Capitolo 85

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Simone era perso nei suoi pensieri. Stava aspettando Jacopo ma la sua mente aveva cominciato a correre. L'aspettativa lo stava logorando e stava pensando a come agire quando fu distratto da un fruscio seguito da un poderoso sbuffo d'acqua.

Sotto il velo dell'acqua riuscì a distinguere perfettamente la sagoma di Jacopo che si muoveva indisturbata. Prima che potesse riemergere decise di raggiungerlo.

Con un paio di bracciate subacquee gli fu vicino, gli si parò di fronte così che quando Jacopo riemerse se lo ritrovò di fronte.

Gli occhioni di Jacopo erano lucidi, per una volta non di lacrime, ma di acqua e sorrisi. Simone si compiacque, l'acqua, ancora una volta, era stata la scelta giusta.

«Mi hai fregato!» disse Simone.

Jacopo senza rispondere scrollò le spalle in quel gesto tutto suo che, a Simone, faceva venir voglia di abbracciarlo per quanto risultasse tenero e poi di morderlo, all'improvviso, a tradimento quasi, per punirlo dell'isolenza dimostrata e far sparire quel sorrisetto che tanto lo mandava ai pazzi.

Si stupì e inarcò un sopracciglio quando Jacopo, come fosse la cosa più normale del mondo, gli chiese:

«Facciamo una gara?»

"Una gara?" pensò Simone "ma se lo ricorda che io nuoto?"

«Che c'è» chiese Jacopo «hai paura?»

Simone inarcò ancora di più, se possibile, il sopracciglio assumendo un'espressione scettica che, invece di intimorirlo, incoraggiò Jacopo.

«Non ti ho nemmeno detto di cosa si tratta» disse prendendo a muoversi lentamente intorno all'altro, quasi impercettibilmente.

Simone lo seguiva con lo sguardo, girando su sé stesso per non perderlo mai di vista, cercando una risposta in quegli occhi diventati accecanti tanto brillavano di qualcosa che Simone non sapeva spiegarsi.

Jacopo se ne stava totalmente immerso, a tratti erano solo quegli occhi a sbucare fuori, quasi fosse un alligatore pronto a colpire.

«Siamo in piscina» sentenziò infine «in cosa potresti mai sfidarmi?»

Jacopo ridacchiò, solo allora Simone si rese conto di quanta distanza il più piccolo avesse messo tra loro.

Provò ad avvicinarsi con cautela ma l'altro dovette accorgersene perché appena ne percepì il movimento urlò:

«Prova a prendermi!»

E dopo aver preso un respiro, issandosi sull'acqua, si immerse per continuare al di sotto la sua corsa.

Simone rimase per un attimo attonito, immobile, prima di capire come muoversi, poi si tuffò e riemerse qualche metro più in là, dandosi la spinta con delle potenti bracciate.

Poco distante Jacopo risalì in superficie, un respiro ancora, e tornò ad immergersi nell'acqua, cambiando continuamente direzione.

Simone lo guardò ammirato. Nel nuoto lo avrebbe battuto sicuramente ad occhi chiusi ma Jacopo aveva trovato, ancora una volta, il modo di fregarlo.

Letteralmente!

A stupirlo comunque, non erano solo la velocità e la potenza del nuoto subacqueo, e nemmeno la resistenza pur notevole. A catturare la sua attenzione era l'eleganza di Jacopo, la sua capacità di flettersi e fondersi con quello che lui aveva da sempre considerato il suo elemento.

Ogni volta che pensava di poterlo prendere o di esserci vicino Jacopo lo stupiva cambiando direzione, ogni volta che riemergeva per riprendere fiato era rapidissimo a ridiscendere e disorientare Simone che un po' si sentiva chiuso in gabbia.

Ben presto Simone si rese conto di aver perso qualsiasi interesse per quella sorta di gara.

Aveva davanti a sé una possibilità mai avuta in precedenza, quella di osservare Jacopo senza che lui se ne accorgesse, senza interruzioni, senza creargli stupidi e inutili imbarazzi.

Seguendolo in superficie, a poca, pochissima distanza, poteva studiarne ogni più piccolo particolare.

Jacopo, sotto quell'atteggiamento timido e impacciato, nascondeva un fisichino di tutto rispetto. Non era particolarmente muscoloso ma non era nemmeno lo scheletrino che Simone aveva sempre immaginato. Aveva delle belle linee, era proporzionato e il fatto che si muovesse così disinvolto lo colpiva e non poco.

Simone a quel punto era stanco di giocare, voleva chiacchierare, nuotare o, più semplicemente, in realtà voleva passare il suo tempo in compagnia di Jacopo.

Lo raggiunse sott'acqua e gli si parò davanti bloccandogli la strada e facendo, con le mani, segno che fosse finita.

Con uno slancio dal fondo Jacopo riemerse, subito seguito da Simone che si tenne ad una minima distanza dal volto dell'altro. I suoi occhi apparivano completamente verdi e arrossati a causa del cloro, i capelli appiccicati sulla fronte lasciavano cadere di tanto in tanto piccole e ribelli goccioline.

«Ti arrendi?» chiese Jacopo.

«Mi arrendo» confermò Simone.

«Ammetti che sono io il più forte?»

«Ammetto che sott'acqua te la cavi piuttosto bene»

«Solo?» chiese Jacopo accigliandosi.

«Ok, sott'acqua sei perfetto» disse facendo illuminare gli occhi dell'altro «sembri una sirenetta, ti chiamerò Ariel da oggi in poi»

Jacopo sbuffò frustrato «ancora con questi nomi da scemo?»

Simone scoppiò a ridere «non sono nomi da scemo. Sono teneri»

«E ti sembro tenero io?» chiese assumendo un atteggiamento da duro che proprio non gli si addiceva.

«Troppo Ariel, troppo»

Uno sbuffo d'acqua dritto in faccia e Jacopo era sparito di nuovo sott'acqua lasciandosi dietro un Simone sorridente e soddisfatto.

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