Quando Jacopo si fu ripreso da quel suo improvviso attacco di non sapeva nemmeno lui definire cosa, entrambi si misero al lavoro.
Nel breve lasso di tempo che avevano trascorso assieme Jacopo aveva capito che Simone, oltre ad essere serissimo e professionale sul posto di lavoro, era una persona positiva, una alla quale piaceva scherzare e ridere.
E Jacopo era davvero contento di vederlo ridere. Un po' meno lo era quando la vittima o, per meglio dire, la causa, della sua risata fosse proprio lui.
In quei momenti il suo imbarazzo cresceva in maniera esponenziale e non sapeva mai come calmare il tumulto che gli si agitava dentro.
Jacopo doveva ammettere di essere andato in fissa con quella dentatura perfetta e quello non era propriamente un bene. Avrebbe volentieri passato ore a fissarlo ma doveva sfruttare quelle ultime ore di prova per carpire ogni segreto da Simone. Si limitò quindi a fissare le sue mani. Quelle mani forti, un po' tozze e poco curate che si muovevano esperte tra tazze e infusiere eseguendo tutti quei movimenti che Jacopo avrebbe voluto imitare alla perfezione.
Purtroppo doveva ammettere di non essere così bravo, così disinvolto.
Certo, riusciva a cavarsela ma il suo modo di fare non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello di Simone. I suoi movimenti erano così eleganti e naturali come se lui in quella sala ci fosse nato. Jacopo invece si sentiva un po' messo lì a caso, era l'esempio vivente del fantomatico elefante costretto nel negozio di cristalli.
Quando i due si ritrovarono da soli, senza altri clienti da servire si concessero qualche attimo di riposo. Mentre Jacopo prese a studiare attentamente uno dei menù Simone oltrepassò il bancone e si accomodò ad un tavolo.
Ne scelse uno poco distante dal bancone dal quale gli era facile tenere sotto controllo l'altro.
Lo scrutò e sorrise nell'osservare la fronte di Jacopo incresparsi in tante piccole rughette mentre scrutava quei semplici fogli di carta. Si chiese poi cosa stesse pensando nel leggere tutti quei nomi dei quali, per la maggior parte, non doveva conoscerne nemmeno l'esistenza.
E allora lo chiamò.
Lo fece senza pensarci perché voleva davvero capire qualcosa di lui.
Jacopo alzò lo sguardo dai fogli che teneva in mano incontrando quello di Simone che lo guardava divertito.
«Vieni a sederti un po', almeno non starai tutto il tempo in piedi»
«No, io...»
«E dai» lo spronò Simone «lo so che sei un allievo coi fiocchi ma non devi mica imparare tutto subito. Le cose più importanti te le ho spiegate e leggere quella roba non ti servirà a niente»
Jacopo sbuffò ma non si separò dai suoi fogli.
«Se mi raggiungi adesso ti insegno io qualche trucchetto»
E ok, la prospettiva era cambiata quindi Jacopo poteva assecondarlo e raggiungerlo al tavolo senza tradire i suoi propositi di apprendere quanto più possibile.
Portando con sé gli opuscoli che teneva ancora tra le mani Jacopo sedette di fronte a Simone che ancora lo stava osservando, senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso.
«Posso chiederti una cosa?» disse tenendo lo sguardo puntato su una pagina in particolare.
«Certo» rispose l'altro felice di poterlo aiutare.
«Ma sei sicuro che questa roba rilassi la gente?»
Simone aggrottò la fronte sporgendosi verso Jacopo per capire di cosa stesse parlando.
«Valeriana, melissa, biancospino. Questa pure relax sembra un minestrone più che un infuso. E poi passiflora, che nome è passiflora? Mi sa di qualcosa di floscio, di appassito appunto»
Simone cercò di trattenere una risata ma proprio non ci riuscì «la passiflora è semplicemente la pianta del frutto della passione quindi proprio floscio non direi... Non so se mi spiego»
Jacopo colse il doppio senso insito in quelle parole e sbarrò gli occhi mentre sentiva la temperatura corporea raggiungere vette altissime. Il fatto poi che Simone lo osservava con il suo tipico sorrisetto divertito, non lo aiutava per niente.
Di fatto Simone stava imparando a conoscere le reazioni di Jacopo e si divertiva a metterlo in imbarazzo. Non voleva essere cattivo ma adorava il modo in cui i suoi occhi si spalancavano, quando il marrone inghiottiva completamente il verde delle iridi e le guance si coloravano di un rosso tendente al bordeaux.
Era così tenero, sembrava un ragazzino anziché un uomo, ma a Simone quell'aspetto proprio non dispiaceva.
«Oh, ok. Comunque» provò a ritrovare il controllo Jacopo «perché questa roba dovrebbe rilassare?»
Simone apprezzò il suo tentativo di tirarsi fuori da quell'empasse e, senza perdere il sorriso, si dispose a spiegargli quanto chiedeva.
«In realtà non è l'infuso in sé ad essere rilassante, è tutta una questione di testa»
Jacopo annuì.
«Ad esempio, tu sei più comodo qui seduto o in piedi dietro il bancone?»
«Qui naturalmente» rispose Jacopo.
«Ecco, uno si mette seduto comodamente, si lascia servire e coccolare da qualcosa di caldo e profumato, i colori chiari della sala aiutano a tenere a bada i nervi, è tutta una questione di stato mentale. A volte abbiamo solo bisogno di prenderci in giro. Le erbe, in quantità irrisorie, danno solo il tocco finale a tutto questo quadro»
«Cioè?» chiese Jacopo realmente interessato.
«Quelle che hai elencato prima sono tutte piante officinali, sono cioè usate in medicina per le loro proprietà benefiche. Hanno un potenziale terapeutico che, nel loro caso, influisce sulle cellule nervose. Sono sedative, antinfiammatorie e ricche di flavonoidi che, per dirla in breve, sono elementi che fanno benissimo al nostro organismo»
Jacopo lo guardava ammirato «come fai a conoscere tutte queste cose?» chiese.
«Be', a parte la passione trasmessami dai miei genitori e il fatto che sono praticamente cresciuto qui dentro, io sono laureato in tecniche erboristiche e sto frequentando un corso di specializzazione»
«Wow!» affermò colpito Jacopo «quindi sei una specie di... Non so, com'è che si chiama chi fa il tuo mestiere?»
Simone scoppiò a ridere «Non so cosa intendi di preciso tu ma io sto studiando per poter un giorno contribuire alla realizzazione di farmaci omeopatici. Ok i tè e gli infusi ma mi piacerebbe impiegare i miei studi in qualcosa di più grande»
Jacopo, che ormai pendeva dalla labbra di Simone, annuì sognante.
«E tu invece? Non vorrai mica passare tutta la vita a servire tè?» chiese l'altro.
«Io, fino a qualche mese fa studiavo medicina veterinaria ma ho un po' mollato»
«E perché? Secondo me ci sai fare coi cuccioli»
«Non lo so» sussurrò abbattuto Jacopo.
«Io ti consiglierei di non mollare, prenditi il tuo tempo ma non perdere di vista il tuo obiettivo»
«Ci penserò»
«Pensaci bene e ricordati solo una cosa: volere è potere!»

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Cambio Turno
RomanceIn un'anonima cittadina di provincia c'è una Sala da Tè. Qui, tra infusi profumati e deliziosi dolcetti, occhi si incontrano e mani si sfiorano, tutto nell'infinitesimale spazio di un cambio turno. Piccola Storia d'Amore e di Tè; di dolcezza e di n...