Capitolo 41

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Jacopo fissò pensieroso Simone che si era appena allontanato dal tavolo ma fu momentaneamente distratto dall'arrivo delle due cioccolate profumate e fumanti.

Prese per sé quella al latte e quasi dimenticò di Simone e di tutti i suoi strani movimenti. Strinse la sua tazza tra le mani fredde e, ad occhi chiusi, la portò alle labbra per ispirarne ancora una volta il profumo dolce e speziato.

«Che fai? Nemmeno mi aspetti?»

La voce di Simone lo riportò immediatamente alla realtà ma, quando riaprì gli occhi quello che si trovò di fronte non fu il sorrisetto ironico che si era aspettato di trovare, ma un vassoio pieno di cioccolatini.

Gli occhi di Jacopo si illuminarono per poi incupirsi e sollevarsi, quasi senza controllo.

«E questi sarebbero?»

«Sarebbero il mio pegno»

Jacopo rimase ancora qualche istante a fissarlo torvo per poi spostare nuovamente lo sguardo sui cioccolatini e dire:

«Quelli alla nocciola sono i miei preferiti»

Solo allora Simone adagiò il vassoio sul tavolo e tornò a sedere al suo posto.

Per qualche istante rimasero in silenzio, Simone guadava Jacopo di sottecchi mentre Jacopo, a sguardo basso, sembrava rimasto concentrato sul vassoio.

Non che ci fosse molto da guardare, da scegliere, da capire: c'era solo da prenderne uno e assaporarlo.

Jacopo però sembrava frenato, sembrava addirittura stesse pensando ad altro.

Simone allora spostò l'attenzione sulla tazza che aveva di fronte, la stinse tra le mani come aveva fatto Jacopo poco prima e si lasciò cullare dal profumo intenso emanato.

«Perché per me hai scelto la cioccolata fondente?» domandò.

Jacopo sembrò improvvisamente in difficoltà.

«Ehm... Pensavo ti piacesse, che la preferissi a quella al latte»

«Ed è così infatti» lo sorprese Simone abbozzando un sorriso.

Jacopo si illuminò «sono un genio»

Simone sbuffò irriverente ma restò con lo sguardo basso puntato verso la tazza. Quando la avvicinò alle labbra e si concesse di assaggiare quella cioccolata un tripudio di dolcezza gli invase le papille gustative procurandogli una sensazione di benessere che dallo stomaco si irradiò al cervello.

Si lasciò andare contro lo schienale della poltroncina con un sorriso estatico che fu subito notato dall'altro.

«Buona eh?»

«Strepitosa!»

«E non hai assaggiato i cioccolatini» disse Jacopo ammiccando verso il vassoio.

Quando Simone tese la mano per prenderne uno Jacopo tirò verso di sé il vassoio.

«Mio!» esclamò.

Simone si accigliò mentre Jacopo gongolava trionfante.

«E poi sarei io il prepotente...» mugugnò il più grande.

Jacopo scoppiò a ridere, talmente forte da tenersi la pancia, una risata talmente sentita che finì per coinvolgere Simone.

Perché era ormai diventato inevitabile; quando Jacopo rideva davvero, con quel sorriso che gli nasceva dagli occhi, Simone non poteva fare a meno di corrispondergli.

Perché era più forte di sé, perché Jacopo felice era uno spettacolo, perché quella risata spensierata arrivava dritta al cuore di Simone e si propagava con una forza inaudita al suo viso che, immediatamente, cambiava espressione.

Finirono quindi a ridere di sé stessi, delle loro stramberie nel relazionarsi l'un l'altro, dei loro sorrisi e del calore che non era solo la cioccolata ad emanare, perché quel tipo di calore erano loro stessi a crearlo.

Loro che erano un po' come una miccia che da una scintilla fa divampare un fuoco.

Ed era un fuoco che non avrebbe fatto male a nessuno perché, anzi, avrebbe scaldato il cuore e gli animi.

Quando si ritrovarono nuovamente occhi negli occhi fu naturale per entrambi sorridersi e tendere le mani all'unisono per afferrare insieme un cioccolatino.

Lo assaggiarono, lo gustarono e poi, come fosse la cosa più naturale del mondo, risero ancora.

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