"Una stupida Albizzi vestita di seta"

1.4K 59 1
                                    

POV: SELENE

Vi era un unico luogo dove Selene amava ritirarsi quando le preoccupazioni e i pensieri tristi la affliggevano in modo insopportabile e quel luogo era la Piazza della Cattedrale, in cui spesso si fermava ad ammirare il cantiere di costruzione della maestosa cupola di S. Maria del Fiore. Ed era in quella grande piazza, solitamente gremita di persone e di vita, che la giovane Salviati si era recata quella mattina. Faceva piuttosto caldo e i suoi abiti laceri e strappati non le facevano patire il freddo. I lunghi capelli castani, arruffati e appesantiti dal tempo e dalla vita, incorniciavano ancora gli occhi verdi più belli di tutta Firenze. Quel giorno però quegli occhi erano annebbiati e tristi e la malinconia che solitamente la accompagnava era più accentuata del solito: Selene infatti aveva sognato quella stessa notte i suoi genitori, Ugo e Anna Salviati, venuti a mancare quando lei aveva solo dieci anni. Il ricordo del sogno era confuso e sfocato ma aveva chiaramente in mente il sorriso rassicurante di suo padre e gli occhi giovani e pieni di vita di sua madre che erano tornati così prepotentemente ad affacciarsi alla sua mente nonostante i dolorosi tentativi di non pensare ai due mercanti la cui morte, avvenuta per un incidente sulla via di ritorno dal mercanto di Roma, era stata annunciata a lei, a suo fratello Marco e alla loro balia Filomena da un messaggero romano in una tremenda serata piovosa di inizio Settembre. Erano passati sette anni da quel momento e per Selene erano stati i sette anni più brutti. La sua vita da allora era stata un insieme di avvenimenti tristi e orribili che l'avevano segnata, negandole quella spensieratezza tipica dei bambini, e lei non era più la piccola principessa di casa Salviati ma una ragazza di diciassette anni cresciuta troppo in fretta. Filomena era morta di malattia poco dopo Ugo e Anna lasciando Marco e Selene da soli: i due mercanti non avevano infatti parenti che potessero prendersi cura di loro. Per ripagare i debiti che i genitori avevano a lungo tenuto nascosti e che li avevano portati a cercare di guadagnare il più possibile a Roma Marco era stato costretto a vendere tutto ciò che avevano, compresa la loro abitazione e per anni e anni aveva vissuto fra i vicoli di Firenze rubando cibo per sfamare la sorella e spogliandosi dei suoi pochi vestiti per ripararla dal freddo. Tante volte era stato picchiato e malmenato davanti agli occhi di Selene perchè scoperto a rubare e il giorno in cui era riuscito a farsi assumere come garzone in una bottega era stato il giorno più felice nella vita dei due fratelli da quella maledetta sera settembrina. Marco non aveva mai rinunciato però a sviluppare l'apprendimento delle tecniche di combattimento che tanto lo avevano appassionato fin da piccolo e nutriva ancora la speranza di riuscire un giorno a farsi assumere come guardia per poter garantire a sè e a sua sorella una vita più dignitosa. Selene camminava per la piazza persa nei suoi pensieri e nelle sue malinconie quando i suoi occhi vennero catturati dalla meravigliosa cupola in costruzione. Ogni volta che la ammirava pensava al genio intrinseco nella personalità di Filippo Brunelleschi che doveva essere un artista meraviglioso e ricercava nei meandri della sua personalità quelle vene di artistica pazzia che le circostanze della vita la avevano portata a ignorare. Quanto le sarebbe piaciuto disegnare con il suo carboncino quella spettacolare cattedrale! Il disegno era sempre stato la sua grande passione, comparabile quasi a quella che suo fratello aveva per il combattimento, e anche lei, spronata da Marco, aveva sempre cercato di non lasciarlo appassire divertendosi a rappresentare paesaggi e persone. Inoltre la cupola la riportava sempre con la memoria all'unico amico che lei e suo fratello avessero a Firenze: si trattava di Donatello, un ragazzo povero ma amante dell'arte come loro che negli anni era riuscito ad affermarsi sempre di più come scultore apprezzato e stimato. Era partito per Roma per ammirare e studiare le grandi opere d'arte custodite nella città. Quanto le mancava Donatello! Era l'unica persona in tutta Firenze, oltre ovviamente a Marco, della quale si fidasse, alla quale volesse bene e che l'avesse aiutata a coltivare la sua passione. Era stato Donatello a regalarle il suo album di fogli per disegnare e il suo carboncino e lei non vedeva l'ora di poterlo riabbracciare. "Sono capacissima di presentarmi da sola!" Una voce di donna poco distante distolse la ragazza dai suoi pensieri. Quando si voltò verso la direzione da cui proveniva quella frase vide una bellissima giovane, sicuramente una nobile, guardare con alterigia un altro giovane che si trovava esattamente di fronte a lei. Selene riconobbe immediatamente quest'ultimo: si trattava di Cosimo de' Medici, figlio di Giovanni de' Medici, uno dei più facoltosi banchieri della città mentre non riuscì ad indentificare un terzo ragazzo, sicuramente aristocratico anche lui, che sembrava accompagnare la nobile." Il mio nome è Andrada de' Albizzi. Voi piuttosto, messere, chi vi credete di essere per parlare in questo modo di una nobildonna?" Continuò la giovane che doveva essere più o meno coetanea di Selene. Quest'ultima osservò sprezzante la scena: non si era mai completamente fidata dei ricchi signori fiorentini e dei loro rampolli, troppo abituati alla bella vita per poter anche solo provare a comprendere cosa significasse non avere nulla. La più piccola dei fratelli Salviati non aveva intenzione di ascoltare oltre quello stupido battibecco ma il rumore di uno schiaffo risuonò forte nell'aria: Andrada de' Albizzi a quanto pareva non era una che le mandava a dire e non aveva lasciato passare a Cosimo de' Medici l'accusa di non conservare più la propria verginità. Che coraggio! Per un istante, ma fu solo un istante, Selene restò colpita e ammirata da quel gesto." Federico andiamo via ti prego, non mi sento bene " bastarono queste poche parole a distogliere la sua attenzione dallo schiaffo e a riportarla alla realtà. "Non mi sento bene". Questa espressione continuava a risuonarle nella mente anche quando, voltatasi, si era avviata verso la piccola stanza nella quale lei e Marco vivevano a stento. Lei nella vita si era sentita male molte volte, era svenuta per la fame, il freddo e la sete. Ma era convinta che questo una stupida Albizzi vestita di seta non l'avrebbe mai capito.

I MediciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora