Capitolo 18

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Al suo rientro Jacopo salutò sua madre, con una scusa saltò la cena e si chiuse in bagno per una doccia calda con la speranza che il tepore avrebbe sciolto la tensione accumulata nelle ultime ore.

Ogni suo più roseo pensiero però risultò vano svanendo all'istante quando comprese che ogni goccia d'acqua che accarezzava il suo corpo nascondeva in sé una lacrima salata che si mescolava e scompariva assieme a tutte le altre.

Solo lì si lasciò andare, avvolto dal vapore che saturava l'ambiente, con la vista appannata per il pianto e lo stomaco sottosopra. Fu solo lì che da solo sfogò il suo tormento.

Uscito dalla doccia si asciugò e indossò il pigiama ma, non pago, si avvolse nella coperta di pile che teneva sempre piegata ai piedi del letto pronta per ogni evenienza.

Così infagottato spostò la poltroncina accanto al calorifero della sua stanza portando con sé il computer che si posizionò sulle gambe.

Una volta connesso ad Internet navigò sulla pagina principale di YouTube e fece partire una delle sue playlist preferite.

Improvvisamente, le canzoni che scorrevano, una dopo l'altra, in un susseguirsi senza tregua, gli sembrarono tutte tristissime. Sembravano tutte, in un modo o in un altro, volergli rimarcare la situazione penosa in cui versava la sua vita.

Che poi, in realtà, non avrebbe neanche saputo dire cosa della sua vita proprio non andasse. Sapeva solo di sentirsi triste, depresso e solo.

Si strinse ancora un po' nella coperta scorgendo dalla finestra il cielo scuro che non prometteva nulla di buono.

Al solo pensiero rabbrividì.

Sentiva freddo Jacopo, un freddo strano che gli partiva da dentro, dalle ossa e lo induceva a tremare.

Optò per bere qualcosa di caldo, magari sarebbe stato meglio.

Quando raggiunse la cucina sua madre gli propose una tisana ma no!

Jacopo non voleva una tisana.

Non voleva qualcosa di completamente industriale.

Non voleva qualcosa dal nome assurdo.

Non voleva qualcosa di cui nessuno sapesse decantare le qualità.

No. Assolutamente no!

Chiese quindi a sua madre di preparargli una cioccolata, proprio quella che lei gli propinava quando era bambino.

Aveva la cioccolata stretta tra le mani, i piedi nascosti sotto il corpo rannicchiato, la coperta sulle spalle, eppure il freddo sembrava non volerlo abbandonare. Si era come radicato dentro di lui, in un punto non meglio precisato delle sue membra.

Si sentiva strano, avrebbe solo voluto stendersi e dormire fino al mattino seguente.

«Stai bene amore?» chiese d'un tratto sua madre dopo averlo osservato per un po' «sei così pallido»

«Ho solo un po' di mal di testa» si giustificò lui.

Sua madre annuì ma continuò a scrutarlo per un po' analizzando ogni più piccolo particolare del suo bambino.

Jacopo preferì distogliere lo sguardo portandolo verso il televisore. Non riuscì nemmeno a finire la cioccolata perché il mal di testa sembrò diventare una sorta di capogiro che presto si estese allo stomaco causandogli un fastidioso senso di nausea.

Decise quindi di mollare tutto e rifugiarsi sotto le coperte per, davvero, risvegliarsi l'indomani.

E così fu, dormì di sasso ma quando riaprì gli occhi sentì come una corolla di spilli trapassargli le tempie.

Prima ancora che potesse scendere dal letto lo colse uno starnuto e poi un altro e un altro ancora.

La diagnosi era fatta: si era beccato un bel raffreddore!

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