Capitolo 11

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Il giorno seguente Jacopo si stava preparando al suo primo giorno di lavoro quando, dallo specchio posto in un angolo della sua stanza, vide spuntare la figura di sua madre poggiarsi con un fianco allo stipite della porta.

Per alcuni istanti restarono entrambi in silenzio, poi Jacopo sbottò fissando sua madre dallo specchio:

«Cosa c'è?»

«Niente. Non posso guardare il mio bambino?»

Jacopo alzò gli occhi al cielo.

«Mamma... Ho ventisei anni»

«Potresti averne anche quaranta o ottanta, saresti sempre il mio bambino» disse lei con un sorriso adorante.

«E poi dite che non è vero che le madri sono la rovina dei figli maschi»

Sua madre sbarrò gli occhi shoccata.

«Figlio degenere» borbottò.

Jacopo si voltò andandole vicino per poi baciarle una guancia «dai ma' scherzo» le disse sorridendo «adesso scappo o va a finire che faccio tardi al primo giorno»

Si incappucciò e si incamminò come al solito fino a giungere al locale. Lì trovò Simone che, appena lo vide, si aprì in un sorriso.

«Pronto per il tuo primo vero giorno?» chiese appena furono abbastanza vicini.

«Prontissimo» trillò Jacopo.

«Bene. Guarda» lo invitò l'altro a raggiungerlo «ho sistemato tutto in modo da renderti il lavoro più facile possibile. Per qualsiasi cosa ti lascio il mio numero di cellulare. Usalo senza riserve»

«Ora fammi uno squillo» gli disse dopo avergli dettato il numero «così anche io mi segno il tuo»

Jacopo fece come gli era stato detto con le dita che fremevano.

Si erano scambiati i numeri di telefono; lui aveva quello di Simone e Simone aveva il suo.

Jacopo dovette trattenersi dal saltellare in tondo e dovette ripetersi più volte che quello scambio fosse un evento strettamente legato al lavoro pertanto non avrebbe potuto usarlo se non per informazioni riguardanti la sala da tè.

Non gli avrebbe mai mandato il buongiorno, né l'ultimo pensiero prima di andare a dormire. Non gli avrebbe scritto per chiedergli come stesse né gli avrebbe mandato foto o immagini di qualsiasi genere.

No, ok, non lo avrebbe usato affatto!

Era ora di smettere di fantasticare e di tornare con i piedi sulla Terra perché Simone, che non si era mosso di un passo, lo stava osservando come fosse un Marziano.

«Guarda che non hai motivo di preoccuparti» disse infatti.

«Cosa?» chiese Jacopo confuso da quella strana rassicurazione estemporanea.

«Ti ho visto piuttosto pensieroso ma sai che non c'è nulla di cui aver paura» continuò l'altro «ormai te la cavi e questo è un orario tranquillo. Più tardi arrivano anche i miei a darti una mano quindi, come vedi, è tutto sotto controllo»

Jacopo sussurrò un flebile "ok" poco convinto perché sapeva che in quel preciso momento la paura fosse l'ultimo dei suoi pensieri.

«Sicuro sia tutto ok?» chiese ancora Simone scorgendo negli occhi dell'altro una certa inquietudine.

«Sicuro! Me la caverò»

Simone sorrise e guardando uno degli orologi appesi alla parete sospirò.

«Ora devo proprio andare. Ah!» disse tornando sui suoi passi «ti ho già preparato alcune miscele che potrebbero servirti, sono nel secondo scaffale, è tutto già pesato e dosato. Se hai bisogno non farti problemi a chiamarmi»

«Contaci»

«Ci conto!»

Un ultimo sorriso e Simone, come un razzo, sparì alla vista di Jacopo che, affranto, si lasciò cadere su di uno sgabello. 

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