Capitolo 60

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Dovette passare una settimana prima che Jacopo si decidesse a mettere in pratica il suo proposito.

Era il suo giorno libero e, grazie all'aiuto prezioso di Marco, si era informato sugli orari di Simone.

Sapeva che il Venerdì aveva lezione dalle 16.00 alle 18.00.

Alle 15.45 era già in attesa nel grande parcheggio e quando vide arrivare l'auto di Simone si affrettò a raggiungerla. Le si avvicinò e si posizionò proprio all'altezza dello sportello.

Quando Simone fece per scendere se lo ritrovò di fronte, con un sorriso da orecchio a orecchio.

«Ehi» lo salutò felice e sorpreso di vederlo «che ci fai tu qua?»

«Ti stavo aspettando» disse alzando le spalle, come fosse la cosa più ovvia del mondo «mi hai invitato ad una lezione ed eccomi!»

Simone scese dall'auto e lo fronteggiò «non me lo aspettavo, come...»

«Marco» lo anticipò il più piccolo.

«Marco... Dovevo immaginarlo» scosse la testa allegro «ormai fate comunella voi due»

Jacopo rise, rumoroso e felice, precedendo Simone verso l'ingresso della piscina.

«Dove stai andando?» lo fermò.

«Non vorrei mai che dei bambini innocenti dovessero aspettare a lungo il loro maestro» disse con quel tono ironico che usava raramente ma che ogni volta riusciva a stuzzicare Simone «non permetterò che tu faccia tardi per colpa mia, muoviti!» lo incalzò.

«Mi muovo, mi muovo ma tu trattami bene o dovrai vedertela coi miei bambini»

Jacopo rise ancora riprendendo a camminare spensierato mentre Simone lo osservava felice. Era così bello vederlo così, quasi non gli sembrava vero, come se quello non fosse davvero lo scricciolo che si muoveva impacciato in sala da tè, quello che lui amava tormentare.

Forse lo stava facendo a posta, probabilmente voleva fargliela pagare per tutti i nomignoli che gli aveva affibbiato e per tutte le volte in cui lo aveva messo in imbarazzo.

Ma Simone non poteva resistergli, non poteva evitare di punzecchiarlo, di vederlo arrossire, di vedere quegli occhioni che si sbarravano a dismisura.

Jacopo era così tenero quando lo metteva in difficoltà.

Tenero...

La tenerezza non sarebbe dovuta essere un sentimento associabile ad un ragazzo ventenne eppure era quello che a lui trasmetteva e davvero, non poteva farci proprio nulla!

Distolse la mente da quei pensieri e raggiunse Jacopo che teneva aperta la porta per lui.

«Sei un po' distratto oggi, maestro»

«Tu invece oggi mi sembri parecchio impertinente. Guarda che potresti casualmente trovarti in piscina»

«Casualmente eh? Non fare minacce che non puoi mettere in pratica»

«Vuoi provare?»

Jacopo finse di pensarci poi lo spinse ad entrare e «no» disse, chiudendosi la porta alle spalle.

Simone ridacchiò e si avviò verso l'interno, Jacopo lo seguì fino a fermarsi, come le settimana prima, oltre la balaustra che divideva il bordo vasca dagli spalti. Rimasero assieme solo qualche istante poi Simone dovette lasciarlo solo per raggiungere gli spogliatoi.

Quando ne uscì era attorniato da tanti piccoli nuotatori rumorosi avvolti nei loro accappatoi colorati.

Li radunò tutti attorno a sé, li richiamò al silenzio e loro magicamente tacquero. Ascoltarono diligentemente le sue parole e infine, con urla di giubilo si spogliarono di accappatoi e ciabattine per tuffarsi in acqua.

Simone li guidò negli esercizi di riscaldamento poi sfilò l'accappatoio blu che lo copriva, bagnò i capelli per indossare la cuffia e si apprestò a tuffarsi insieme a loro. In quel momento Jacopo distolse affascinato lo sguardo da quanto potesse deconcentrarlo e fissò la sua attenzione su Simone. I suoi muscoli guizzarono fuori all'improvviso, le braccia, le spalle, le gambe, parvero prendere vita. Jacopo poté constatare che Simone fosse davvero bravo a nascondersi eppure non riuscì a spiegarsene il motivo.

Poté purtroppo deliziarsi con quella visione per pochi istanti soltanto perché presto Simone sparì sotto il pelo dell'acqua.

Da quel momento in poi però Jacopo vide il vero Simone, il vero maestro di nuoto, quello che per i bambini era una piccola guida. Era dolce, paziente, comprensivo, ed era allegro, gioioso, ironico. Faceva ridere i bambini e di conseguenza lui, li rendeva forti motivandoli, li spingeva a credere in sé stessi un po' come aveva sempre fatto anche con lui, e Jacopo si sentì fortunato perché con una persona come Simone di fianco ogni problema sarebbe parso una bazzecola.

Rimase ad osservare la lezione in silenzio fin quando l'arrivo di un messaggio catturò la sua attenzione.

Era da parte di Marco, lo aprì e ne lesse il contenuto.

"Hai già programmi per Pasquetta?"

Un'espressione stranita gli si disegnò in volto, a Pasqua mancavano tre settimane quindi quella domanda gli parve quantomeno fuori tempo.

"Non saprei" rispose "manca ancora un bel po'. Perché?"

La risposta non giunse tempestiva quindi Jacopo tornò a concentrarsi sulla lezione ma quello che vide gli fece dimenticare ogni cosa, gli azzerò la salivazione lasciandolo attonito con gli occhi sbarrati e il cuore che batteva a mille.

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