercito nemico. Di giorno il neonato consiglio di guerra si occupava della diplomazia, i soldati si allenavano e attendenti e servi si vedevano correre da una parte all'altra perennemente affaccendati. Ma era di notte che l'accampamento viveva davvero: la notte i membri dell'esercito di ventura assoldato dalla città di Firenze indipendentemente dal grado o dall'età toglievano la maschera della rigida disciplina loro solitamente imposta e vivevano come gli altri uomini non avrebbero potuto nemmeno immaginare. La consapevolezza che quella avrebbe potuto essere la loro ultima notte su questa terra gli faceva, infatti, godere al massimo ogni istante con travolgente intensità. La notte, poi, il consiglio di guerra raggiungeva l'apogeo della sua attività e ogni volta i suoi membri riuscivano con fatica a ritagliarsi quelle due-tre ore di sonno indispensabili per non crollare del tutto. Era quello il momento migliore, nel caos della vitalità generale, per discutere senza il timore che le conversazioni venissero ascoltate, ideare strategie, incontrare spie e cercare di persuadere signori di città vicine, o loro ambasciatori, a stringere alleanze segrete. Nella sua breve vita Cosimo de' Medici non aveva mai visto una guerra figuriamoci combatterne una, ma era assolutamente deciso a vincere questa ad ogni costo. Andrada aveva provato in tutti i modi a convincerli, e convincere se stessa in primis, di quanto fosse assurda l'eventualità che Ostasio avesse fomentato la guerra come pretesto per vendicarsi dei Medici e degli Albizzi per quello che doveva aver considerato come un grande oltraggio arrecato alla sua persona e alla sua nobile famiglia, ma lui era più che certo che quello fosse proprio uno dei motivi che lo avevano spinto ad agire in quel modo. Uno dei motivi perché temeva che ve ne fosse un altro, ben peggiore dal suo punto di vista. Aveva incontrato soltanto due volte Ostasio Da Polenta ma aveva avuto la possibilità di notare la profonda follia che lo animava e se alla follia si fosse, come Cosimo temeva, aggiunto l'amore, o per lo meno la cosa più vicina all'amore un uomo del genere fosse in grado di provare, il risultato non avrebbe potuto che essere catastrofico. La seconda volta in cui lo aveva incontrato era stato proprio al suo matrimonio e non aveva potuto fare a meno di notare con immenso fastidio il modo in cui fissava Andrada con un misto di lussuria e desiderio violento. Avrebbe voluto andare lì e strappargli gli occhi per impedire che quello sguardo da rettile sfiorasse ancora la figura di sua moglie ma stava percorrendo l'altare di una chiesa sotto gli occhi di tutta Firenze e dei principali esponenti della nobiltà italiana e straniera e non gli era sembrato affatto il caso quindi si era limitato a lanciargli uno sguardo eloquente: in fondo Andrada aveva scelto lui. Ora però avrebbe rimediato. Aveva promesso a sua moglie di tenersi lontano dalla battaglia ed era una promessa piuttosto facile da mantenere perché era certo che nemmeno Ostasio avrebbe combattuto sul campo e aveva chiesto a Rinaldo, con grandissimo divertimento di quest'ultimo, di fargli da insegnante di scherma visto che le sue doti di condottiero erano molto celebrate a Firenze come in tutta la Toscana. Una piccola ma polemica parte di lui aveva sperato che tale fama fosse ingiustificata ma con una leggera delusione aveva dovuto ammettere almeno con se stesso che, benché Albizzi fosse eccessivamente severo come insegnante e si divertisse a volte a metterlo in ridicolo e a ostentare le sue capacità, era veramente bravo. Anche quella mattina si erano visti all'alba e si erano allenati per alcune ore e, anche se Albizzi non glielo aveva mai detto esplicitamente né lo avrebbe probabilmente mai fatto, Cosimo sapeva che stava migliorando rapidamente. A volte Lorenzo assisteva alle loro lezioni e si divertiva un mondo a vederlo faticare e prenderle di santa ragione, divertimento che aumentava ulteriormente quando era costretto ad aiutarlo a curare le numerose ferite e i lividi che la spada spuntata usata da Rinaldo, per non rischiare di ucciderlo senza gloria a sua detta, gli lasciava. Stava proprio tornando sudato e zoppicante dagli allenamenti quando, entrando nella tenda di Lorenzo desideroso di lavarsi, dato che si trovava molto più vicina al campo dove si era allenato rispetto alla sua, vide suo fratello seduto in un angolo intento a guardare con malinconia uno scialle nero dall'aria vissuta. Era talmente assorto nei suoi pensieri che si accorse di lui solo quando gli era ormai di fronte. -Cos'è quel muso lungo, fratellino? Dovrei essere io quello malinconico: oggi Albizzi è stato più severo del solito e sai meglio di me che è tutto dire.- disse slacciando la cintura con la spada e togliendosi gli stivali e la casacca sudata e impolverata per poi avvicinarsi a una bacinella d'acqua e lavarsi con cura le braccia e il petto. -Va bene. Tu che non rispondi ad una mia provocazione? Devi star veramente male. Fammi indovinare: è per Selene? Sei in pensiero per lei, vero?- continuò voltandosi verso di lui mentre si asciugava e guardandolo con serietà. -Ma come hai fatto a capirlo? Certo che sei davvero un veggente! Chi potrebbe mancarmi se non lei? La nostra cara, dolce mammina?- vociò suo fratello alzando gli occhi al cielo. -Mamma mia che acidità...- borbottò Cosimo tra sé e sé cercando una casacca pulita nel baule quando un ragazzino entrò trafelato nella tenda per avvisarli che era stato indetto con urgenza un concilio straordinario per i membri del consiglio di guerra. -Andiamo.- fu l'unica parola che Lorenzo pronunciò con rassegnazione prima di riporre lo scialle con cura e uscire rapidamente dalla tenda seguito a pochi passi dal fratello ancora impegnato a legare i lacci dalla casacca. Pochi minuti dopo la lunga tavolata di legno della tenda del comando era già piena e tutti guardavano con interesse un soldato con lo stemma di Lucca cucito sulla casacca sui trentacinque anni e disarmato che stava in piedi in fondo alla tenda guardato a vista da due guardie. Un disertore dell'esercito nemico che aveva preziose informazioni ed era disposto a venderle loro per una misera manciata di fiorini. -Va bene, direi che ora che anche i nostri due amati fratellini del cuore sono finalmente qui siamo al completo. Qual è il tuo nome e il tuo grado soldato?- prese la parola Albizzi con fare altezzoso e sprezzante dopo aver lanciato un'occhiataccia a Cosimo e Lorenzo. -Michelangelo Fermo, signore. Fante della quarta linea.- rispose questo prontamente dopo essersi messo sull'attenti. -E quali informazioni hai per noi? A Firenze non amiamo molto i disertori in generale, dovresti sapere quello che facciamo solitamente ai vigliacchi come te.- continuò con fermezza il nobile guardandolo come fosse feccia che intralciava il suo cammino e Cosimo quasi provò compassione per quel povero malcapitato. -Lo so bene, signore. Ma io sono di madre fiorentina e ritengo sbagliate le motivazioni che hanno spinto la mia città a ribellarsi alla sua naturale padrona. E' tutta colpa di quel folle, il Signore di Ravenna. Pochi di noi hanno avuto la possibilità di vederlo dal vivo perché non esce quasi mai dalla sua tenda ma io ero di guardia alla tenda del nobile che stava di fronte quindi ho avuto la possibilità di vederlo varie volte e di sentire perfino alcune sue conversazioni benché fosse in genere molto paranoico e attento. In particolare lo sentivo spesso litigare con Nobili che ha deciso di tornare a Lucca e occuparsi della sua città perché teme che voi possiate prenderla d'assedio e riconquistarla approfittando della loro assenza e dello scarso presidio. Messer Da Polenta non è affatto d'accordo, lui è deciso a provare a prendere Firenze. L'ho anche sentito parlare con il suo braccio destro affermando di voler passare a fil di spada tutti...- concluse lasciando senza fiato il consiglio per l'orrore che una tale visione generava in loro. Questa volta fu proprio Cosimo a riprendersi per primo perché in fondo se lo aspettava. -Quindi cosa è stato deciso, soldato?- gli domandò infatti inchiodandolo con uno sguardo deciso. -I lucchesi stanno tornando a presidiare la loro città e se posso permettermi di fare un'osservazione penso che questo sia il momento più opportuno per colpirli perché Nobili è spaventato e insicuro. Le truppe inviate da Ravenna li seguiranno per il momento ma solo perchè Ostasio spera di convincere Nobili a tornare attivamente in guerra e fomentare le altre città della zona che stanno sotto la vostra giurisdizione.- fu la risposta altrettanto sicura dell'uomo. Un chiacchiericcio diffuso riempì per parecchi minuti la tenda e il brusio andò sempre piu crescendo fino a quando Niccolò Uzzano si alzò di scatto dalla sua sedia e si schiarì rumorosamente la voce. Tutti ammutolirono immediatamente e si voltarono ad ascoltare le parole di quello che veniva da tutti considerato uno degli uomini più saggi e onesti della città. -Situazioni estreme richiedono soluzioni estreme. Il numero fa la forza, è vero, ma questa è una situazione delicata in cui tante teste che litigano tra loro senza trovare una soluzione definitiva non sono d'aiuto. In questa guerra abbiamo bisogno di rapidità decisionale, furbizia e decisione. La mia proposta è quindi di votare un comandate da inviare con urgenza a Lucca per riprendersi quello che è nostro e tenere sotto controllo le mosse di quei due folli da vicino e un Dittatore a tempo determinato con il compito di occuparsi di Firenze dal suo interno.- Tutti i membri del consiglio ascoltarono con la massima attenzione e al termine del discorso del vecchio nobiluomo proruppero in un applauso generale di approvazione ed entusiasmo per la saggia idea. Anche Cosimo ci aveva pensato ma non aveva avuto il coraggio di proporlo lui stesso perché sarebbe stato visto dai nobili come un tentativo di acquisire maggiori poteri personali. La votazione fu organizzata rapidamente e una mezz'oretta più tardi Uzzano stesso stava già contando i voti. -Con più di tre quarti dei voti il comando dell'esercito e il compito di andare a Lucca è stato assegnato a... Rinaldo de' Albizzi!- l'applauso ancora una volta fu generale e Rinaldo si limitò a fare un rigido inchino di ringraziamento ma Cosimo notò anche che non potè reprimere un sorriso di soddisfazione. -Sì, sì. Avete scelto bene. Ho avuto l'onore di combattere sul campo di battaglia fianco a fianco di tuo padre nei floridi anni della mia lontana giovinezza e di comandare un esercito che tra i capitani più valorosi e geniali aveva tuo fratello Luca. Ora che non posso essere più di grande aiuto alla città con la forza del braccio mi rincuora almeno l'idea che a capo dell'esercito ci sia, come moltissime altre volte nel passato glorioso della nostra splendida Repubblica, un Albizzi. Spero con tutto il cuore di non aver mai motivo di dubitare di te e del tuo operato come non ho mai dovuto farlo nel caso dei tuoi illustri consanguinei.- sentenziò guardandolo con tanta intensità che perfino l'arrogante e altezzoso Rinaldo non potè che chinare il capo con rispetto. -E adesso... il Dittatore. La votazione non è stata altrettanto decisa ma abbiamo comunque una maggioranza sufficiente.- furono le parole che pronunciò subito dopo scivolando rapidamente con lo sguardo prima sui Dieci di Balia seduti sui loro scranni colorati e poi sugli altri membri del Consiglio di guerra seduti attorno al grande tavolo di legno ma su sedute meno sfarzose. -I membri di questo consiglio si sono espressi in favore di... Cosimo de' Medici!- per poco quest'ultimo non cadde dalla sedia per la sorpresa e dallo sguardo sconvolto che gli lanciò Lorenzo evidentemente nemmeno lui se lo sarebbe mai aspettato. -Deve esserci un errore, non è possibile! Andiamo è un usuraio, avrà sicuramente corrotto la maggioranza!- vociò immediatamente Albizzi incendiandolo con lo sguardo mentre Palla Strozzi annuiva con approvazione e gravità. -La votazione l'ho proposta io meno di un'ora fa e l'abbiamo immediatamente messa in pratica. Non avrebbe mai avuto il tempo di corrompere nessuno. O forse dubitate di me, Rinaldo? State per caso insinuando qualcosa?- ribattè immediatamente con stizza Uzzano e il nobile non potè fare altro che rimanere in silenzio. Nessuno si sarebbe mai messo apertamente contro un uomo tanto potente e stimato. Benchè ormai molto vecchio egli era ancora uno degli uomini più influenti di tutta Firenze. Senza che altri osassero opporsi apertamente ma continuando a bisbigliare concitatamente tra loro a Cosimo venne consegnato un mantello color porpora chiuso da una spilla in argento massiccio che raffigurava il giglio della città come simbolo del suo nuovo status e della sua dignità mentre quest'ultimo si guardava attorno incredulo. Si riprese però in fretta, o per lo meno cercò di fingersi sicuro di sé e calmo. Dal modo in cui tutti lo osservavano sapeva che avrebbe dovuto pronunciare un discorso di ringraziamento quindi prese un profondo respiro e si alzò con voluta lentezza e gravità in piedi tanto che quando finalmente cominciò a parlare nella tenda era calato un silenzio assoluto e tutti gli occhi dei presenti erano concentrati su di lui.
Ore dopo lui e Lorenzo erano seduti in silenzio nella tenda di quest'ultimo a riflettere ancora sconvolti da quello che era appena successo. -Ti rendi conto che ora in pubblico dovrò darti del voi e chiamarti "Mio Signore" o peggio ancora "Vostra Eccellenza"?- sbottò finalmente suo fratello guardandolo stranito. -Vostra Eccellenza tu... bah assurdo!- borbottò ancora scuotendo la testa con indignazione e divertimento. -Non dirmi che questa è davvero la cosa che ti colpisce di più Lorenzo!- rispose lui alzando gli occhi al cielo. Il ricordo delle parole che aveva detto dopo la sua inaspettata elezione era sfumato e incerto: sapeva di aver pronunciato le solite frasi di circostanza ma grazie all'arte oratoria e alle lezioni dei grandi retori che suo padre gli aveva dato la possibilità di seguire era riuscito facilmente a infiammare gli animi già eccitati degli uomini del consiglio e a fomentare in loro il patriottismo tanto che entro pochi minuti dall'inizio del suo discorso tutti applaudivano, gridavano e fischiavano con entusiasmo. La notizia era divampata in tutto l'accampamento come un incendio furioso e alimentato come il vento fa sull'erba secca e in breve si era scatenata una frenetica festa in onore del Dittatore e tutti avevano brindato alla sua salute e a Firenze. Persino Palla Strozzi aveva accettato un bicchiere e brindato con loro anche se con scarso entusiasmo mentre Rinaldo si era rabbiosamente ritirato nella sua tenda senza salutare nessuno. Lorenzo evidentemente stava pensando alla stessa cosa perché scoppiò a ridere fragorosamente -Ma la faccia di Albizzi?? Quando messer Uzzano ha detto il tuo nome per poco non gli è preso un colpo- disse a stento quasi singhiozzando per il troppo ridere. -Quando se ne è andato poi aveva la faccia tutta macchiata di chiazze rosse! E sul collo gli pulsava una vena!- continuò poi questo con le lacrime agli occhi. Cosimo però non trovava la cosa altrettanto divertente ed era parecchio preoccupato: Rinaldo era pur sempre lo zio di sua moglie e un uomo temibile come nemico. Pensava che i giorni passati ad allenarsi insieme e l'avere un nemico comune li avesse in un certo senso uniti come mai prima. Evidentemente però dalla reazione che aveva avuto quel giorno per Albizzi non era affatto così. Inoltre era ovviamente molto felice dell'opportunità incredibile che gli era stata offerta su un piatto d'oro ma allo stesso tempo sulle sue spalle era calato un peso enorme ben oltre le potenzialità di un uomo tanto giovane come lui. -Adesso ce l'hai tu la faccia da cane bastonato. Che ti prende?- gli chiese Lorenzo notando quanto tetra fosse diventata la sua espressione. Cosimo aveva tanto bisogno di parlare con qualcuno dei suoi dubbi e delle sue paure che non se lo fece ripetere due volte. Raccontò tutto a suo fratello e si stupì per l'ennesima volta di quanto questo fosse bravo ad ascoltare. Non lo interruppe una sola volta lasciandolo sfogare fino a quando, ormai esausto e con la testa dolorante, smise di parlare. -Io andrò a Lucca per seguire da vicino le decisioni e gli intrighi di Albizzi e per tenerti informato in tempo reale sugli sviluppi della guerra visto che in quanto Dittatore tu dovrai rimanere a Firenze. Sai che puoi contare su di me fratello. Ne abbiamo passate tante insieme e supereremo anche questa come abbiamo sempre fatto. Non preoccuparti: sei troppo bravo per fallire, credimi entrerai nella Storia.- disse con decisione e sincerità. Cosimo non si era mai reso conto di quanto suo fratello lo stimasse e sentirsi dire quelle parole lo commosse in un modo che non avrebbe mai ritenuto possibile. In quel momento seppe che no, non avrebbe mai potuto fallire e non perché fosse davvero degno dell'incredibile compito che gli era stato assegnato. Non avrebbe fallito perché non avrebbe mai potuto sopportare di vedere mutata in delusione quella scintilla di ammirazione che brillava negli occhi di suo fratello minore e che non aveva più avuto l'occasione di notare da quando erano entrambi diventati adulti. L'idea della presenza di Lorenzo sul posto era contemporaneamente estremamente rassicurante e fonte di ulteriore ansia per il modo in cui si sarebbe esposto ai pericoli. Ma il suo fratellino si era fatto uomo da parecchio tempo ormai e l'unica cosa che lui poteva fare era accettare la decisione di Lorenzo ed essergli riconoscente per il fondamentale aiuto. Avrebbe usato Marco Bello come corriere anche se al minore dei Medici non sarebbe sicuramente piaciuto. In fondo se anche Lorenzo avesse rifiutato di fidarsi della guardia lui gli avrebbe fatto capire che comunque le loro missive sarebbero state sigillate con il sigillo di cera-lacca della famiglia e che nessun altro avrebbe potuto leggerle senza che loro due ne se accorgessero. Quella era una cosa che toccava invece a suo fratello accettare senza opporsi.

Angolo autrici:
Ora come promesso risponderemo alle alle domande dell'ultima parte del quiz. Andrada è FORTE, ASTUTA, un po' EGOISTA, SINCERA, ORGOGLIOSA. Alla prossima 😙

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