Capitolo 71

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Puntuale, come dovrebbe sempre essere ma non lo è stato ultimamente, è arrivato l'aggiornamento del Giovedì!

Scusate per l'attesa.


A Jacopo brillarono gli occhi quando vide arrivare verso di sé i due fratelli. Finalmente si concesse di tirare un respiro di sollievo, non avrebbe più dovuto occuparsi da solo di un compito così gravoso.

Sorrise ai due in un modo così sincero e innocente che entrambi non ebbero il coraggio di fare ironia. Sembrava un bambino felice e i due non ebbero voglia di rovinare quel sorriso, anzi, se ne sentirono pieni, accogliendolo come fosse qualcosa di prezioso tutto loro.

Gli si affiancarono, lo aiutarono con la legna e si occuparono di alimentare la brace al posto suo.

Jacopo andò invece a sedersi, felice di non dover fare più nulla.

Guardò i due fratelli all'opera e un po' si sentì inutile e inetto perché lui, nella pratica, era davvero un buono a niente.

Improvvisamente si incupì, dal suo volto il sorriso scomparve lasciando il posto ad un'espressione pensierosa e mesta. Davanti a lui i due fratelli collaboravano e scherzavano rendendo il lavoro semplice, più di quanto a lui fosse mai sembrato prima.

D'un tratto Simone si voltò per caso e per una frazione di secondo scorse il visetto corrucciato del più piccolo. Gli sembrò di essersi sbagliato, di aver visto male, quindi si voltò ancora una volta per accertarsi che non ci fossero dubbi.

L'immagine che vide però fu la stessa a conferma della sua prima impressione.

Diede di gomito a Marco indicandogli l'altro.

Quando anche Marco si voltò rimase per un momento perplesso. Un attimo prima lo avevano lasciato sorridente e felice e quello immediatamente successivo era rabbuiato, sembrava triste e sconsolato.

Guardò di nuovo Simone e a loro bastò quell'occhiata per comprendersi. Un unico cenno del capo ed entrambi si mossero verso il più piccolo.

Gli si sedettero accanto, uno a destra, l'altro a sinistra. Lo circondarono e presero a guardarlo di sottecchi.

«Jacopo» ne attirò l'attenzione Marco.

Il più piccolo si voltò verso di lui.

«Cosa c'è?» chiese ancora.

Jacopo alzò le spalle «niente» bofonchiò.

«Jacopo» lo richiamò.

Lui sbuffò.

«Hei» fu il turno di Simone.

«Sto bene» disse il più piccolo.

«Ma...» accennò Simone.

«Ma niente»

Simone lo guardò indispettito assottigliando lo sguardo comunicandogli, senza parlare, che non gli credeva affatto.

«Sono un impedito» sbuffò infine Jacopo.

Gli altri due lo osservavano senza riuscire a capire il senso di quell'affermazione.

«Prima» continuò Jacopo «con la legna e il fuoco, non sono buono a niente»

I due furono colpiti da quel tono rassegnato ma, invece di mostrare pena e tenerezza, ci risero su.

Risero per esorcizzare quel momento di turbamento, risero per non rendere la situazione più pesante di quanto già non fosse, risero perché coinvolgere Jacopo in una risata era il modo più semplice per farlo tornare tra loro, com'era stato fino a qualche istante prima.

Jacopo li guardò male riservando un'occhiataccia ad entrambi, prima a Marco, poi a Simone.

E fu lì che si fermò.

Perché Simone gli prese il viso tra le mani e lo fissò con un'intensità tale da mandarlo in confusione.

«Smettila» gli disse.

Ma Jacopo non stava capendo, si era completamente perso in quello sguardo tenero e determinato allo stesso modo. Quello sguardo che gli stava dicendo di fidarsi e di affidarsi a lui, come aveva fatto dal principio.

«Smettila di farti paranoie» ripeté.

La sua voce era calma, sembrava un mantra da seguire e da cui lasciarsi cullare. E in quel momento quella era l'unica cosa di cui Jacopo avesse bisogno.

Non gli servivano grandi cose, aveva solo bisogno di qualcosa che veicolasse i suoi pensieri altrove, e la voce modulata di Simone era un catalizzatore impareggiabile.

Così si sciolse, come se un peso si fosse dissolto dal suo petto, come se gli fosse possibile qualsiasi impresa, come se con quel contatto Simone gli stesse trasmettendo le sue capacità, la sue eleganza, il suo essere così giusto in qualsiasi situazione.

Quindi sorrise, agli occhi verdi che ancora lo fissavano. Annuì debolmente e si lasciò andare ad un sospiro.

«Tanto noi lo avevamo capito che il fuoco non era il tuo forte» disse una voce alle sue spalle, quella di Marco, della cui presenza si era completamente dimenticato «Simone temeva avresti incendiato persino il lago»

Una nuova luce si accese negli occhi di Jacopo, scosse divertito il capo che ancora era cinto dalle mani di Simone e rise, rise forte.

«Stronzo» aggiunge.

«C.v.d.» proclamò Simone lasciandolo andare, poi si sporse un po' a destra per guardare Marco «credo sia il suo insulto preferito»

Nuovo scroscio di risa e un unico pensiero che solo rimbombava nella testa confusa di Jacopo.

Amabilissimo bellissimo dolcissimo grandissimo stronzo.

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