Capitolo 92

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«Ho litigato con mamma» singhiozzò Jacopo dopo un po'.

Simone sorrise sollevato. A giudicare dalla reazione dell'altro aveva temuto fosse successo chissà cosa e invece Jacopo aveva semplicemente litigato con sua madre...

«E stai così per questo?»

«Si» mormorò l'altro staccandosi dall'abbraccio e asciugando gli occhi «lei non mi capisce»

«Ma» chiese Simone con calma cercando di capirci qualcosa in più «è successo qualcosa?»

«No, cioè, si» blaterò l'altro.

Simone gli fece cenno di continuare ma Jacopo si prese del tempo; non sapeva come mettere assieme le parole perché, dentro di sé, la frustrazione stava lasciando il posto alla rabbia.

«Non condivide le mie scelte» disse dopo un po' «dice che il lavoro mi sta assorbendo, che non do il giusto valore alle cose... Ma che ne sa lei di quali sono le cose a cui io do valore?»

«E tu hai provato a parlargliene?»

«Si, ma lei non mi ascolta. Dice che sto perdendo tempo, che questo non è il mio futuro, che dovrei tornare a pensare a ciò che voglio ma io non lo so cosa voglio»

«Su certe cose non ha tutti i torti però»

«Ma che male c'è a servire tè e biscotti?» disse riportando le parole della madre.

«Nessuno ma...»

«Tu da che parte stai?» domandò Jacopo lanciandogli un'occhiataccia tagliente.

«Dalla tua» sorrise Simone comprensivo «ma tua madre ha ragione. Vedi, questo è il sogno dei miei genitori, non il tuo e nemmeno il mio. Pensaci, io vengo qui volentieri, mi piace, mi diverte, ma nel mentre porto avanti le mie passioni e dovresti farlo anche tu»

«Ma io le ho chiesto solo del tempo. Perché non riesce a darmi fiducia? Lei non si fida di me, capisci?» domandò più a sé stesso che a Simone «Pensa che io sia un povero idiota, uno che non capisce niente, uno che non è in grado di prendere decisioni. Eppure non mi pare di aver mai dato problemi. Ho scelto di lavorare mica di perdere tempo?»

Simone provò ad intervenire, a dire qualcosa che potesse calmare Jacopo ma il suo fiume in piena non si sarebbe arrestato così facilmente. Il tono agitato e le mani che si muovevano spasmodicamente raccontavano di un'agitazione radicata, di un tormento chiaramente visibile in quegli occhi lucidi sempre sull'orlo del pianto.

«E lei invece cosa dice? Lo sai che mi ha detto? Che non lo sa se ha fatto bene ad accordarmi tanta fiducia, a me, capisci?» si passò le mani tra i capelli, poi riprese «che cosa devo fare? Io non lo so più, mi sembra di non capirci più niente...»

All'improvviso ci fu silenzio.

Le labbra di Jacopo erano state interrotte da quelle di Simone che, dopo avergli afferrato i polsi con le mani, le aveva posate sulle sue per un attimo, un attimo soltanto.

«Non la smettevi più» disse scostandosi puntando gli occhi nei suoi.

«Wow» fu l'unica cosa che sfuggì alle labbra di Jacopo.

Lo guardava quasi in trance mentre di nuovo si avvicinava alle sue labbra. Le osservò per un istante per poi tornare ad unirle alle sue in un bacio lento, misurato, quasi sussurrato, come le parole che Jacopo avrebbe voluto dire ma aveva deciso di soffocare nel modo migliore possibile.

Quando si staccarono fu Simone a ripetere un "wow" sognante. Batté gli occhi per poi fissarli sul viso di Jacopo ormai divenuto completamente rosso.

«Tu... Io...» provò ad iniziare un discorso senza senso ma Jacopo lo fermò tornando ad appropriarsi di quelle labbra, piano, poi con più irruenza, fino a cercare la lingua dell'altro che immediatamente si lasciò trovare per correre assieme verso qualcosa di indefinito che entrambi non avrebbero saputo spiegare.

Simone sorrise quando si allontanarono, quando i suoi occhi incontrarono quelli lucidi e sconvolti di Jacopo.

Sorrideva spesso Simone ma quella volta il suo sorriso nascondeva qualcosa di enorme. Non sapeva in cosa si fosse cacciato ma gli andava bene così; gli bastava vedere lo sgomento negli occhi dell'altro per sentirsi consapevole e fiero di ciò che aveva fatto.

Portò una mano sul volto di Jacopo che, come al solito, si piegò per approfondire quel contatto e restò a guardarlo finché non lo sentì chiedere piano, col suo solito mormorio imbarazzato.

«Tu, lo avevi già fatto? Intendo, insomma, baciare un ragazzo» specificò raggiungendo tonalità quasi inudibili per un essere umano.

«Io no, e tu?»

Jacopo annuì timoroso.

«Wow!» gongolò Simone «abbiamo un esperto tra noi... Mi sa proprio che ti toccherà insegnarmi un sacco di cose»

«Io... Veramente...»

«Scherzo scemo» ridacchiò Simone salvandolo da quell'improvviso attacco di terrore «se ti va, tutto quello che c'è da imparare lo impareremo assieme»

E a quella dichiarazione non ci fu bisogno di aggiungere parole, fu solo Jacopo a rigettarsi tra le braccia di Simone per baciarlo ancora, ancora e ancora.

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