"Esci" è l'unica parola che riesco a pronunciare.
"Non posso venire a trovare una mia amica?" sgrano gli occhi, ha detto seriamente amica?
"Amica!?" rido nervosamente.
"Non è una tua amica, è la tua ex" preciso, lui mi guarda attentamente ma non risponde, lo sguardo si sposta sulla mia ragazza e si avvicina a lei.
"È incinta?" posa la sua mano sulla sua pancia.
"Cazzo non toccarla!" levo bruscamente la sua mano mentre lui ghigna.
"Sai, con me una cosa del genere non sarebbe mai successo. Mai" non ci vedo più per la rabbia, gli do una spinta facendogli sbattere le spalle contro il muro e gli metto una mano intorno al collo.
"Con te sarebbe direttamente morta, non facevi altro che picchiarla. Tu non puoi essere considerato neanche un uomo sei una merda. Chiara con te non stava bene" urlo a un centimetro dal suo volto. Sento due mani posarsi sulle mie spalle e allontanarmi da Marco che riprende fiato.
"Ti sei impazzito?" mi chiede Enzo non mollando la presa dai miei polsi.
"Consideralo fortunato perché non l'ho ucciso".
"Lo stavi facendo Luca, quasi non respirava più" scrollo le spalle.
"Se lo meritava" vedo Marco uscire dalla stanza accompagnato da Kilo.
Vado nella sala d'attesa e prendo posto su una sedia, aggancio lo sguardo di Ava, sembra provare pena, tristezza per me, ma in realtà in questo momento solo solamente incazzato, anche con lui.
"Perché non l'hai cacciato? Perché gli hai permesso di entrare?" domando al mio amico.
"Fratè ci ho provato, ma ha insisto. Mi ha fatto tutto un discorso, mi sembrava cambiato" abbasso lo sguardo.
"Non lo conosci bene, lo devi portare via" ribatto.
"Ci ho parlato, ci ho provato. Te lo giuro".
"Con le parole non risolvi niente, con la forza sì" lo fulmino con lo sguardo mentre lui scuote la testa.
"La violenza non è forza ma debolezza" una voce femminile risuona nella sala d'attesa, giro la testa in direzione del suono e vedo una delle poche persone che non dovrebbero essere qua. Prende posto di fianco a me facendomi una carezza sulla schiena.
"Dalila che ci fai qua?" le chiedo ormai all'estremo delle forze.
"Penso che a volte sia necessario scordarsi il passato e starti vicino in questo momento" mi sorride ma io non ricambio il gesto, non ho bisogno del suo supporto. Sospiro e lancio un'occhiata a tutti i miei amici.
"Ragazzi posso parlarvi?" ci chiede un medico posizionandosi in mezzo al corridoio, annuiamo.
"Vi chiedo gentilmente di fare meno rumore quando entrate nel reparto, molte persone si sono lamentate. Capisco benissimo la vostra situazione, il vostro dispiacere ma per il rispetto di tutti e soprattutto degli altri pazienti vi chiedo di abbassare il livello della voce" alzo gli occhi al cielo, non mi frega niente di ciò che sta dicendo.
"Si ci scusi, abbiamo avuto un equivoco... Non succederà più" Enzo porge le sue scuse che il dottore sembra accettare prima di rientrare nel reparto.
"Comunque ti posso capire" dice la mora di fianco a me.
"No Dalila, non puoi capire niente" mantengo lo sguardo fisso sul pavimento.
"Un po' di anni fa, quando avevo 16 anni, stavo in macchina con degli amici. Il conducente era ubriaco e si schiantò contro un muro, io me la cavai con una rottura della gamba, stessa cosa il ragazzo di fianco a me... Mentre il conducente, nonché il mio migliore amico, morì sul colpo. Lo so, non è la stessa però posso capire il dolore che tu stai provando nel non poter fare niente, di fronte a certe cose siamo impotenti, possiamo solo guardare in silenzio, subire" non rispondo, perché ha ragione, io cosa posso fare? Niente. Posso guardare e sperare che vado tutto per il meglio, sto trasmettendo il mio dolore anche ai miei amici e mi sento in colpa per questo.
"Papà..." la voce di Dario mi sveglia dai miei pensieri, alzo lo sguardo mentre lui mi fissa con aria disgustata. Non capisco il perché.
"Ma che cazzo fai?" urla per poi correre giù per le scale dell'ospedale.
Solo ora mi rendo conto che Dalila ha la mano poggiata sulla mia e la testa posata sulla mia spalla.
"Cazzo" sussurro alzandomi di scatto e scendendo di corsa i piani dell'ospedale.
"Dario! Non è come sembra" lo fermo afferrandogli il braccio. Mi squadra da testa a piedi con una smorfia stampata in faccia.
"Enzo, riportami a casa" si rivolge al mio amico che accetta facendolo salire in macchina. L'Audi sfreccia via per poi uscire definitivamente dal cancello dell'ospedale.
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|Tu non ci credevi in noi| Capo Plaza
RomanceChiara è una ragazza di 16 anni, i genitori la fanno trasferire a Salerno a causa degli atti di bullismo che subiva nella sua città d'origine: Sorrento. Lì a Salerno frequenterà una nuova scuola e andrà in un appartamento in affitto condiviso con tr...