"Amo ogni cosa di te"

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POV:ANDRADA

Andrada si era sentita tanto triste durante il viaggio di ritorno, quanto era stata felice ed emozionata all'andata. Erano partiti da Ravenna all'alba subito dopo aver salutato Obizzo Da Polenta e averlo ancora una volta rigraziato per l'ospitalità, nei saluti di quest'ultimo c'era però una certa freddezza dovuta probabilmente al fatto che quella notte suo figlio era scomparso. Andrada aveva sentito una serva raccontare di aver sentito il giovane giurare che si sarebbe vendicato, ma aveva sperato che quella ragazzetta avesse inventato quel particolare inquietante solo per fare colpo sull'amica. A lei il figlio del Signore di Ravenna era sembrato un giovane silenzioso e innocuo prima dello scoppio d'ira della sera prima e perfino allora non riusciva a vederlo come un uomo pericoloso. La strada le era sembrata molto più corta ed erano entrati a Firenze in tempo per l'ora di cena. Una volta giunti a Palazzo de' Albizzi i loro parenti li avevano accolti con calore e lei e sua zia erano rimaste fino a tarda notte in salotto a parlare di Ravenna e dei Da Polenta. La moglie di suo zio non era, però, rimasta affatto sorpresa che il giovane Ostasio avesse perso la testa per lei e l'avesse chiesta in sposa, come invece si aspettava Andrada. Poi la donna le aveva raccontato che anche a Firenze l'aria era stata piuttosto incandescente: Cosimo de' Medici infatti aveva mandato una guardia a cercarla due giorni dopo la loro partenza ed, essendogli stato comunicato che lei si trovava fuori città, si era presentato il giorno seguente a Palazzo per sapere personalmente dove fosse andata e per fare una piazzata a suo nonno dicendogli che se la ragazza non fosse tronata entro tre giorni lui sarebbe andato a Ravenna per prenderla con la forza. Andrada allora capì che sicuramente suo nonno doveva aver scitto a Rinaldo e che era per questo che avevano anticipato il ritorno e suo zio aveva rifiutato con fermezza di rimanere qualche altro giorno nonostante le insistenti preghiere del Signore di Ravenna. Quello che non capiva però era la reazione di Cosimo de' Medici, probabilmente aveva temuto una sua fuga e la fine di un contratto matrimoniale molto vantaggioso per lui e la sua famiglia, ma le sembrava comunque una reazione esagerata. Aveva quindi passato una notte agitata durante la quale non aveva fatto altro che pensare al giovane e osservare, nella luce soffusa della luna, il volto disperato di Aurora sul soffitto. La mattina seguente fu svegliata dal sole primaverile che entrava dalla grande vetrata che la sera prima aveva dimenticato di coprire con le pregiate tende orientali. Aveva ancora sonno ma sapeva che non sarebbe mai riuscita a riaddormentarsi quindi suonò il campanello che aveva sul comodino per avvisare le sue ancelle che era sveglia e pronta perché la aiutassero a vestirsi. Pochi minuti dopo al posto delle serve entrò nella stanza Ormanno con un grande mazzo di fiori, probablimente raccolti da lui stesso nel giardino all'italiana del Palazzo. -Buon Compleanno, Andrada!- gridò precipitandosi da lei che lo prese prontamente in braccio come era solita fare. Non poteva credere di aver dimenticato il suo stesso complenno, non le era mai successo prima. Era sempre stata lei quella che ricordava i compleanni di tutti in famiglia. Ma il 15 Maggio era davvero giunto senza che lei se ne rendesse nemmeno conto. -Grazie, piccolo, sono bellissimi!- ripose al suo tenero cuginetto che la baciò con un sonoro schiocco sulla guancia, il suo umore era decisamente migliorato quindi, coprendo con una vestaglia finemente ricamata la camicia da notte, con i fiori in una mano e stringendo quella di Ormanno nell'altra scese da basso dove trovò suo zio e sua zia intenti a far colazione che le auguarono buon compleanno. -Vieni con me, voglio farti conoscere qualcuno- le disse suo zio e, senza prestare ascolto alle sue proteste: infatti le sembrava di assurdo vedere qualcuno in vestaglia, la giudò fuori dal Palazzo e poi alle stalle. -Aspetta qui- le disse Rinaldo quando furono arrivati di fronte alla struttura che opitava i cavalli e la carrozza appartenenti agli Albizzi. Quando finalmente ne uscì, suo zio era seguito dalla puledra più bella che Andrada avesse mai visto, era snella e aggrazziata nei movimenti ma allo stesso tempo aveva un'aria forte e scuoteva la testa con orgoglio. La cosa che la colpì di più fu però il colore del suo manto, era dorato. Aveva visto altre volte cavalli color miele ma mai del colore dell'oro, quando la puledra si muoveva il suo pelo rifletteva la luce esattamente come il metallo prezioso. -Lo so che da quando è morta Danzatrice non hai più voluto avere un cavallo personale perché non vuoi più affezionarti per poi dover soffrire un giorno, ma non puoi smettere di amare per paura della morte. La morte fa parte del gioco e sarebbe come decidere di non giocare solo perché hai paura di perdere. Questi giorni ti ho vista cavalcare e non pensare nemmeno per un secondo che non abbia notato il sorriso sulle tue labbra o la scintilla che compare nei tuoi occhi quando sei in sella. Ti senti libera, e so che è così perché è quello che succede anche a me.- le disse con dolcezza e senza aspettare una risposta se ne andò lasciandola sola con la bellissima puledra per permettere loro di conoscersi. Andrada la guardava con gli occhi pieni di lacrime senza trovare il coraggio di avvicinarsi, combattuta tra il ricordo del cavallo che l'aveva accompagnata fin dall'infanzia e che era morto pochi anni prima di vecchiaia con suo grandissimo dispiacere, e lo stupore per la maestosità dell'animale che le stava di fornte con le parole di suo zio che le rimbombavano in testa. La puledra la osservava a sua volta con curiosità e dopo pochi minuti, facendo il primo passo, le si avvicinò prima con diffidenza e poi con sempre maggior coraggio le strofinò il volto con il muso continuando a guardarla con i grandi occhi intelligenti. Lo stupore e la commozione di Andrada furono indescrivibili e per un impulso quasi inconscio salì sul dorso di quel meraviglioso animale e partì al galoppo incurante della mancanza di una sella o del fatto che non era vestita in modo consono. Si sentiva completamente in simbiosi con la puledra, le sue gambe nude erano direttamente a contatto con il pelo morbido dell'animale e le sembrava di percepirne le emozioni come fossero sue. Si fermarono solo dopo ore quando entrambe furono stanche e, guardandosi intorno, Andrada riconobbe piazza della Signoria ed ebbe appena il tempo di incontrare i due occhi azzurri che ormai riempivano i suoi giorni e le sue notti prima di spronare di nuovo la puledra al galoppo. Non aveva alcuna intenzione di fermarsi a parlargli quindi fu con grandissimo orrore che, voltandosi indietro, lo vide salire in sella ad un cavallo e partire al suo inseguimento. La puledra sembrava percepire il desiderio di Andrada di seminare l'inseguitore perché senza bisogno che le la esortasse con la voce prese a correre come il vento. Purtroppo però era stanca per la lunga corsa precendete e lo stallone, ben più grande e fresco di riposo, le raggiunse in fretta e le superò per poi voltarsi bolccando loro la via di fuga. La puledra spaventata s'imbizzarrì e Andrada per poco non caddè, essendo senza sella. Il giovane senza guardarla in faccia scese da cavallo e la aiutò a smontare a sua volta e solo quando si trovarono faccia a faccia prese a parlare con la voce rotta dall'ira e gli occhi che mandavano lampi. -Siete forse impazzita? Volevo solo parlavi. Perché siete scappata come se aveste visto il demonio?- poi si bloccò e la guardò da capo a piedi a bocca aperta. Andrada non voleva nemmeno pensare a come dovesse apparire con i lunghi capelli sciolti in disordine per la corsa e la vestaglia aperta sulla camicia da notte semitrasparente che lasciava ben poco all'immaginazione. Era però decisa a non lascirsi intimidire da lui quindi chiuse con furore la vestaglia e lo guardò a testa alta. -Perché non siete vestita?- le chiese lui con stupore abbandonando il tono rabbioso e arrossendo suo malgrado. -Non sono affari vostri! E per rispondere alla domanda precendete, mi sembra ovvio che sono scappata perché non ho alcuna voglia di parlarvi.- rispose lei cercando di mettere in quelle parole tutto il veleno che potè. A quelle parole l'azzurro degli occhi di Cosimo sembrò ghiacciarsi e lei non potè reprimere un brivido. -Certo che sono affari miei visto che tra una settimana sarete mia moglie. Non posso permettere che mezza Firenze vi veda in cammicia da notte se tengo anche solo un minimo al mio onore.- poi, senza darle il tempo di ribattere e cambiando ancora una volta tono di voce: -Perché siete andata a Ravenna senza dirmi nulla? Non vi rendete minimamente conto di come io mi sia potuto sentire nel venire a sapere che ve ne eravate andata? Ho temuto che voleste fuggire, che non mi avreste più sposato.- nel pronunciare queste ultime parole il tono di voce del giovane si era incrinato. Andrada rimase così stupefatta da non saper cosa rispondere, non capiva perché lui ci tenesse così tanto a sposarla quando sapeva quanto la disprezzasse. -Le nostre famiglie hanno stipulato un contratto, non capisco tutta questa preoccupazione da parte vostra nè che cosa voi possiate aver provato. La vostra reazione mi sembra come minimo esagerata, non rendiamoci le cose più difficili di quanto siano, nessuno di noi ha scelto questo matrimonio, ci è stato semplicemente imposto. Limitiamoci a recitare le nostre parti.- gli disse, ma nell'istante stesso in cui pronunciava tali parole sapeva con certezza che non corrispondevano a verità. Doveva smettere di mentire a se stessa, quel ragazzo bellissimo, nonostante i suoi molti diffetti e il modo rude in cui la trattava, le era entrato nel cuore. Non riusciva a smettere di pensare a lui in nessun momento e in quello stesso istante, come ogni volta che si trovavano vicini, non poteva ingorare le farfalle allo stomaco o le sensazioni che solo lui le faceva provare. -Un teatro? Per te il nostro matirmonio è solo un teatro? E io che mi ero illuso che tu non mi odiassi più come un tempo, che cominciassi pesino a provare qualcosa per me. Che stupido. Probabilmente ero troppo accecato dai miei sentimenti per te. Perché io ti amo, amo ogni cosa di te: il modo in cui ti nascondi dietro a una facciata di altezzosità per proteggere la tua sensibilità, l'affetto incondizionato e la fedeltà verso la tua famiglia che ti hanno portato ad accettare un matrimonio combinato nonostate la tua indole orgoliosa e il tuo spirito libero, il tuo coraggio. Per non parlare della tua bellezza, potrei passare il resto della mia vita a contemplarti e mi riterrei l'uomo più fortunato del mondo. Se tu mi avessi concesso almeno una possibilità so che avrei potuto renderti felice, ma forse in fin dei conti non la merito.- mentre parlava la sua voce si era fatta sempre più flebile e le ultime parole non erano state che un sussurro. Nei suoi incredibili occhi Andrada poteva leggere la disperazione che lo tormentava. Se quello era un sogno non avrebbe voluto svegliarsi mai più e quasi senza rendersene conto gli prese il volto tra le mani e lo baciò. Non un bacio pieno di passione e quasi violento come in primo ma di una dolcezza straziante e quando finalmente si staccarono lui cadde in ginocchio -Vuoi diventare mia moglie? Voglio che sia tu a decidere, senza alcuna obbligo. Se mi dirai di no romperò immediatamente il matrimonio e visto che abbiamo firmato già il contratto prematrimoniale la tua famiglia avrà comunque i soldi che le dobbiamo e tu sarai libera.- le disse poi strigendole le mani e guardandola quasi con venerazione. Andrada ormai non aveva più dubbi quell'uomo la amava, quindi si inginocchiò a sua volta. -Sì voglio sposati.- furono le uniche parole che riuscì a pronunciare mentre lacrime di gioia le bagnavano le guance, avrebbe voluto poter esprimere a voce quello che provava per fagli capire quanto lo amasse a sua volta, quanto lo avesse amato dal primo istante a dispetto di sé stessa. Cosimo non sembrava, però, aver bisogno di sentire altro e la strinse a sé sorridendo estatico.

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