Capitolo 28

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Scusatemi per la prolungata assenza ma il lavoro mangia tutto il mio tempo e le mie energie.

Ad ogni modo ecco a voi il capitolo.



Simone prese un respiro profondo, fissò gli occhi in quelli del fratello e cominciò a parlare.

«Sono venuto a prendere Jacopo»

L'espressione di Marco non mutò di una virgola ma il suo silenzio spinse Simone a continuare «credo si sia beccato una bella influenza e non mi sembra il caso di lasciarlo andare in giro con questo tempo»

Poi si rivolse a Jacopo che lo fissava ad occhi sbarrati.

«Non te l'ho detto prima perché avresti provato a dissuadermi»

Il silenzio che avvolgeva i tre si protrasse fino a quando non fu Marco a prendere parola.

«Ok» disse.

Ok e nient' altro.

Simone rimase spiazzato per un attimo, si aspettava un fiume di parole, una richiesta di spiegazioni, si aspettava qualcosa e invece niente.

Quello che si trovò di fronte invece fu una semplice scrollata di spalle priva di parole.

«OK?» chiese ancora per essere sicuro che l'altro non stesse covando qualcosa.

«Si, ok. Penso anch'io sia una buona idea» rispose con tranquillità rassicurando in qualche modo suo fratello.

Poi guardò Jacopo «sù» disse esortandolo «è meglio che andiate, il tuo turno è finito da un po'»

Jacopo sembrò indeciso per un attimo. Non era sicuro di aver compreso a pieno quello che stava per succedere.

Come un automa sfilò il grembiule riponendolo poi nella tracolla, prese le sue cose ed uscì in sala affiancandosi a Simone.

«Mi sa che non ci vedremo per un po'» lo salutò Marco.

Jacopo annuì ancora frastornato sussurrando un "ciao" quasi inudibile.

«Pronto?» gli domandò Simone.

Ancora un movimento del capo fu la sua unica risposta.

Jacopo seguì Simone ma quando oltrepassò le porte scorrevoli fu investito da una folata di vento gelido che lo fece rabbrividire. Si strinse nel giaccone e tirò su la sciarpa fin sotto il naso, poi si affrettò a raggiungere l'auto che Simone aveva appena aperto.

Fu il primo a salire, il primo a sospirare di sollievo, il primo a rendersi realmente conto di ciò che stava per accadere.

«Cavolo che freddo!» borbottò Simone strofinando tra loro le mani.

Subito azionò il condizionatore lasciando che un getto d'aria calda inondasse l'abitacolo.

Entrambi sospirarono di sollievo, poi si guardarono e, insieme, si sorrisero complici.

Simone si accontentò di quel sorriso timido. Aveva capito che quel piccolo sollevamento di labbra fosse quanto di più grande potesse aspettarsi dall'altro.

Almeno per il momento.

Si, perché Simone voleva di più.

Ancora non sapeva cosa ma aveva capito da un po' che quelle risposte smorzate, quei sorrisi imbarazzati, quell'annuire senza bastare non gli sarebbero bastati per molto.

Simone voleva andare oltre perché era certo che dietro quei gesti ci fosse qualcosa che lui non voleva perdersi per nulla al mondo.

«Ora tocca a te» gli disse all'improvviso.

«A me? Cosa...»

«Devi dirmi dove vivi, altrimenti non andiamo da nessuna parte» sorrise.

«Oh! Vero. Ok, hai presente il negozio di animali? Quello sulla nazionale?»

«Si, ho presente»

«Ecco, io vivo praticamente di fronte»

«Bene» affermò Simone e senza aggiungere altro partì alla volta della casa di Jacopo.

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