POV: SELENE
Quando Selene e Andrada intravidero da lontano le luci dell'accampamento di Fiesole capirono di avercela fatta. La distanza da Firenze non era molta ma avevano cavalcato a lungo e lentamente e si erano spesso fermate per riposarsi, in preda all'affanno e alla fatica. "Siamo arrivate!" Esclamò la moglie di Cosimo tirando le redini di Aurora. Si voltò e sorrise a sua sorella. Erano stanche, ma felici. La mezzanotte era passata da un pezzo e la luna splendeva alta nel cielo. Selene alzò gli occhi verso di essa e la sua luce cristallina le illuminò il volto. Sorrise impercettibilmente al grande astro di cui portava il nome e sentì tutta l'ansia che fino a quel momento le aveva pervaso il cuore sciogliersi per lasciare il posto a una timorosa e remota forma di gioia. Andrada si chinò in avanti e stampò un dolce bacio sulla criniera di Aurora. "Sei un'amica affidabile e preziosa! Non avevo dubbi che riuscissi a portare a termine il tuo lavoro, grazie!" Le disse in preda all'eccitazione, poi si tirò su e si volse a guardare l'altra. "Bene, ora andiamo. E' notte fonda e fa molto freddo e questa zona è scoperta e pericolosa, dobbiamo entrare nell'accampamento il prima possibile" le disse. Selene annuì ma non fecero in tempo a muoversi che un fascio di luce accecante le travolse. "Fermi dove siete! Non muovete un passo in avanti o porterò le vostre teste ai signori di Firenze!" Gridò una voce maschile davanti a loro. Aurora scalciò e nitrì, nervosa. L'uomo che aveva parlato doveva essere una delle guardie poste a presidio dell'accampamento. "Chi siete?" Chiese un'altra voce, poco distante dalla prima. Andrada tentò di calmare Selene che sentiva tremare dietro di sè e contemporaneamente Aurora, tirandone le redini. "Shhh, calmatevi. Sono solo i soldati di vedetta, non appena ci riconosceranno ci lasceranno andare anzi...ci accompagneranno dai nostri mariti." Disse. Poi, togliendosi velocemente il cappuccio del mantello, alzò gli occhi direttamente in direzione del fascio di luce. Quattro guardie, grandi e muscolose, impugnavano altrettante spade, dritte di fronte alle giovani donne. Una di loro teneva in mano anche una fiaccola che illuminava a giorno l'area circostante. "Sono Andrada de' Medici, moglie di Cosimo e nipote di Rinaldo de' Albizzi. E lei è mia sorella Selene de' Medici, moglie di Lorenzo. Se proverete ad alzare un dito contro di noi o contro la mia cavalla credo che i nostri mariti non la prenderanno molto bene." Sentenziò in tono deciso. Le guardie si gettarono occhiate sconvolte, poi osservarono meglio le due donne. Selene e Andrada, sospettose, analizzavano i loro comportamenti. "Allora?" Chiese dopo alcuni secondi di silenzio la moglie di Cosimo. A quel punto la guardia che teneva la fiaccola si fece lentamente avanti nell'oscurità, deponendo a terra la spada. "Madonne, il nostro comportamento è imperdonabile...vi porgo a nome mio e dei miei colleghi le più sentite scuse, mi vergogno davvero per ciò che abbiamo fatto ma di certo, se può valere anche solo minimamente come scusante, non ci aspettavamo il vostro arrivo. Imploriamo perdono." Disse abbassando il capo e inchinandosi di fronte ad Andrada, membro di una delle famiglie più nobili di Firenze. Gli altri, dietro di lui, lo imitarono sconvolti. "Non preoccuparti, stai compiendo il tuo dovere, difendendo i tuoi signori. Avresti dovuto chiedere scusa a loro se ci avessi lasciato passare tranquillamente." Lo rassicurò la moglie del dittatore, sollevata, invitandolo ad alzarsi. "Aiutateci a scendere da cavallo e prendetevi cura di lei, ha portato due donne non esattamente magre da Firenze a Fiesole senza battere ciglio!" Aggiunse poi la giovane aristocratica, suscitando un moto di ilarità in sua sorella e degli accennati sorrisi nei soldati, che smorzarono la tensione. "Certamente, Madonna. Aiutatemi, voi!" Rispose subito dopo la guardia rivolgendosi poi ai suoi colleghi. Immediatamente due di loro gli si avvicinarono e, dopo che ebbero aiutato le donne a scendere dal dorso di Aurora, il più giovane prese le redini della cavalla e assicurò ad Andrada che l'avrebbe rifocillata e ristorata poi, dopo che la padrona ebbe salutato con un'altra carezza l'animale, si allontanò. "Siete giunte fin qui da sole, mie Signore?" Chiese la guardia della fiaccola. "Sì." Fu la secca risposta di Selene che, dopo essersi ripresa dallo spavento iniziale, era tornata in sè. Il suo tono convinse l'uomo che non era il caso di fare ulteriori domande. Al loro passaggio le altre due guardie sollevarono le lance e le due donne poterono così finalmente entrare nell'accampamento. La sua grandezza tolse loro il fiato. Era una distesa di tende di svariate dimensioni che sembrava non avere fine. Nell'oscurità della notte esse apparivano come grandi ombre scure che si ergevano su un prato umido. Ormai il silenzio era tombale e soltanto sporadicamente si vedeva qualche luce ingrandirsi e poi rimpicciolirsi al passaggio dei soldati che, svolgendo il loro turno di guardia, controllavano che non ci fossero nemici nei paraggi. "Le tende dei vostri mariti sono da questa parte, Madonne." Disse la guardia guidando Andrada e Selene verso la parte sinistra dell'accampamento. Le due amiche erano ammutolite e si tenevano per mano. Quel luogo le spaventava e inoltre, ora che tutta l'adrenalina era scomparsa, iniziavano a rendersi conto con lucidità che Cosimo e Lorenzo ma anche Marco Bello e Rinaldo non avrebbero di certo preso bene la notizia del pericolo a cui si erano volontariamente sottoposte. La zona dell'accampamento dove sorgevano le tende dei Signori della Repubblica di Firenze era la più presidiata di tutte: decine e decine di soldati si aggiravano davanti le entrate e, attraverso i velari, si vedevano molte luci accese nonostante l'ora tarda, segno che in tanti stavano ancora lavorando e progettando le strategie di guerra migliori. La guardia che le accompagnava si avvicinò a cinque giovani soldati che lo salutarono mettendosi sull'attenti e sussurrò loro qualcosa. I ragazzi strabuzzarono gli occhi non appena ebbero sentito ciò che il superiore in grado aveva da dire e dalle espressioni stupite con le quali guardarono Andrada e Selene le giovani capirono che erano appena stati informati circa la loro identità. Mentre tre di essi si incamminarono immediatamente dopo essere stati richiamati dalla guardia, i restanti due si avvicinarono alle matrone e si inchinarono devotamente, salutando la moglie di Cosimo in un modo che le incuriosì ma allo stesso tempo le spaventò. "Madonna de' Medici, Vostra Eccellenza". Dissero infatti. Andrada non ebbe però il tempo di chiedere spiegazioni per quello strano titolo perchè sentì dietro di lei la voce che più amava ascoltare e che ormai da troppi giorni non sentiva più. "Andrada! Selene! Che cosa diavolo ci fate qui?" Stava infatti esclamando uno sconvolto Cosimo. Le due ragazze si voltarono verso di lui. Era giunto non appena le sue guardie l'avevano chiamato: nonostante fosse notte fonda non era ancora andato a dormire. "Cosimo..." sussurrò Andrada con gli occhi lucidi, poi tentò di avvicinarsi a suo marito e di abbracciarlo. Il giovane rispose impacciatamente alla stretta della moglie ma quando quest'ultima lo lasciò andare la sua espressione, glaciale come ogni volta in cui si arrabbiava, non era minimamente cambiata. "Ditemi che c'è stato un equivoco e che voi due, le mogli degli eredi della dinastia Medici, entrambe in attesa di importanti discendenti, non avete lasciato di nascosto il Palazzo e non siete giunte all'accampamento DA SOLE sul dorso di un cavallo!" Sentenziò con quella freddezza che spaventava da sempre tutti. "Cosimo...non avevamo vostre notizie da settimane! L'ansia ci stava lacerando!" Esclamò la ragazza tentando di sostenere lo sguardo del marito. Il dittatore non disse una parola e per lunghi angoscianti minuti spostò lo sguardo dall'una all'altra. "Stai bene?" Chiese poi ad Andrada. "Tu e il bambino state bene?" Ribadì prima che lei potesse rispondere. La ragazza fece cenno di sì con il capo. Cosimo allora si avvicinò a Selene. "E tu, sorella? Stai bene?" Le chiese gettando uno sguardo preoccupato al suo ventre prominente. "Sì, Cosimo. Non preoccuparti..." rispose la giovane. Lui annuì e la guardò per alcuni istanti con un misto di glacialità e, in fondo, di sollievo. Poi, senza dire una parola, si voltò, afferrò la mano di Andrada e la condusse con sè in un luogo più intimo. Selene restò a guardarli: conosceva bene entrambi e immaginava che entro pochissimo tempo furiose grida avrebbero svegliato tutto l'accampamento. Non si sbagliava. I due sposi cominciarono a litigare con sempre più rabbia: Cosimo non riusciva a capacitarsi di come loro due si fossero potute mettere in un così grande pericolo. "Pensavo che fossi una persona intelligente Andrada! Come diavolo avete anche solo pensato a quest' idea stupida e irresponsabi..." il giovane Medici però non riuscì a terminare la frase perchè sua moglie lo colpì con un violento schiaffo. Selene non riuscì a trattenersi dal ridere, ripensando alla prima volta in cui i due si erano incontrati, quando era successa esattamente la stessa cosa, e la sua ilarità aumentò a dismisura quando Cosimo, dopo essersi ripreso dalla sorpresa, afferrò il volto di sua moglie e la baciò con foga. "Non ci trovo proprio niente da ridere!" Sibilò improvvisamente una voce profonda alle spalle della ragazza. Selene la riconobbe immediatamente come quella di Lorenzo: avrebbe individuato la sua voce fra mille altre. Si voltò lentamente e quando, dopo giorni, incontrò di nuovo gli occhi di suo marito sentì una sensazione di gioia potente invaderle tutto il corpo. "Lorenzo...finalmente!" Mormorò, sconvolta da troppe emozioni e sensazioni. Tutta l'ansia accumulata dal momento in cui aveva deciso insieme a sua sorella di compiere quel viaggio e tutta la preoccupazione dovuta ai pericoli e alle difficoltà che avrebbero potuto incontrare scomparvero immediatamente, come se la presenza del suo Lorenzo avesse funzionato da calmante. Non lo vedeva, non lo sfiorava, non lo ascoltava parlare da troppi giorni e ora lui era lì, davanti a lei, reale, concreto, vivo. Avrebbe voluto gettargli le braccia al collo e non lasciarlo più, avrebbe voluto fare l'amore con lui con dolcezza e passione per giorni interi, avrebbe voluto appartenergli con ogni suo gemito e ogni parte del suo corpo e della sua anima. Aveva bisogno di sentirlo dentro di sè, per sè. L'espressione dell'uomo però, nonostante fosse evidente dagli occhi rossi e impastati e dai capelli arruffati che non era affatto resistente come suo fratello e che quando la guardia l'aveva svegliato già da qualche ora correva in mezzo alle nuvole in compagnia di Morfeo, non lasciava spazio a dubbi. Era arrabbiato, era profondamente arrabbiato. "Tu sei pazza, sei fuori di testa. Tu...tu..." Lorenzo non riusciva neanche a trovare le parole per esprimere la sua ira ma, soprattutto, la sua preoccupazione. "Lorenzo lasciami spiegare...io, noi in realtà...volevamo solo assicurarci che voi steste bene, non abbiamo più avuto vostre notizie da quando siete partiti, non avete risposto alle nostre lettere..." tentò di dire la ragazza ma lui la prese per mano e la condusse con calma ma con decisione all'interno della tenda più vicina. Era abbastanza grande e, per loro fortuna, vuota ma Selene aveva il sospetto che, se ci fosse stato qualcuno, Lorenzo l'avrebbe cacciato via bruscamente senza troppe cerimonie. Tre torce illuminavano una brandina disordinata, un tavolino con una sedia pieno di fogli, documenti e pennini con le loro boccette d'inchiostro, e un'armatura da battaglia, la cui vista fece rabbrividire Selene, appoggiata su un armadio in legno aperto. Per terra erano sparsi scarpe e qualche abito. La giovane si guardò velocemente intorno e poi tornò a fissare suo marito che nel frattempo aveva ripreso a parlare. "Non abbiamo potuto scrivervi perchè la zona qui intorno è pericolosissima e controllata, le spie di da' Polenta e di Nobili hanno ucciso il terzo giorno gli attendenti che avevamo spedito in città con delle lettere per voi! Le vostre non le abbiamo mai ricevute, chissà da chi sono state intercettate! Questo ti aiuta a capire in che razza di situazione tu e quell'altra pazza di mia sorella vi siete messe?" Sbottò infatti. Selene si sentì ferita dall'atteggiamento del marito, lo guardò con espressione arrabbiata e non ci mise molto ad abbandonare il tono supplichevole di poco prima. "Ma noi che cosa potevamo saperne? Ti rendi conto anche tu che eravamo chiuse in quel maledetto Palazzo da giorni interi! Incinte entrambe, con i nostri mariti e i nostri parenti più stretti lontani da noi e una guerra contro la nostra città e, ammettilo, contro la nostra famiglia in pieno corso! Cosa dovevamo fare? Restarcene con le mani in mano a cucire vestitini per i nostri bambini mentre i nostri mariti si facevano ammazzare? Fidati, nè a nostro figlio nè al figlio di Cosimo e Andrada serviranno stupide copertine ricamate se nasceranno già orfani di padre!" Gridò la ragazza. Lorenzo restò colpito dal suo atteggiamento: quello era il loro primo vero litigio. Ma la amava troppo e per un solo secondo, quando la guardia che l'aveva svegliato aveva fatto il suo nome, aveva avuto la certezza di averla persa. Avrebbe dato via un braccio se questo fosse servito in qualche modo a farle capire quanto si era sentito male al solo pensiero della sua morte. Non poteva vivere senza di lei. Non poteva neanche pensare di riuscire a respirare senza la certezza che la sua pelle delicata, il suo sorriso dolce, i suoi morbidi capelli e i suoi profondi occhi verdi lo avrebbero sempre accolto. Selene era il senso della sua vita, era il suo sole. Come poteva essere stata così irresponsabile? Proprio non riusciva a capirlo. "Dannazione!" Esclamò. "Meglio orfani di padre che sgozzati prima ancora di nascere!" Urlò ancora, ormai fuori di sè. Non voleva ferire sua moglie ma non riusciva a controllare la rabbia. Selene lo guardò in modo truce. "Sei stata così egoista da pensare che Cosimo ed io non avessimo interesse nel rispondervi? Che a tuo fratello e allo zio di Andrada non importasse nulla di farvi sapere come stavano? Non hai pensato neanche per un maledetto secondo che anche voi foste il fulcro dei pensieri di tutti noi e che non vi facessimo sapere nulla per qualche altro motivo?" Lorenzo ormai era fuori di sè, gridava fissando gli occhi e il volto esterrefatto di sua moglie e si sentiva il cuore esplodere nel petto. "Tu hai messo a repentaglio la vita di mio figlio!" Urlò con quanto fiato aveva in gola. Gli occhi di Selene fiammeggiarono implacabili. "E' anche mio figlio, Lorenzo! O pensi che qualsiasi decisione riguardo la sua vita spetti soltanto a te? Non hai sposato una donna che resterà seduta tutta la vita ad aspettare gli ordini di suo marito, te lo posso assicurare!" Rispose. Lorenzo la osservò per alcuni lunghi istanti. La amava, la amava troppo per riuscire a continuare a urlarle addosso. Aveva solo voglia di stringerla fra le sue braccia, di sentirla sua. Si avvicinò di un passo all'amore della sua vita. "E la tua vita. Hai messo a repentaglio la tua vita..." sussurrò con un tono completamente diverso, sconvolto, impaurito, turbato. Selene fece un lungo sospiro. "Lorenzo...se in questa situazione qualcuno è stato egoista non siamo state di certo Andrada ed io...come al solito voi non fate altro che pensare soltanto ai vostri maledetti interessi! "Oh...mio Dio! Tu hai rischiato di morire, come avrei fatto io senza di te? Cosa avrei fatto io se ti fosse successo qualcosa? Come sarebbe stata la mia vita se voi non foste giunte qui sane e salve?"...siete voi gli egoisti qui! Credi che non fossi consapevole di poter morire stanotte? Oh fidati Lorenzo...ne ero profondamente consapevole! Ogni fruscio che percepivo mi sembrava il mantello di una spia di Lucca o peggio di Ravenna che sfiorava le foglie secche, ogni alito di vento il sibilo di una freccia, sono morta di paura! Ma non potevo restare chiusa a Palazzo, fattene una ragione! Rifarei quello che ho fatto mille altre volte perchè ora sei qui davanti a me, so che stai bene e posso toccarti con le mie mani! Ne è valsa la pena! Perchè non sei il solo fra noi due che ha temuto di perdere l'altro! Ma tu non lo capisci questo vero, messer Medici?" Disse con gli occhi lucidi ma ancora accesi. Lorenzo si avvicinò al tavolino, appoggiandoci sopra le mani e dandole le spalle. Chiuse gli occhi. "Io ti amo. Ti amo in un modo che non so neanche descriverti. Sì, è vero, ho pensato a come sarebbe stata la mia vita senza di te, forse sono stato egoista. Ma l'amore rende egoisti, Selene. Il mio amore per te mi rende egoista perchè forse tu ancora non l'hai capito ma ormai sei una parte di me...una parte che prima non avevo, è vero. Ma fidati, ora che so cos'è l'amore, ora che so quello che tu rappresenti per me...non potrei vivere senza." Disse piano. Poi si voltò. "Ti prego, cerca di capire questo. Ora che andrò a Lucca sarò ancora più lontano e non potrò camminare o respirare o parlare o dirigere le azioni di guerra se ho anche solo il minimo timore che tu e il bambino possiate rischiare qualcosa...già non sono tranquillo se non ti ho accanto a me, se non posso proteggerti personalmente, se non posso vederti con i miei occhi amore mio...come potrei non preoccuparmi se so che nel cuore della notte prendi un cavallo e affronti pericoli mortali per venire da me?" Mentre parlava le si era avvicinato. Lentamente le poggiò le mani sul volto e la accarezzò. Lei chiuse gli occhi e non lo scacciò. "Andrai...a Lucca?" Chiese con voce tremante, consapevole di non aver frainteso le parole del marito. Lorenzo si rese conto solo in quel momento che lei ancora non sapeva nulla. "Devo andare amore...purtroppo Nobili vuole spostare lì la guerra per liberare più facilmente la città. Cosimo è stato nominato dittatore con poteri straordinari e tornerà a Firenze, non può fare altrimenti..." Quando lei riaprì gli occhi stava piangendo. "Non andare...ti prego Lorenzo...io neanche posso vivere senza di te..." Lui non disse niente, solo la abbracciò forte e la strinse al suo petto. "Non posso ignorare i doveri che ho nei confronti della mia famiglia e della mia città..." mormorò. Selene si staccò a fatica dall'abbraccio, con gli occhi gonfi. "Siamo noi la tua famiglia" sussurrò prendendo la mano di suo marito e appoggiandosela sul ventre. Il bambino si mosse proprio in quel momento e Lorenzo avvertì tutta l'energia e la potenza di quella magia vitale. "Ti giuro che starò attento, ti giuro che tornerò da te. Da voi." Sussurrò appoggiando la sua fronte su quella della moglie. Poi la baciò con tenerezza e trasporto. La baciò a lungo e lei si lasciò andare a quel contatto. Quando finalmente si staccarono restarono fermi, in silenzio e stretti l'uno all'altra fin quando Marco Bello non entrò quasi correndo nella tenda. "Selene...cosa ti è saltato in mente? Come stai?" Gridò. Era stravolto e arrabbiato ma, vedendo l'espressione della sua sorellina, si calmò e la abbracciò forte: ormai era lì e l'unica cosa importante era che stesse bene. "Marco, sei vivo..." sussurrò lei. Sapeva che suo fratello combatteva in prima linea e l'angoscia per lui l'aveva lacerata durante quelle settimane più di qualsiasi altra cosa: aveva temuto ogni istante anche per Lorenzo e Cosimo ma sapeva anche che loro due, non combattendo, rischiavano molto meno. "Certo che sono vivo, non potrei mai morire senza averti prima salutato mia piccola Luna!" Sussurrò lui. Selene si staccò dall'abbraccio abbozzando un lieve sorriso ma restando comunque stretta a suo fratello: non disse nulla e dovette mordersi la lingua per non farlo ma non avrebbe mai accettato la morte di Marco, neanche se lui avesse avuto tutto il tempo che potessero desiderare per salutarla. In quel momento l'entrata della tenda venne scostata leggermente. "Possiamo?" Chiese Cosimo. "Fratello, ma certo!" Gli rispose subito Lorenzo. Il maggiore dei due Medici entrò insieme a sua moglie. Gli occhi di Andrada erano rossi di pianto ma lui le stava accarezzando i capelli e sembravano entrambi più tranquilli. "Siete state avventate e imprudenti nel venire qui. Ma sono contento di vedere che state entrambe bene." Disse Cosimo. Le due donne sorrisero. "Davvero." Aggiunse lui osservandole: i quattro Medici erano finalmente di nuovo tutti insieme. Dopo che ebbe salutato Selene e dopo che anche Lorenzo e Andrada si furono riuniti, Cosimo parlò di nuovo. "Ora però dovete andare. Vorrei con tutto il mio cuore che restaste con noi ma questo luogo è troppo pericoloso e voi avete già rischiato abbastanza, vi farò riaccompagnare a Firenze dai miei uomini migliori." Sentenziò. Andrada e Selene si guardarono sconcertate. Non avevano bisogno di parole per capirsi l'un l'altra e fu la moglie di Cosimo a prendere la parola per entrambe. "Ma cosa stai dicendo? Noi restiamo qui, almeno per stanotte. Abbiamo corso pericoli inimmaginabili per vedervi e non possiamo neanche fare l'amore? Non se ne parla!" Esclamò, provocando uno scoppio di risate che dissolse finalmente la tensione che si era accumulata nell'aria. Solo Cosimo si voltò con una smorfia a guardare sua moglie: "Come? Sei seria?" Le chiese, ricordando improvvisamente le confessioni che suo fratello gli aveva fatto su quanto Selene, nei primi mesi di gravidanza, fosse desiderosa di godere dei piaceri della carne. Lorenzo giunse infatti in aiuto a sua sorella. "Beh...Andrada non ha tutti i torti. E poi vorrei salutare Lorenzino, ho notato che sta crescendo molto in nostra assenza..." Disse rivolto al fratello maggiore, accennando al ventre prominente di sua moglie. Come tutti si aspettavano, Selene non lasciò passare quella frase a suo marito. Gli si avvicinò e lo fissò negli occhi con un'espressione che non ammetteva repliche. "MIO figlio non si chiamerà Lorenzino. Non voglio ripetertelo MAI più, Lorenzo de' Medici!" Esclamò, stando bene attenta a scandire le sillabe. Cosimo, Andrada e Marco Bello scoppiarono a ridere di nuovo e poi il dittatore, presa per mano sua moglie, convenne con suo fratello che lei e Selene avrebbero potuto passare la notte all'accampamento. "Domani mattina però tornerete a Palazzo!" Disse, e le due donne capirono che non era il caso di contraddirlo. Dopo essersi congedato dai fratelli, Lorenzo guidò Selene nella sua tenda. Non dissero nulla ma si goderono ogni istante di quella notte. Fu solo mentre si spogliava però, che la giovane si rese realmente conto di cosa significasse l'imminente partenza di suo marito: sapeva che l'unico vero obiettivo di Ostasio da' Polenta era Andrada e l'unico modo che lui aveva per arrivare concretamente a lei era uccidere Cosimo. Ma se Cosimo fosse tornato a Firenze Lorenzo sarebbe rimasto l'unico Medici facilmente raggiungibile per il signore di Ravenna sul campo di battaglia. La ragazza guardò intensamente negli occhi suo marito e dallo sguardo di lui capì che Lorenzo sapeva benissimo a cosa stava pensando. Fecero l'amore consapevoli nella profondità del proprio animo che sarebbe potuta essere l'ultima volta. Lui entrò dentro di lei con delicatezza e dolcezza, lei si avvinghiò a lui e nel vortice del piacere divennero una cosa sola con il buio della notte che li circondava e del futuro che li aspettava. Selene si addormentò solo all'alba, con gli occhi rigati di lacrime.
Angolo autrici:
Nella foto Andrada de' Medici.
E ora i 5 aggettivi di Cosimo: riflessivo ma allo stesso tempo anche passionale, responsabile, onesto, riservato.
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I Medici
FanfictionSelene Salviati e Andrada de' Albizzi non potrebbero essere più diverse: popolana l'una, nobile l'altra; fragile e ingenua l'una, forte e coraggiosa l'altra. Eppure le loro vite saranno destinate a incrociarsi quando entrambe entreranno in contatto...