Capitolo 89

489 45 33
                                        


Avrebbe voluto Jacopo baciare quelle labbra, sentirne la consistenza, saggiare il sapore sicuramente dolce del tè alla vaniglia misto alla nocciola dei biscotti.

D'altronde erano lì, ad appena pochi centimetri dalle sue, come quasi lo stessero chiamando. Sarebbe bastato sporgersi, un piccolo passettino in avanti per avvicinarle, per congiungerle e invece...

Invece Simone batté gli occhi e Jacopo, distratto da quel movimento infinitesimale, fu colto dal panico e, fuori da ogni logica decise di parlare.

Parlare, parlare, parlare.

Nell'ultimo periodo Simone e Jacopo non facevano altro che parlare. Da quando erano entrati in confidenza, da quando avevano imparato a fidarsi l'uno dell'altro, parlare era diventato il loro passatempo preferito.

Si raccontavano di tutto, si consigliavano e chiedevano supporto, si conoscevano e, con delicatezza, si scavavano dentro.

Ma le parole che sanno accarezzare, lenire, coccolare, scaldare, a volte, nel momento più sbagliato, sanno anche gelare, ferire, interferire.

E proprio in quel momento, mentre erano persi uno sulle labbra dell'altro, le parole, che tanto li avevano uniti, ebbero il potere di dividerli, separarli, allontanarli.

«Vuoi un biscotto?»

Entrambi batterono gli occhi e li sgranarono sorpresi tornando irrimediabilmente catapultati alla realtà in cui si trovavano fino ad un attimo prima.

"Che stupido" pensò immediatamente Jacopo sbuffando amareggiato.

"Che stupido" pensò Simone sorridendo intenerito dal tempismo totalmente fuori luogo di quella domanda.

Quando Jacopo realizzò a pieno ciò che aveva combinato sentì le lacrime dolorosamente premere per uscire, avrebbe voluto piangere, sentiva di aver rovinato tutto, un tutto che non sapeva dove l'avrebbe portato.

Cosa sarebbe successo se non avesse aperto quella maledetta bocca? La sola idea lo fece fremere e un vuoto incolmabile gli strinse il cuore in una morsa.

Si sentì stupidamente colpevole, sentiva su di sé il fallimento di quello che sarebbe potuto essere e l'idea che avesse potuto in qualche modo allontanare Simone lo stava logorando dentro.

Ma Jacopo, ancora una volta, stava sbagliando. Aveva sottovalutato Simone e la sua intelligenza perché prima ancora che potesse alzare lo sguardo lui aveva capito.

Nella sua mente era tutto molto chiaro e lo sgomento che aveva letto negli occhi di Jacopo era stato solo una conferma alle sue idee.

Jacopo era spaventato, aveva le lacrime agli occhi e le mani tremavano impercettibilmente.

Simone fece l'unica cosa che poteva fare in quel momento, allungò una mano tremante verso la guancia accaldata dell'altro, lo sfiorò e col pollice prese a fare su e giù finché non vide quegli occhi tornare alla loro luminosità naturale.

«Perché?» sussurrò Jacopo alzando lo sguardo verso l'altro, senza però guardarlo negli occhi.

«Perché cosa?» domandò Simone corrucciando le sopracciglia per la curiosità.

«Perché perdi ancora tempo con me?»

«Con te non perdo tempo» sorrise «con te è sempre un'opportunità»

«Un'opportunità sprecata»

«Jacopo» sospirò paziente «tu mi hai aperto un mondo, mi hai insegnato cose che non pensavo di poter capire e, se per poter continuare con te devo aspettare, aspetterò!»

Poi gli prese il viso tra le mani, con i pollici gli tirò le labbra verso l'alto e «sorridi spugnetta» disse prima di lasciarlo lì, attonito, alle prese con mille dubbi e con un sorriso incerto a nascergli in volto.

Cambio TurnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora