"Spine" (prima parte)

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POV:ANDRADA

I fiordalisi, piantati l'inverno precedente sulla minuscola porzione di terra che ricopriva la cassa di legno che era stata culla e tomba per il suo bambino senza nome, erano sbocciati. Grazie al sole e al caldo vento proveniente dalla lontana e ignota Africa e alle sue incessanti cure avevano schiuso i petali setosi in tutto il loro splendore e la loro vitalità celestiale. La giovane nobildonna andava in giardino ogni giorno e a volte osservava quel piccolo tappeto blu per ore ed ore perdendo completamente ogni cognizione di tempo o di spazio. Quel dolore lancinante che provava all'inizio e che le faceva mancare il fiato e desiderare solo l'oblio dei sensi l'aveva lentamente ma inevitabilmente abbandonata, lasciandosi dietro solo un vuoto che era certa che nessuno avrebbe mai potuto colmare e una malinconia quasi perenne che non le era mai appartenuta prima. Il tempo aveva cicatrizzato le ferite della sua anima perché niente può sfuggire, nel bene e nel male, alla sua azione implacabile ma la consapevolezza di quello che aveva fatto e l'odio profondo, viscerale e autodistruttivo, per se stessa erano rimasti ed erano come spine che, non essendo state estratte per tempo, rimaste all'interno delle ferite ormai richiuse, le impedivano di riprendersi. Sapeva che la scelta più giusta sarebbe stata riaprire quelle ferite spirituali per estrarre le spine prima che andassero in cancrena ma non trovava il coraggio di farlo. Ormai erano mesi che rimandava e i primissimi giorni dopo la nascita del suo meraviglioso nipotino era riuscita persino a non pensarci troppo spesso. Il piccolo Lorenzo emanava tanta vita e calore che bastava stargli vicino per venirne a propria volta contagiati e la sua azione era tanto più benefica sull'animo in frantumi di Andrada. La giovane cercava di sfuttare ogni istante possibile per stargli vicino e gli altri sembravano in qualche modo averlo compreso perché i due neogenitori, nonostante il naturale desiderio di non allontanarsene nemmeno per un secondo, con tatto e cercando di non far notare la propria gentilezza, glielo avevano spesso affidato. Un paio di volte era rimasta sola con lui e aveva pianto fin quasi allo sfinimento stringendoselo al petto mentre il piccolo, senza mai emettere nemmeno un suono, la guardava con i grandi occhi cangianti. Quando, solo parecchi minuti dopo, era riuscita a calmarsi lui le aveva tirato un ricciolo scuro con la manina paffuta e le aveva regalato un largo sorriso, mettendo in mostra le rosee gengive sdentate e due tenerissime fossette, quasi come se percepisse le sue emozioni e volesse consolarla. Anche quella mattina di metà Marzo aveva dedicato parecchie ore alla cura di quei delicati fiori spruzzandoli con una miscela di aceto annacquato per tenere alla larga gli insetti che la notte prima avevano mangiucchiato alcuni petali con suo enorme rammarico. Era poi andata a trovare sua zia per la prima volta dopo la terribile sciagura che si era abbattuta sulla sua famiglia, cosa che aveva rallegrato oltremodo la brava donna.  Avendo deciso, poi, di allungare la strada per fare una passeggiata, era capitata in piazza della Cattedrale dove i lavori per la maestosa Cupola stavano finalmente riprendendo dopo una lunga interruzione durata mesi e lì, avendo incontrato Elsa, si era fermata a scambiare due parole con lei. "Ti vedo molto, molto meglio, mia cara! Cominci a smettere di sembrare una statua di cera semovente." esclamò la giovane signora Brunelleschi, dopo i primi saluti, facendo comparire un timido sorriso sulle labbra pallide della nobildonna: aveva sempre adorato l'esuberanza dell'amica. "Non so come interpretarlo quindi nel dubbio lo prenderò come un complimento." rispose prendendola sottobraccio "Puoi giurarci che era un complimento! Pittosto dimmi quando ricomincerai quelle benedette lezioni di architettura. Filippo scalpita un giorno sì e l'altro pure al pensiero di vanificare un talento come il tuo e a stento riesco a trattenerlo dall'irrompere al Palazzo per farti passare -parole sue- i grilli che hai in testa." scoppiò a ridere dopo essersi sforzata di imitare il tono di voce del marito. Andrada si incupì sentendo quelle parole: l'architettura le mancava ma allo stesso tempo sentiva un blocco al solo pensiero di prendere in mano carta e carboncino o un manuale. Aveva sempre riversato tutta la sua anima negli schizzi ma ora come avrebbe potuto farlo se non era nemmeno certa di averla ancora un'anima? Cercò comunque di celare quella reazione inappropriata all'amica per non preoccuparla ulteriormente e si limitò a biascicare qualche scusa a caso prima di cambiare velocemente discorso chiedendole dei suoi numerosi figli. Per fortuna l'argomento catturò completamente l'attenzione della donna che si lanciò in una lunga arringa contro quella banda scalmanata di piccole pesti, ma il suo tono mostrava chiaramente una nota di vivo affetto che rendeva poco credibili quelle iperboliche lamentele. Le due chiacchierarono per diverse ore, perdendo del tutto la cognizione del tempo e solo quando Andrada vide avvicinarsi a cavallo i due fratelli Medici, di ritorno dal Palazzo della Repubblica per il pranzo, si rese pienamente conto di quanto si fosse fatto tardi. Salutò con un affettuoso abbraccio Elsa e le ricordò ridendo che sarebbe dovuta tornare anche lei a casa per cucinare per i figli e il marito. A quelle parole la giovane ebbe un comico sussulto e se ne andò quasi di corsa. "Amore, cosa ci fai qui?" chiese il maggiore dei Medici, senza celare una nota di preoccupazione, quando la scorse lì ferma in mezzo la piazza tutta sola, infatti Elsa era già sparita alla vista prima che i due si accorgessero di lei quindi avevano sicuramente frainteso la situazione. "Ho incontrato Elsa e sai come è fatta. È appena corsa via ricordandosi di avere una famiglia da curare." rispose alzando gli occhi al cielo. Il volto di Cosimo si illuminò immediatamente: Andrada sapeva quanto ardentemente suo marito desiderava che lei tornasse ad essere la persona di cui si era innamorato e smettesse di trascorrere più tempo con i morti che con i vivi. Vederlo così sollevato fu per la giovane donna una pugnalata al cuore: certo la amava e voleva vederla guarire ma era solo perché non era a conoscenza di quello che lei aveva fatto. Mantenere il segreto diventava sempre più difficile sia per colpa della sua coscienza, che scalpitando sotto il peso di quella ingiusta menzogna, desiderava alleggerire l'immane peso che portava su di sè sia perché i medici che Cosimo aveva fatto chiamare dopo l'aborto e che la tenevano ancora sotto osservazione, controllando una volta alla settimana i progressi nella guarigione delle ferite più profonde che ancora non si erano del tutto rimarginate, erano gli stessi che lei aveva fatto venire durante la gravidanza e che erano a conoscenza di quelle maledette complicazioni. Temeva ogni volta che, nonostante lei avesse loro imposto categoricamente il silenzio, si lasciassero sfuggire qualcosa in presenza del marito. Vederlo così premuroso la faceva sentire ancora di più un mostro. "Vai avanti tu Lorenzo e dai disposizioni per il pranzo. Io e Andrada vi raggiungiamo a piedi, il moto in fondo stimola l'appetito." disse Cosimo prima di scendere con agile balzo dal cavallo e prendere per le briglie il meraviglioso stallone nero che passò al fratello. Lorenzo si limitò ad annuire e si allontanò tirandoselo dietro. Rimasti soli, il giovane la prese per mano e si incamminò lentamente. "Sai credo di aver deciso come chiamare quella furia color della notte che il mercante di Vienna mi ha rifilato la scorsa settimana: Bucefalo, come il mitico cavallo di Alessandro Magno." cominciò lui allegramente, infatti aveva notato immediatamente il modo in cui l'umore di Andrada si era incupito e voleva a tutti i costi distrarla. "Cosa pensi?" le domandò dopo aver atteso invano una risposta. "Sai? A volte darei tutto il tesoro della Banca Medici per poter leggere anche solo per qualche minuto nella tua mente e sapere con precisione cosa pensi, quali pensieri ti tormentano quando cominci a rosicchiarti le labbra e ti si incupisce lo sguardo in questo modo. Ti trema persino la mano. Per favore parlami, ho bisogno di capire quello che ti sta succedendo. Ho bisogno di aiutarti". le parole scorrevano come un fiume in piena e mentre parlava si era fermato e aveva bloccato anche lei per poterla scrutare negli occhi fino in fondo. Andrada cercò, con un enorme sforzo di volontà, di controllarsi ma il discorso di Cosimo aveva fatto ciò che lei non era stata abbastanza coraggiosa da farsi da sola: aveva riaperto le ferite. Sapeva che lui si era reso conto fin da subito che c'era qualcosa che non andava in lei ma fino a quel momento non l'aveva mai affrontata così apertamente, aveva aspettato con enorme tatto e fiducia che fosse lei a parlargliene quando si fosse sentita pronta per farlo ma erano passati mesi da quel Dicembre di sangue e di dolore e lei non aveva fatto altro che nascondere la testa nella sabbia e patire in silenzio. La nobildonna si rendeva conto di tutto ciò ma l'unica domanda che le rimbombava in testa era: "perché? perché ha deciso di affrontarmi proprio ora?". Un singhiozzo incontrollato si fece strada attraverso il suo petto fino alle labbra e lei cominciò a tremare violentemente. Sentendosi mancare le forze, si lasciò scivolare in ginocchio nella polvere di quella strada deserta coprendosi il volto con le mani.
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POV:COSIMO

Cosimo si accucciò immediatamente a terra di fronte a lei preoccupato. Non riusciva proprio a capacitarsi della reazione avuta da Andrada e vederla di nuovo così a pezzi fu come una doccia fredda: credeva che le sue condizioni emotive stessero migliorando e che ormai si fosse lasciata alle spalle almeno in parte la sofferenza dei primissimi tempi. In quel momento, però, non poté fare a meno di chiedersi se i progressi che credeva di aver notato in lei nonostante tutto fossero ancora una volta soltanto il tentativo di sua moglie di non farli preoccupare o che, ipotesi perfino peggiore, lui si fosse semplicemente limitato a vedere quello che voleva. Avrebbe voluto prendersi a pugni da solo per la sua stupidità, ancora una volta aveva aspettato troppo prima di affrontarla. Le prese le piccole mani facendole sparire quasi completamente all'interno delle sue e cercò di spostargliele con delicatezza dal viso ma sua moglie si ritrasse immediatamente come se le avesse dato una fortissima scossa. "Non toccarmi, ti prego. Non toccarmi, non toccarmi, non toccarmi..." cominciò a ripetere lei quasi sussurrando in una dolorosa litania quando lui provò di nuovo ad avvicinarsi per accarezzarle i capelli. Non capiva e si sentiva quasi esplodere di rabbia di fronte all'ennesimo momento di impotenza ma soprattutto si sentiva ghiacciare dall'interno per il terrore all'idea che il sospetto che in quel momento si era fatto strada dentro di lui fosse in qualche modo fondato: "Perché? Dimmi perché eviti con tanto orrore il mio tocco. Sii sincera con me Andrada, ho bisogno che tu mi dica la verità!" le disse cercando di usare un tono il più calmo possibile ma quando notò che lei ancora una volta non rispondeva e si limitava a continuare a singhiozzare in silenzio stringendosi le ginocchia al petto con tanta forza da farsi sbiancare le nocche perse completamente il controllo. "Quand'è che hai cominciato a odiarmi di preciso? Non sono tanto stupido da non notare l'atteggiamento reticente che hai avuto nei miei confronti dopo l'aborto! Ho visto il modo in cui ti limitavi a sopportare passivamente le mie carezze e la lontananza perenne del tuo sguardo! Mi odi perché sono venuto meno alla mia promessa di proteggerti... di proteggervi. Avrei dovuto essere più presente, capire che c'era qualcosa che non andava e invece ero troppo preso dalla politica. So tutto questo e non passa giorno senza che io biasimi me stesso. Però devi dirmelo! Devi dirmi se ti disgusta anche solo l'avermi accanto! Devi dirmi se non mi ami più. Devo sapere se c'è ancora qualche possibilità che io riesca a rifarmi ai tuoi occhi o se è già troppo tardi!" gidò ormai fuori di sé afferandole saldamente il viso e costringendola a guardarlo negli occhi. Vedendo, però, lo sgomento farsi strada in quei pozzi neri mollò la presa immediatamente ma fu solo quando vide la pelle delle sue gote arrossata a causa della sua stretta troppo forte che si allontanò con orrore. Era stato talmente terrorizzato all'idea di averla ormai persa da non rendersi conto che le stava facendo male e lei non aveva detto nulla. "Perdonami, ti prego." mormorò con gli occhi che gli si stavano rapidamente riempiendo di lacrime. Lei però sembrò finalmente riprendersi vedendo quel tormento "No, no, non è affatto come pensi!" esclamò finalmente, con una decisione che sorprese lei stessa in primis, ma non accennò ad avvicinarsi nemmeno di un millimetro. "E' tutto il contrario..." mormorò poi  tornando ad accasciarsi su se stessa come se quell'improvviso sprazzo di energia l'avesse abbandonata con la stessa rapidità con cui era comparso. Cosimo rimase in silenzio a fissarla in attesa che proseguisse. Una briciola di speranza cominciava a sbocciare nel suo petto ma lui si rifiutava di coltivarla perché la delusione non fosse ancora più cocente se avesse finito per rivelarsi soltanto un'illusione.

Angolo autrici:
Sorpresaaa! Abbiamo deciso di pubblicare così in anticipo per farvi un regalo (speriamo beneaccolto🙈). Buon Natale a tutti! ❤

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