POV: ANDRADA
Le campane delle varie torri sparse per Firenze avevano da poco suonato le quattro di un afoso pomeriggio di metà Luglio. Le tende di uno dei tanti salotti di Palazzo de' Medici erano tutte tirate per cercare di creare almeno l'illusione di un po' di frescura e tenere lontani i forti raggi del sole: la luce che filtrava tra di esse bastava a creare una penombra rossiccia attraverso la quale Andrada riusciva appena a scorgere le isole scure e solitarie dei mobili e, con precisione di poco superiore, la figura della sua migliore amica seduta sul divano accanto a lei, mentre i loro mariti stavano chissà dove nelle viscere del Palazzo a patire il caldo a loro volta e a discutere dell'imminente apertura di una nuova filiale della loro Banca. Entrambe indossavano solamente delle sottovesti leggere perché non sarebbero mai riuscite a sopportare il fastidio di un corsetto incollato dal sudore alla pelle. Era da anni che non si vedeva un'estate tanto calda e secca e si cominciava già a temere una siccità. -Come ti senti?- chiese all'amica notando che aveva il viso ricoperto da strane macchie rosse e i capelli appiccicati sul collo. Quella stessa mattina durante la colazione Selene aveva infatti avuto un forte attacco di nausea che aveva preoccupato parecchio lei e Lorenzo. -Te l'avrò ripetuto un milione di volte. Sto bene, non preoccuparti. Devo aver mangiato qualcosa di guasto perché sono giorni che ho questa maledetta nausea. Passerà appena avrò eliminato tutto dallo stomaco.- rispose lei rassicurante ma non senza un velo di esasperazione nella voce. Andrada, però, continuava a pensare che ci fosse qualcosa di strano in sua sorella, non solo le nausee. Aveva, infatti, notato che mangiava con sempre maggiore appetito e poi che, nonostante fosse in genere una persone particolarmente mattiniera, ultimamente aveva sempre sonno. Proprio mentre rifletteva su ciò ebbe un lampo di genio e si rimproverò per non averci pensato prima. Era così ovvio: Selene doveva essere incinta! Non appena quella idea si fu formata nella sua mente, divenne certezza. Ma la gioia estrema per tale certezza si dissipò in fretta, sostituita dall'incredulità e l'indignazione per il fatto che la sua migliore amica non le avesse ancora detto niente. Le emozioni si alternarono in modo frenetico sul volto della giovane, senza che lei facesse alcuno sforzo per celarle; la semioscurità fu, però, dalla sua parte: Selene non si accorse di nulla e anzi sembrò interpretare il silenzio dell'amica come semplice preoccupazione. Alla fine Andrada concluse che se non le aveva ancora detto nulla doveva avere un buon motivo o che addirittura non lo avesse ancora capito lei stessa e decise di non metterle pressione. -Allora... stasera, quando non farà più così dannatamente caldo, possiamo fare una lezione di equitazione?- domandò Selene con entusiasmo, dandole la conferma di aver interpretato il suo silenzio in modo sbagliato, decisa a dimostrarle di stare bene. -Non so se sia il caso...- fu la risposta incerta di Andrada. L'amica stava per controbattere qualcosa ma venne interrotta dalla voce di Cosimo: stava gridando alla servitù di far chiamare un frate guaritore immediatamente. Le ragazze si guardarono spaventate negli occhi per un solo istante poi corsero nello studio di del maggiore dei Medici da dove provenivano le voci concitate dei due fratelli. Andrada entrò di slancio nella stanza e la prima cosa che vide furono le schegge di un bicchiere di cristallo rotto e il liquido rosso, da esso fuoriuscito, che macchiava il candido tappeto persiano steso per terra, creando un terribile contrasto come di sangue su una pelle chiara. Solo in un secondo momento, in un vortice sempre più caotico di emozioni e sensazioni, vide il corpo di Giovanni de' Medici buttato in una posizione innaturale per terra. Avrebbe potuto pensare che stesse dormendo ma gli occhi spalancati e vitrei rivelavano la verità: era morto. Accanto a lui c'era Lorenzo in ginocchio con gli occhi lucidi di pianto e vicino a quest'ultimo un secondo bicchiere di vino, intatto. Cosimo stava uscendo dalla stanza quando lei vi entrò e per poco non si scontrarono, era pallido come un cencio e aveva gli occhi sgranati per la paura. Sua moglie sentì una fitta al cuore nel vederlo così ma resistette all'impulso di gettarsi tra le sue braccia per consolarlo, in quel momento servivano nervi saldi. -Lascia perdere i servi, vado io: farò molto più in fretta!- gli disse e, senza aspettare una risposta, corse verso le stalle. Era certa che per Giovanni non ci fosse più nulla da fare ma capiva come Cosimo non volesse lasciare nulla di intentato o non volesse crederci, poi con un guaritore non avrebbero avuto troppi problemi a dichiarare il decesso. -Aspetta voglio venire con te!- a parlare era stata Selene. Andrada non si era accorta che l'amica l'aveva seguita ma sapeva di doverle impedire di cavalcare nelle sue condizioni, aveva già avuto troppo stress per un giorno solo, e poi in ogni caso non era ancora pronta a sostenere il galoppo. Decise di darle questo motivo per il proprio rifiuto. -No. Mi rallenteresti soltanto, non sei ancora pienamente capace.- disse senza guardarla in faccia perché era stata troppo dura nel pronunciare quelle parole e sapeva di aver ferito i delicati sentimenti di Selene ma era l'unico modo per impedirle di continuare a insistere. Più tardi le avrebbe chiesto scusa e si sarebbe fatta perdonare ma per il momento aveva fretta ed era più importante tenere al sicuro lei e il figlio che portava in grembo che farsi scrupoli per essere delicata. Si diresse, quindi, in fretta alle stalle dove, senza perdere tempo a sellarla, prese Aurora e partì al galoppo. Poco più di un quarto d'ora dopo era già di ritorno dal convento più vicino con un frate domenicano, versatile nelle arti mediche, al seguito. La situazione al Palazzo era mutata ben poco da come l'aveva lasciata: i due uomini avevano spostato il corpo di Giovanni sul suo letto e Piccarda piangeva e si lamentava rumorosamente al suo capezzale mentre Cosimo e Lorenzo parlavano fittamente con uno speziale, mostrandogli una bottiglia di vino pregiato. Selene stava in un angolo e guardava con un misto tra tristezza e disgusto sua suocera che dava spettacolo in quella maniera. Appena li vide entrare al seguito di Michela, Cosimo si diresse verso di loro -Non saresti dovuta andare. Sono stato in ansia per la tua incolumità ogni istante.- le disse con furore ma nel suo sguardo intenso leggeva gratitudine. -So badare a me stessa. Hai solo sprecato energie che avresti potuto utilizzare benissimo in un modo più fruttuoso. Ti lascio con fra' Sebastiano.- rispose in fretta per poi andare a raggiungere Selene in un angolo per non ostacolare il lavoro del guaritore. -Scusami per prima, non avrei dovuto essere così brusca.- sussurrò all'amica quando le fu accanto accarezzandole il braccio. -No, tranquilla. Avevi ragione tu. Ho sempre paura che tu prima o poi ti renda conto che io non sono alla tua altezza e che smetta di volermi bene per questo sono sempre così incerta.- le rispose a sua volta con lo sguardo triste. Andrada non riusciva proprio a capire come potesse anche solo pensare ciò quindi si affrettò a consolarla e a spiegarle che nulla l'avrebbe mai potuta distogliere dall'amarla come una sorella. Poco più di un'ora dopo sul Palazzo era finalmente calato il silenzio. Il frate aveva dichiarato il decesso e offerto al cadavere di Giovanni l'estrema unzione, poi se ne era andato. Lo speziale aveva portato con sé una piccola quantità del vino per poterlo analizzare nella sua bottega e confermare loro che si era trattato di avvelenamento. Piccarda aveva smesso di compiangere suo marito da un pezzo e, dopo essersi lamentata con grande melodrammaticità di come sarebbe caduta in disgrazia nella sua stessa famiglia ora che non aveva più la difesa di suo marito contro le angherie della nuora popolana che tanto la odiava e dei suoi ingrati figli, aveva cacciato tutti dalle stanze patronali per poter rimanere sola a vegliare suo marito. Lorenzo, infine, si era ritirato in fretta e furia, probabilmente per non farsi vedere in quelle condizioni all'amata moglie ma questa l'aveva ben presto seguito. Cosimo era diventato il capo famiglia ora e aveva molti doveri che gli imponevano di superare il proprio dolore per la morte del padre e ora era tornato nel suo studio per organizzare il funerale. Andrada, rimasta sola, era in pena per suo marito e avrebbe tanto desiderato precipitarsi da lui per dargli tutto il conforto di cui era capace, ma non voleva disturbarlo. Il sole sarebbe presto tramontato e si avvicinava l'ora di cena ma nessuno aveva appetito quel giorno; la giovane nobildonna, dopo aver congedato la servitù, si affacciò alla balconata del salotto che solo poche ora prima era stato testimone delle risate e della spensieratezza delle due amiche e guardò degli uccelli neri volare nel cielo sfumato di rosa immaginando che anche l'anima di Giovanni fosse libera di volare via lontana dai dolori e dalle preoccupazioni della vita proprio come loro.

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I Medici
FanfictionSelene Salviati e Andrada de' Albizzi non potrebbero essere più diverse: popolana l'una, nobile l'altra; fragile e ingenua l'una, forte e coraggiosa l'altra. Eppure le loro vite saranno destinate a incrociarsi quando entrambe entreranno in contatto...