Un lieve fruscio di lenzuola riscosse Jacopo dai suoi sogni.
Sbuffò bruscamente e si voltò su di un fianco tirando a sé gran parte di ciò che lo copriva.
Odiava i risvegli improvvisi soprattutto quando, come quella notte, non era riuscito a riposare anzi, gli incubi gli avevano dato il tormento. La tensione che lo aveva lasciato sveglio fin quasi alle tre si era poi trasformata in un disturbo sommesso, insinuandosi nei sogni trasformati in orride visioni macabre.
Tenne gli occhi chiusi e provò a rilassarsi ma qualcosa lo solleticò all'altezza dell'addome.
Provò a tirar giù la maglietta ma quel formicolio insistente sembrava non volesse smettere di tormentarlo.
Nella sua testa stava maledicendo Simone. Eppure Simone sapeva quanto fastidio gli desse esser svegliato a quel modo. Jacopo soffriva terribilmente il solletico e Simone, ovviamente, era solito svegliarlo infastidendolo con quei tocchi lungo tutto il corpo, in particolar modo alla pancia.
Di tanto in tanto, quando proprio gli andava di fare il ragazzo terribile, usava farlo con le labbra, proprio come stava facendo in quel momento.
Tutto il corpo di Jacopo sembrò risvegliarsi all'istante, aprì gli occhi ma il corpo di Simone rannicchiato dormiente al suo fianco gli fece prendere un colpo.
Allarmato sollevò le coperte e trovò avvolto tra di esse una piccola palla di pelo che strusciava teneramente il musetto sulla sua pancia.
Jacopo ricadde frustrato sul cuscino abbassando inavvertitamente le coperte e causando un lieve uggiolio nell'esserino che cercava adesso, dopo averlo malamente svegliato, di uscire e raggiungere il suo viso.
Una volta che gli fu di fronte il piccolo prese a leccargli il viso e a guardarlo con quei suoi occhioni dolci ai quali Jacopo sapeva di non poter assolutamente resistere. Lo guardò sorridendogli e gli lasciò una lieve carezza tra le orecchie mentre questi gli si acciambellava sul busto.
«Adesso che hai tutta la mia attenzione però» disse guardandolo attentamente «dovremmo svegliare questo dormiglione»
Simone non si era mosso, né dava segno di essersi accorto di quel piccolo trambusto.
Jacopo gli si accostò baciandolo tra le scapole, risalendo lungo la spalla e poi passando al collo. Solo allora, quando nulla più si frapponeva tra le labbra di Jacopo e la sua pelle, Simone rotolò sulla schiena sfarfallando gli occhi per cercare quelli di Jacopo.
Allora il cucciolo che fino a quel momento si era dedicato solo a Jacopo lo raggiunse per riservargli lo stesso trattamento.
«Matcha» borbottò Simone con voce assonnata.
Il piccolo sentendosi chiamare scodinzolò felice aumentando il trambusto che nuoceva gravemente alle sinapsi ancora mezze addormentate di Simone.
Jacopo ridacchiava divertito ma quando l'entusiasmo del cucciolo divenne incontenibile anche per lui recuperò uno dei pupazzetti che teneva sul comodino e lo lanciò facendo in modo di catturare l'interesse del piccolo che difatti si disinteressò completamente ai due umani per dedicarsi al suo passatempo.
Simone sospirò sollevato e Jacopo ne approfittò per baciarlo.
«Buongiorno» disse poi.
«Buongiorno» bofonchiò Simone per poi tirarselo addosso e riprendere a baciarlo «che ore sono?»
«Non lo so» borbottò Jacopo stringendosi al suo petto dove posò un bacio all'altezza del cuore. Adagiò il capo su di lui quasi a volersi addormentare mentre Simone gli accarezzava dolcemente i capelli.
Poi però un pensiero gli balenò in mente, si sporse verso l'unico comodino presente in quella stanza, quello dal lato di Jacopo, e afferrò uno dei due cellulari, uno a caso, perché ormai non faceva alcuna differenza.
Jacopo si mosse infastidito e tornò in cerca delle attenzioni dell'altro, una scia di baci leggeri lo condusse alle labbra dell'altro che nel mentre stava sbloccando il cellulare.
Una sorta di tremito lo scosse, si sollevò d'impulso, una reazione che fece saltare di paura Jacopo.
«Cosa diavolo ti prende?» tuonò.
«È tardi, è tardi, è tardissimo» ripeteva come in loop.
«Tardi per cosa?»
«È tardi, muoviti» disse ancora scalciando le coperte lasciando l'altro attonito «oddio!» disse passandosi le mani sul volto «tua madre già non voleva che dormissimo assieme, figuriamoci se ti faccio arrivare tardi»
«Ma, arrivare tardi dove?» chiese Jacopo confuso.
«All'esame Jacopo, ma che diavolo è successo alla sveglia?»
Jacopo sbarrò gli occhi, totalmente dimentico della voce di Simone che intanto brontolava e si muoveva come una trottola.
Solo allora il più piccolo si svegliò davvero.
Ecco quali erano stati gli incubi che gli avevano impedito di riposare. Erano stati tutti incubi riguardanti il suo ritorno all'università, il suo esame, quell'esame che aveva scelto di dare quando, dopo aver parlato con Simone, era arrivato ad ammettere che forse sua madre non avesse tutti i torti. Forse era davvero giusto riprendere a studiare, continuare a seguire quel sogno.
E proprio per quella decisione, sofferta, pensata, voluta, Simone, dopo un breve conciliabolo con sua madre, a sua insaputa, decise di regalargli il primo dei suoi pazienti, il piccolo Matcha, un cucciolo di barboncino che aveva adottato dal canile solo per lui. Jacopo sentì subito quanto amore ci fosse dietro quel "regalo", dietro quell'esserino che decise di chiamare proprio come il tè preferito di Simone perché in fondo gli avrebbe sempre ricordato i loro inizi, quella sala da tè e quell'amore sbocciato quasi sottovoce.
Ed erano passati quasi tre mesi da quando quel piccolo batuffolo era entrato nella vita di Jacopo, tre da quando vi era entrato a gamba tesa anche quel ragazzone che lo aveva tirato fuori dalla sua esistenza grigia.
Era così felice Jacopo che a volte quasi non gli pareva vera tutta quella felicità, tutto quell'amore che gli si era riversato addosso e che pareva moltiplicarsi di giorno in giorno.
Quando Simone gli passò davanti litigando con le maniche di una felpa Jacopo lo afferrò facendolo voltare verso di sé.
«Ancora così stai?» lo redarguì il più grande.
«Io... Grazie»
«E di che?» sorrise con dolcezza.
Jacopo lo guardò con quello sguardo smarrito capace di turbarlo come nient'altro al mondo.
«Ti prego, lo sai che quando fai così ti farei di tutto ma se non ci muoviamo tua madre ci fa fare la fine di Romeo e Giulietta»
«E io sarei Giulietta?»
Simone scosse il capo divertito, Jacopo non sarebbe mai cambiato, per fortuna. Gli baciò le labbra e cogliendolo di sorpresa se lo caricò sulle spalle e, incurante delle sue proteste, tenendolo stretto a sé lo condusse verso quella nuova grande avventura che aspettava solo e solamente lui.
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Cambio Turno
RomanceIn un'anonima cittadina di provincia c'è una Sala da Tè. Qui, tra infusi profumati e deliziosi dolcetti, occhi si incontrano e mani si sfiorano, tutto nell'infinitesimale spazio di un cambio turno. Piccola Storia d'Amore e di Tè; di dolcezza e di n...