POV: GIOVANNI
Le risate cariche di allegria giunsero inaspettate alle orecchie di Giovanni. Il fondatore del banco dei Medici, assorto nei propri pensieri, stava passeggiando su uno dei portici rialzati del Palazzo e, quando si voltò per cercare di capire a chi appartenessero quelle voci spensierate, notò i suoi due figli, Cosimo e Lorenzo, che stavano ridendo e scherzando felici in compagnia delle loro mogli e di due dei cagnolini che vivevano nel grande giardino. Si fermò ad osservarli, nascosto dietro una colonna. Erano passate ormai più di due settimane dal matrimonio e se con il maggiore dei figli aveva ricominciato ad avere il rapporto normale che c'era anche prima del litigio che avevano avuto alla vigilia delle nozze, Lorenzo sembrava fermamente intenzionato a non prendere più in considerazione nè lui nè tantomeno Piccarda e gli rivolgeva la parola solo se strettamente necessario. Giovanni de' Medici era sempre stato un uomo cinico e spregiudicato e un padre severo, d'altronde aveva fondato un impero dal nulla, ma nel profondo del suo cuore non poteva negare di amare incondizionatamente i propri figli e, mentre li osservava felici e spensierati in compagnia di Andrada e Selene, capì, come aveva sempre sospettato, che in fin dei conti aveva fatto la cosa giusta acconsentendo alle nozze fra Lorenzo e la giovane Salviati. Anche se non si poteva dire propriamente che le volesse bene si era accorto di quanto lei avesse stravolto in positivo la vita del suo figlio minore e di questo non poteva che esserle grato, anche se non glielo avrebbe mai detto.
Il pomeriggio di quello stesso giorno il patriarca della famiglia dei Medici si avviò insieme a Cosimo, Lorenzo, Marco Bello e altre due guardie verso Piazza della Signoria. Erano giornate concitate e c'erano importanti decisioni diplomatiche da prendere e le riunioni dell'organismo principale della Repubblica erano sempre più frequenti. Quando i tre Medici, dopo aver congedato le guardie, varcarono il portone d'ingresso di Palazzo Vecchio si ritrovarono nella grande stanza dove giornalmente i Dieci di Balia con il loro potere legislativo ed esecutivo decidevano il futuro della città, Giovanni, che era uno dei Dieci, capì da subito che la situazione non era cambiata. Dalle prime riunioni dopo il matrimonio infatti si era accorto che tutti i nobili e i potenti non lo guardavano più con il rispetto di una volta e, anche se formalmente dimostravano sempre la solita adulazione nei confronti del banchiere del Papa, li aveva sentiti spesso parlare fra di loro, li aveva visti abbassare lo sguardo quando lui si avvicinava o, peggio ancora, quando a passare loro vicino era Lorenzo. Era chiaro che l'argomento di quelle conversazioni e la causa di quei comportamenti strani fosse Selene: persone come Niccolò Barbadori o Palla Strozzi, così come chiunque altro appartenesse alle famiglie più potenti e importanti di Firenze, non riuscivano a capacitarsi di come egli avesse potuto acconsentire così tranquillamente a far sposare uno dei propri figli con la più insignificante delle popolane. "È una ragazza di una bellezza veramente celestiale, ma non ha altri meriti. Suo fratello è stato in prigione per un periodo perchè rubava il cibo nelle locande. È una povera insignificante, non capisco come tu abbia potuto sopportare l'affronto che ti ha fatto Medici nel farla sposare con suo figlio lo stesso giorno in cui la tua deliziosa nipote si è unita in matrimonio con Cosimo!" Stava dicendo Palla Strozzi a Rinaldo de' Albizzi. Quest'ultimo era compiaciuto e soddisfatto per l'appoggio degli altri membri della Repubblica e si limitava ad annuire con drammaticità mentre gli Otto della Guardia che, guidati dal Gonfaloniere di Giustizia, avevano il potere giurisdizionale discutevano animatamente tra loro della questione. Quando si accorsero dell'arrivo dei Medici si zittirono quasi all'unisono e, dopo averli salutati, cambiarono velocemente argomento. Lorenzo però non era affatto il tipo di persona che lasciava correre e quelle poche parole che aveva sentito su sua moglie sarebbero bastate per fargli perdere il controllo se Cosimo, previdente, non gli avesse appoggiato una mano sul braccio dicendogli "Non fare una scenata fratello, non ne vale la pena." Anche lui però si stava innervosendo e i suoi occhi avevano assunto quell'espressione glaciale che non prometteva mai nulla di buono. Il tentativo del maggiore dei due fratelli in realtà servì a ben poco: Lorenzo non avrebbe permesso che continuassero a parlare di Selene e per giunta in modo sempre più sfacciato, ed era già pronto ad intervenire e a sfogare tutta la sua rabbia quando, del tutto inaspettatamente, la voce austera di Giovanni risuonò nella grande sala. "Adesso basta! Fate silenzio, tutti!" Gridò. I membri della Repubblica ammutolirono in preda allo stupore. Il fondatore del banco dei Medici si diresse al centro della stanza e li guardò freddamente negli occhi, uno per uno. "Questa storia deve avere termine ora. Non sopporterò un'altra parola sulla moglie di mio figlio. Credete che non me ne sia accorto? So benissimo quello che pensate di lei. La sua presenza nella mia famiglia vi turba al punto che è diventata l'argomento principale delle vostre indegne conversazioni? Bene, vi svelo un segreto: fa parte della mia famiglia, non della vostra. Non vi riguarda minimamente. L'ho scelta io, nel pieno delle mie facoltà e delle mie libertà personali. L'ho scelta come moglie di mio figlio Lorenzo e a voi non resta che accettarlo e smettere di pensarci. Non voglio più sentirvi parlare di lei nel modo in cui lo fate, non dovete più chiamarla Selene Salviati ma Selene de' Medici e se la incontrerete la saluterete con il rispetto che meritano i membri della mia famiglia e non vi metterete a sussurrare fra di voi. C'è bisogno che vi ricordi la mia storia? Mio padre era un mercante di lana eppure voi mi trattate con devozione e rispetto. Voglio che facciate la stessa cosa nei confronti di Selene. Ho costruito un impero, ho dato un senso al mio nome, sono uno dei Dieci di Balia. Pretendo che i membri della mia famiglia vengano trattati nel modo in cui meritano. Sono stato abbastanza chiaro?" Continuò. Il silenzio che avvolse la sala era carico di tensione. I membri della Repubblica si guardarono fra di loro, incapaci di aprire bocca e pieni di vergogna. Cosimo e Lorenzo, esterrefatti, si scambiarono un'occhiata sconcertata: mai avrebbero potuto immaginare che Giovanni si sarebbe lanciato in una strenua difesa di Selene davanti ai membri delle più importanti famiglie fiorentine dopo l'estrema opposizione che aveva portato avanti contro l'idea di quelle nozze. "Dal momento in cui Andrada de' Albizzi e Selene Salviati sono state unite in matrimonio ai miei due eredi dalla massima autorità ecclesiastica, Sua Santità il Papa, tutte le differenze di ceto e classe sociale fra di loro sono svanite. Non voglio trovarmi nella situazione di dover ripetere questo discorso mai più, perchè potrei non reagire con la calma che ho dimostrato oggi." Concluse Giovanni, indugiando un po' più a lungo con lo sguardo su Rinaldo. "Credo che tu sia stato eccezionalmente chiaro, mio caro Giovanni. Nessuno dei qui presenti signori oserà mai più parlare male di tua figlia, te lo garantisco io. Nessuno." Disse Niccolò Uzzano, rompendo il silenzio. Egli era il più rispettato dei Dieci di Balia, un vecchio saggio e imparziale appartenente a una ricca famiglia che possedeva un bellissimo castello nella campagna fiorentina. Si avvicinò a Giovanni e, appoggiandogli una mano sulla spalla, squadrò con severità i suoi colleghi. "O sbaglio?" Chiese loro. Un coro di imbarazzati "no" si levò finalmente dal gruppo. Alcuni si avvicinarono a Giovanni e gli porsero le proprie scuse stringendo la mano a lui e a Lorenzo. Altri, come Andrea Pazzi e Rinaldo de' Albizzi, preferirono restare in disparte. Cosimo, consapevole dell'impulsività del fratello, lo spinse via da Palla Strozzi che si stava avvicinando e gli strinse lui la mano per evitare che Lorenzo prendesse a pugni l'uomo che aveva definito sua moglie "una povera insignificante". Il gesto provocò ilarità fra i due e smorzò la tensione. Gli occhi di Lorenzo incrociarono per un secondo quelli di suo padre. "Ricordami di ringraziarlo dopo." Sussurrò all'orecchio di Cosimo. "Contaci." Gli rispose lui stringendo la mano a uno degli Otto della Guardia. Poi la Signoria, guidata da messer Guadagni, che presiedeva tutte le sedute, tornò alla sua solita vita.
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I Medici
FanfictionSelene Salviati e Andrada de' Albizzi non potrebbero essere più diverse: popolana l'una, nobile l'altra; fragile e ingenua l'una, forte e coraggiosa l'altra. Eppure le loro vite saranno destinate a incrociarsi quando entrambe entreranno in contatto...