Capitolo 87

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Simone avrebbe voluto chiedere consiglio a Marco su come agire ma c'era qualcosa che gli impediva di ricorrere all'aiuto di suo fratello. Già sapeva che Marco lo avrebbe preso in giro per le sue paranoie, per la sua mancanza d'intraprendenza, per la sua inesperienza nelle relazioni interpersonali.

Sull'ultimo punto però Simone aveva parecchi dubbi; Marco aveva di sicuro molta più esperienza di lui in campo sentimentale ma, a quanto ne sapeva, non aveva mai dovuto vedersela con un altro ragazzo. Lui con Jacopo non poteva certamente buttarsi, non poteva andar lì e dichiararsi in qualunque strano modo. Non era questione di esperienza, bisognava prima capire.

Capire Jacopo, le sue predisposizioni, il suo interesse. Doveva scoprire se quell'innegabile affetto che leggeva nei suoi occhi corrispondesse a quello che sentiva lui, se quell'intesa non fosse solo un'amicizia, se tutto quello sarebbe potuto divenire qualcosa di più.

Tutti quei dubbi preferì tenerli per sé.

A suo dire, forse, la cosa migliore sarebbe stata chiarire i suoi dubbi proprio con Jacopo perché, oltre ad essere indiscutibilmente il centro dei suoi pensieri, era ciò che più si avvicinava all'idea di un amico. Certo, non avrebbe potuto fargli domande dirette, almeno non da principio ma poteva girarci intorno, poteva accennare a qualcosa che l'altro avrebbe solamente potuto intuire.

Non sarebbe stato semplice creare i presupposti per intavolare quel discorso ma lo avrebbe fatto non appena si sarebbe presentato il momento propizio.

L'occasione ghiotta gli si presentò un pomeriggio, uno di quelli in cui in due ragazzi si ritrovarono da soli in sala da tè.

Com'era diventato d'abitudine, ormai da un po' di tempo, Simone aveva preparato il tè e un vassoio ricolmo di biscotti alle nocciole, i preferiti di Jacopo.

Lo accoglieva sempre così e assieme, prima di mettersi al lavoro, si godevano quella piccola piacevole pausa.

Stavano chiacchierando del più e del meno, degli amici di Marco che erano diventati anche quelli di Simone, delle coppie nate in compagnia, di Marco e dei suoi numerosi flirt, ridendo di lui e delle sue strampalate strategie di conquista, quando Simone spiazzò l'altro con una domanda a bruciapelo.

«E tu, ti sei mai innamorato?» chiese.

Jacopo rimase immobile tenendo in mano un biscotto a mezz'aria. I suoi occhi sembrarono voler schizzare via dalle orbite e un leggero tremolio lo scosse.

Simone poté studiare ogni più piccolo dettaglio di quella reazione, gli occhi divenuti di un verde brillante, fermi, sbarrati, sorpresi, fissi nei suoi; la mano tesa e tremula, le dita allungate strette attorno a ciò che rimaneva di un biscotto mezzo morsicato; il sorriso spensierato divenuto una sottile linea retta riflesso di un qualcosa di inaspettato.

Per un momento si pentì di aver parlato. Forse non era quello il momento giusto o forse aveva solamente sbagliato i modi, era stato intempestivo, violento, indiscreto. Forse, ancora una volta aveva giocato male le sue carte.

Si sentì un po' un bastardo. Lui aveva bisogno di capire e per farlo aveva dovuto mettere l'altro in difficoltà. E per una volta non era stato uno scherzo, non era uno dei loro giochi stupidi volti a imbarazzare e punzecchiarsi a vicenda.

Per una volta Simone aveva toccato qualcosa di personale, qualcosa che per Jacopo poteva essere un nervo scoperto, un dolore mai sopito, un sentimento che poteva avergli fatto del male.

E quella volta Simone si sentì stronzo; non stronzo come quando glielo diceva Jacopo, ma stronzo per davvero.

Il suo cuore prese a battere forte e i suoi occhi si scurirono. Stava per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma Jacopo parlò ridando un ritmo costante al suo cuore e facendogli tornare quel respiro che nemmeno si era accorto di aver perso.

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