Ti ho già chiuso fuori dalla mia vita

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LEILA

Alzo la testa buttandola all'indietro, il getto d'acqua bollente colpisce la pelle del mio volto che inizia a bruciare e sento il fastidio diventare dolore ma non mi muovo.

Tre settimane.

Ventitré giorni che non esco di casa, non vedo il mio migliore amico, non vado a scuola.

Ho chiamato il preside dicendogli che ho avuto dei problemi alla salute e lui, sapendo i miei precedenti, mi ha permesso di rimanere a casa e seguire le lezioni online.

Praticamente studio dagli appunti che Tomas mi passa ogni giorno; l'ho chiamato e quando ha risposto mi ha forato un timpano per le urla che mi ha riservato quella sera.

Gli ho detto che sto bene, anche se ho mentito, e che non doveva preoccuparsi.

Ho sentito dei rumori in sottofondo, perciò ho pensato che si trovasse in compagnia di Felicity, ma in queste situazioni non sarebbe da lui divertirsi con qualcun'altra sapendo che la sua migliore amica sta davvero troppo male.

Quindi in mente mi è venuto solo qualcuno, una montagna di due metri, capelli neri come la pece, occhi profondi del medesimo colore e pelle abbronzata.

Mi ha detto che si vedono spesso ultimamente, ed io ho cercato di nascondergli la mia rabbia, si sta vedendo con l'assassino di mio padre quando io sono chiusa in casa da quasi un mese per colpa sua?

Ora il telefono vibra sul mobiletto del secondo bagno presente in questa casa e sono certa che è Jace, dopo aver saputo che sono ancora viva e vegeta non ha smesso di bombardarmi di chiamate e messaggi.

Lasciami in pace, la mia voce debole e tremolante riempie i miei pensieri come se il suono di essa fosse davvero uscito dalle mie labbra.

Continua a vibrare dandomi fastidio e con uno scatto lo afferro, anche se ho le mani bagnate, e rifiuto la chiamata in malo modo.

Gli ho detto chiaro e tondo che non voglio avere più niente a che fare con lui, quando mi riprenderò del tutto e ritornerò a vivere la mia vita normalmente, la prima cosa che farò sarà andare dal preside e tirarmi indietro.

Chiameremo un'altra ragazza.

Ignoro il senso di fastidio che si insinua tra le crepe ancora fresche della ferita che lui mi ha provocato e riporto la testa sulle ginocchia piegate.

L'acqua continua ad ondeggiare contro il mio corpo minuto e nudo, accovacciato nella vasca fredda e piena.

Dopo una mezz'ora che insisto nel rimanere a mollo nella vasca a pensare al peggio ed a ignorare le sue chiamate, sento un forte bussare alla porta.

Rabbrividisco sentendo una vera e propria fitta allo stomaco, riconosco quel tocco pesante e violento, non è sicuramente Tom che bussa come se volesse sfondare il legno.

È lui.

Mentirei se non dicessi che rabbrividisco anche per la paura che costringe i peli delle mia braccia ad alzarsi, così mi affretto ad uscire dalla vasca e asciugandomi con un misero pezzo di stoffa bianco, indosso una felpa e dei leggins.

Tampono i capelli con un asciugamano mentre continuo ad ascoltare il rumore che i suoi colpi alla porta provocano.

Scendo velocemente, sentendo l'aria fredda avvolgere la mia chioma fradicia e facendomi sentire freddo.

Arrivata dinanzi alla porta il mio istinto è quello di spalancarla e affrontarlo, ma essendo leggermente impaurita e scossa dalla sua improvvisa visita, mi costringo ad indietreggiare.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora