"Agape"

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POV: LORENZO

Amava guardarli dormire. Nella diafana tranquillità delle prime luci del giorno, Lorenzo si destava sempre all'alba e trascorreva ore intere ad osservarli mentre riposavano, stretti l'uno al petto dell'altra, cullati dal ritmo regolare del loro respiro e dai sogni meravigliosi e segreti che scorrevano sotto le loro palpebre. Osservava la sua stessa anima, il suo stesso cuore. Cosimo era stupito dal fatto che non dovesse più svegliare suo fratello a cuscinate da quando il piccolo Lorenzo era nato. Il più giovane dei due fratelli Medici infatti ormai non riusciva più a dormire fino a tardi: era come se Morfeo lo lasciasse andare, per permettergli di ammirare il suo Sole alla luce tenue di Aurora. Era maturato. I suoi cambiamenti erano stati piccoli ma numerosi: stava crescendo grazie all'effetto potente di quella nuova e unica responsabilità. La prima volta in cui aveva preso in braccio suo figlio aveva visto riflesso il senso della vita in quei minuscoli occhi cangianti. L'aveva stretto al cuore, divorato dalla maestosità di quel sentimento divino. L'aveva stretto al cuore per non lasciarlo mai più fino a quando avesse vissuto. Immaginava, prima della nascita del bambino, che la paternità avrebbe stravolto la sua vita, cambiandone ogni prospettiva e ogni priorità, ma non credeva certo che fosse possibile provare un amore così semplice e allo stesso tempo così puro, così casto, così innocente. Quell'amore lo riempiva completamente, in ogni fessura della sua psiche. Avrebbe protetto quell'esserino minuscolo, dolce e indifeso da ogni male. Si sentiva capace di diventare più forte di un leone, più potente di Dio per sbranare chiunque avesse tentato di torcergli un solo capello. Quel bambino era sacro, era lo scrigno prezioso che racchiudeva tutta la commozione e tutto il coinvolgimento della sua anima. Era la sua migliore e forse unica vittoria, nulla avrebbe potuto eguagliarlo se non la creatura divina che gli dormiva accanto, appoggiandosi teneramente la sua minuscola manina sul cuore, per nutrirlo con il suo battito. Selene. Il timido chiarore dell'alba entrava tenue e soave dalle ampie finestre della stanza, disegnando sui suoi capelli castani dei riflessi ramati sfalsati nelle fantasie imposte ai raggi dai ricami delle tende di raso verdi. Quella ragazza gli aveva cambiato la vita, totalmente. L'amore che provava per lei era incomprensibile anche per lui. Lo affogava in un vortice di tenerezza, di passione, di follia. Lei era la sua follia, il centro gravitazionale del suo Universo. Non poteva immaginare la sua vita senza quella donna, perchè il solo pensiero lo faceva vacillare, le gambe iniziavano a tremargli, doveva sorreggersi per non cadere. Pregava tutte le sere affinchè lei stesse sempre bene, affinchè lei non dovesse soffrire mai più nella vita. Quando, dopo il parto, era entrato nella camera e l'aveva vista distrutta, sporca di sangue, vinta dalla fatica e dalla sofferenza, aveva dovuto fare leva su tutte le sue forze per controllarsi e per non crollare. Non sopportava l'idea che lei stesse male. Si sarebbe fatto torturare per lei, sarebbe sceso agli Inferi mille volte, avrebbe combattuto una lotta impari contro i demoni del passato, del presente e del futuro pur di allontanarla da qualsiasi pena, da qualsiasi dolore. Aveva sentito spesso parlare, durante la sua adolescenza, di Eros, Philos e Agape, le tre forme dell'amore e, paradossalmente, ne aveva sempre riso. Era suo fratello che gli raccontava dell'amore che divora, che vanifica il resto del mondo, che fa perdere importanza alle cose e che trascina in un vortice di voluttà, piacere supremo e sofferenza divina e lui lo aveva preso in giro per la sua romanticità. Invece ora era lì, che si sorreggeva la testa con un braccio steso di fianco su quel letto dove tante volte era diventato una cosa sola con sua moglie, dove le aveva asciugato le lacrime più segrete e dove aveva riso con lei in preda alla più assoluta ebrezza gioiosa, attento a non fare il minimo rumore per non destare il riposo della sua Vita, e si sentiva invadere in ogni angolo di sè da Agape. Due calde lacrime gli sgorgarono dagli occhi perchè non aveva mai neanche sognato una felicità simile dal momento che era umanamente impossibile concepire quel sentimento. Ciò che lei gli aveva dato era più importante e speciale di ciò che qualunque altra persona nel mondo gli avesse mai donato. Li guardò per ore, sentendo Agape prendere il possesso di sè e perdendo la cognizione del tempo. Solo osservando loro due poteva credere nella reale esistenza di Dio.
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