"Una situazione incandescente" (prima parte)

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POV: ANDRADA

Campagna emiliana, ore 18:00

Nell'ultima ora Aurora aveva cominciato a mostrare i primi segni della stanchezza: respirava affannosamente e aveva rallentato quasi impercettibilmente l'andatura. Andrada le fece una carezza sul collo e sentì il pelo della sua fedele amica umido per il sudore. "Dai Aurora, un paio di chilometri ancora e arriveremo alle porte di Bologna. In questa città ci riposeremo e mangeremo qualcosa. Promesso. Devi solo resistere ancora per poco." le sussurrò incoraggiante, sporgendosi sulla sella per parlarle da vicino, pettinandole la splendida criniera dorata con le dita. Anche lei era esausta e provava il bisogno di sgranchirsi le gambe e mettere qualcosa sotto i denti: era dalle prime luci dell'alba che viaggiavano con solo qualche brevissima sosta per far bere i cavalli cercando di mantenere un'andatura rapida e ormai era pomeriggio inoltrato. Quando sollevò gli occhi trovò Marco Bello a osservarla con un'espressione incuriosita cucita sul volto. "Che c'è?" gli chiese aggrottando le sopracciglia confusa. "Niente." ribatté lui abbassando gli occhi, palesemente imbarazzato per essere stato colto a fissarla. "Mi stupisce solo il modo in cui ti rivolgi al tuo cavallo. Come se... come se fosse una persona." proseguì poi lanciando solo una breve occhiata al destriero che Cosimo gli aveva dato per il viaggio. "E' una lunga storia..." gli rispose lei con la voce che sfumava sull'ultima parola e il cuore che le si riempiva di malinconia. In quei giorni trascorsi nel feudo veneto di suo zio Christopher e nelle sere passate insieme a sua figlia Sofia, immerse tra i racconti di quell'anno dolceamaro della loro infanzia che avevano condiviso a Palazzo degli Albizzi a Firenze, il ricordo dei suoi genitori era stato rispolverato dai meandri del suo cuore, in cui lei li aveva rinchiusi da quando, quasi un anno prima, era diventata Madonna de' Medici e da quando gli eventi della sua vita presente avevano avuto il totale sopravvento sul passato. Tra le mura di quella villa di campagna invece tutto le ricordava suo padre: dai gentili occhi grigi da Albizzi di Sofia fino all'immenso ritratto appeso alla parete del salotto di quella che un tempo era moglie di Christopher Belegno, Giulia de' Albizzi, e cugina carnale di suo padre. E in quel momento riflettere sulle parole di Marco Bello la riportò con la mente al vero motivo del suo amore per i cavalli e alla puledra che gli era stata donata proprio da Luca de' Albizzi. "Aurora è speciale." disse sorprendendo la guardia che ormai non si aspettava che lei aggiungesse altro dopo tutto quel tempo trascorso in silenziosa riflessione. "E' stata il primo cavallo che ho avuto dopo la morte di Danzatrice, la puledra che mi regalò mio padre." Quando guardò negli occhi il fratello di Selene seppe con certezza che non c'era bisogno di spiegare altro, anche lui aveva perso precocemente i genitori e la capiva. Con un gesto che stupì e commosse profondamente la giovane nobildonna per la sua semplicità e confidenza lui tese una mano e le asciugò una lacrima che non si era nemmeno accorta di aver versato. Erano due mondi troppo distanti per sviluppare un rapporto come quello che Andrada aveva con Lorenzo, l'enorme differenza sociale e caratteriale aveva sempre posto un muro di formalità tra loro che difficilmente avrebbero potuto eliminare del tutto. Per qualche momento, però, il dolore della perdita aveva aperto una piccola breccia in quel muro, permettendo loro di guardarsi davvero attraverso quella piccola fessura. Non si dissero più nulla fino a Bologna ma in quel silenzio entrambi si trovavano a proprio agio perché potevano immergersi liberamente tra i propri pensieri.
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POV: SELENE

Firenze, Palazzo de’ Medici, ore 18:30

Quando quella sera Cosimo tornò a Palazzo Selene lesse nei suoi occhi sorridenti e nel suo sguardo soddisfatto che la riunione dei Dieci di Balia aveva avuto un esito ancora migliore di quanto avessero potuto anche solo desiderare. Il giovane uomo, stanco ma felice, fu accolto dalla sorella sulla porta della cucina. "Allora? Come è andata?" Gli chiese la ragazza sorridendo curiosa. "E' andata...benissimo, Selene. Ricostruiremo il tuo quartiere e daremo un tetto nuovo e più sicuro a tutte quelle povere persone." Rispose lui togliendosi il pesante mantello e consegnandolo a Lucrezia. "Grazie...grazie davvero. Non ho parole per esprimerti tutta la mia gratitudine Cosimo, senza di te quella gente sarebbe restata a morire di stenti in mezzo la strada." Mormorò lei, emozionata e felice. L'ex dittatore le sorrise e le accarezzò una guancia. "Non devi ringraziarmi. Sono io che devo ringraziare te per essere entrata a far parte di questa famiglia e per averci aperto gli occhi sulle condizioni di vita di molti degli abitanti della nostra splendida città. Senza di te ai Medici mancherebbe un pezzo fondamentale." Le disse con dolcezza ed estrema sincerità. Gli occhi della giovane si illuminarono. "Dici sul serio, Cosimo?" Gli domandò. Il ragazzo non poté evitare di intenerirsi. Sua sorella era, in fin dei conti, ancora la piccola e ingenua ragazzina che aveva conosciuto poco meno di un anno prima e quando la parte meno matura e adulta di lei veniva fuori percepiva ancora di più l'affetto che aveva imparato a nutrire nei suoi confronti in quei mesi. "Ma certo che dico sul serio, non ti mentirei mai!" Le rispose con un tono serio ma anche scherzosamente esagerato stringendola a sé con un braccio. Lei rise e fu solo allora che l'ex dittatore notò che aveva in mano un mestolo di legno e indossava un grembiule. Aggrottò le sopracciglia rendendosi anche conto che, effettivamente, si trovavano in cucina ad ora di cena e non c'era nessun cuoco. "Ma dove sono tutti?" Domandò. "Oh...Lorenzo è di sopra con il bambino e la servitù sta riposando. Ho pensato di dare loro la serata libera, è tantissimo che non cucino più e ci tenevo a farvi assaggiare questa zuppa di farro e ceci. Era la preferita di Marco!" Esclamò lei. Cosimo sentì l'acquolina in bocca. "Non vedo l'ora di assaggiarla, sorella!" Disse pregustando la deliziosa cena che lo attendeva.

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