Capitolo 40

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L'indomani si ritrovarono nuovamente uno accanto all'altro nell'auto di Simone parcheggiata, al solito, in una traversa adiacente alla Sala da tè.

«Quindi» chiese Simone «hai deciso dove andare?»

Jacopo fece di si con la testa.

«Solo...» aggiunse titubante «ti piace la cioccolata?»

«Ovvio!»

«Ok» si rasserenò «Allora andiamo?»

«Devi solo dirmi dove»

«Ah! Già!» ridacchiò Jacopo «Vai dritto poi ti guido io»

«Vado!» concluse Simone mettendo in moto l'auto.

Dopo dieci minuti circa si ritrovarono di fronte alle vetrine di una cioccolateria, uno dei locali più rinomati della cittadina per il quale Jacopo andava matto.

Il più piccolo infatti rimase incantato di fronte alle vetrine esterne che mettevano in bella mostra leccornie cioccolatose di ogni genere tanto che Simone dovette richiamarlo all'ordine per far si che lo seguisse all'interno.

Presero posto guidati da un giovane in completo nero che lasciò loro dei menù da consultare. Simone non fece in tempo ad aprire il suo che fu bloccato da Jacopo.

«Ti spiace se faccio io?» domandò.

«No, no, fai pure» gli lasciò campo libero il più grande.

Come al solito Jacopo si trincerò dietro il suo menù e, dopo qualche secondo di assoluto silenzio, si dichiarò pronto ad ordinare.

Con un cenno della mano Simone attirò l'attenzione del ragazzo che li aveva accompagnati al tavolo e lasciò che fosse Jacopo a parlare.

«Due Araba Fenice» disse «una fondente e una al latte e...» alzò lo sguardo verso Simone «...e basta, grazie!»

«Nient'altro?» chiese Simone avendo notato la piccola titubanza dell'altro.

«Niente» confermò Jacopo con un sorriso.

Il cameriere allora ritirò i menù e si congedò lasciandoli soli.

«C'è qualcosa che non va?» chiese subito Simone.

«Tutto ok» rispose l'altro sollevando incurante le spalle.

«E allora cos'era quel piccolo tentennamento?»

«Quale?» chiese Jacopo come se davvero tutta quella situazione non lo riguardasse direttamente.

Simone sospirò, guardando l'altro più profondamente.

«Volevo i cioccolatini» ammise candidamente Jacopo sconfitto da quello sguardo.

«E non li hai presi per colpa mia?»

«No!» si affrettò a negare Jacopo «Cioè si, cioè» si fermò a prendere un respiro «ho pensato che non fosse il caso»

«È per quello che ti ho detto ieri?»

«Forse...»

«Jacopo...» lo guardò Simone «non lasciarti condizionare da me, puoi mangiare quello che vuoi»

«Magari un'altra volta» bisbigliò l'altro «oggi abbiamo già la cioccolata calda» ci pensò un attimo poi aggiunse «qui fanno anche dei tè e delle tisane ma, insomma, ho pensato che forse non fosse il caso» ripeté per la seconda volta ridacchiando istericamente.

«Hai sviato il discorso»sottolineò Simone mostrando comunque il suo meraviglioso sorriso.

«Lo so, ma penso che non sia importante»

«Io penso di si, voglio che tu ti senta completamente a tuo agio con me, voglio che tu ti senta libero di fare qualsiasi cosa senza la paura che io possa giudicarti in alcun modo»

Jacopo sorrise «io con te sto bene, e mi sento completamente libero e a mio agio, non preoccuparti di questo»

«E allora?»

«Allora sto cercando di migliorare, di ascoltare i tuoi consigli e forse è vero che ogni tanto esagero coi dolci»

«Ma ogni tanto qualche eccezione ci sta»

«Mi stai tentando?»

«Forse vorrei solamente essere tentato»

«Non oggi! Non con me!» si impuntò Jacopo.

«E perché?» domandò l'altro.

«Perché non sarò io a portarti sulla cattiva strada?»

«E se lo stessi già facendo?»

Jacopo non seppe cosa rispondere e si limitò ad osservare il volto di Simone che rimase serio per qualche istante per poi esplodere in una sonora risata.

«Sei adorabile quando sei in difficoltà»

«E tu sei un grandissimo stronzo» rispose con enfasi prima di incrociare le braccia al petto.

«Stavo scherzando»

Una smorfia vagamente accennata fu l'unica risposta di Jacopo che provocò l'istantaneo sorriso di Simone.

«Mi sa che devo farmi perdonare» propose il più grande alzandosi dalla sua seduta.

«Dove stai andando?»

«Aspetta e vedrai!»

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