Capitolo 47

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Jacopo stava passeggiando tra le vetrine dei negozi, era uscito presto quel giorno e stava tergiversando in strada accarezzato da un vento frizzante. Era assorto nei suoi pensieri quando sentì qualcuno chiamare il suo nome a gran voce.

Si voltò verso la fonte di quel richiamo e si specchiò negli occhi verdi di Marco, quelli che lo incuriosivano e un po' lo tenevano sulle spine.

«Buongiorno» lo salutò con quell'aria sbarazzina e cordiale «stai andando a lavoro?»

Jacopo annuì.

«Allora facciamo un po' di strada assieme» disse l'altro affiancandolo «io sto andando a pranzo ma magari mi fermo a salutare Simone»

Jacopo fece un cenno col capo e sorrise senza aggiungere altro quindi toccò a Marco tener vivo quell'accenno di conversazione.

«Scusami, forse sono stato un po' troppo irruento, ti spiace se vengo con te?»

«No, perché mai?»

«Non mi sei sembrato così entusiasta...» fece scrollando le spalle «con te non so mai fino in fondo come comportarmi»

«Sono così strano?» chiese il ragazzino massaggiando imbarazzato la nuca coperta dalla sciarpa.

«Non sei strano, sei solo particolare»

«È un bene o un male?»

«Assolutamente un bene, abbiamo solo bisogno di conoscerci di più»

Jacopo ne fu sollevato e pensò fosse il caso di palesarlo per non sembrare sempre il solito stupido, inespressivo menefreghista. Per non dare a Marco l'idea di essere un solitario, un asociale, uno che non gradisse la sua compagnia.

«Meno male» sussurrò.

Marco sorrise mettendolo, almeno un po', a suo agio.

Marco non era come Simone eppure aveva quel qualcosa che permetteva a Jacopo di sentirsi quantomeno tranquillo. Non poteva dire di sentirsi a suo agio perché c'era sempre quel qualcosa nell'altro che lo teneva sulle spine ma sapeva di potersi fidare.

Prese a camminare al suo fianco alla ricerca di qualcosa da dire ma nella sua testa nulla appariva troppo sensato o intelligente per cui finì per tacere.

Non avevano molto in comune quei due eppure c'era come una linea d'onda che fluttuava tra loro, una sorta di scordata armonia.

«Potremmo uscire qualche volta» disse Marco distrattamente.

«Io e te?» chiese Jacopo d'impeto.

«Io, te, Simone»

«Si, penso si possa fare» rispose Jacopo costringendosi a non tremare.

«Tanto tu e Simone lo avete già fatto»

«Cosa?» chiese l'altro un po' stridulo.

«Uscire» lo guardò Marco con biasimo.

«Ah si, cioè no. Siamo andati a prendere un caffè e una cioccolata, niente di che»

«Ma ti piacerebbe?»

«Cosa?» chiese ancora una volta Jacopo con gli occhi leggermente sgranati e fuori fuoco.

«Uscire con noi» rise Marco sorpreso da quanto il più piccolo potesse risultare comico.

«Oh, si, certo!» borbottò con le guance rosse e un sorriso appena accennato.

Marco sorrise a sua volta osservando con cautela l'altro.

Come poteva essere così impacciato e tenero al tempo stesso?

Come poteva vivere nel suo mondo incantato e surreale?

Ma soprattutto, come poteva far star bene Simone?

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