Forse non mi annoierò come pensavo

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LEILA

«forse non lo fa apposta» insiste Tom, mentre io spalanco leggermente gli occhi esausta.

«no, lo fa apposta e basta, per farla soffrire» ribatte Kevin mentre si stravacca al mio fianco su una sedia e continua a far scivolare una matita sul banco.

«non mi fido di quel carcerato, e non mi fiderò mai di lui, a prescindere non mi fiderei mai di uno come lui» sussulto, e mentalmente mi maledico.

«uno come lui come?» domando voltandomi verso di lui, noto Tom nascondere un sorrisetto mentre si porta una mano al volto, nel frattempo incateno i miei occhi ai suoi.

Ogni volta che lo insultano o parlano di lui come se fosse un demonio sento un fastidio nel petto, anche se non dovrei mi sento il dovere di proteggerlo, penso a lui e mi appare una creature minuta e indifesa, ma poi lentamente si trasforma in un gigante, massiccio, due occhi neri e profondi, ciocche corvine come carbone puro, lineamenti dolci ma duri e cattivi allo stesso tempo.

«beh, è un pericolo umano, non so la sua storia ma per aver avuto due guardie vicino il primo giorno di università non è una persona normale» spiega con tranquillità.

«normale» ripeto, faccio una smorfia posando lo sguardo sul suo banco poco più avanti del mio, ha la testa china e le sue spalle si alzano lentamente, presumo stia dormendo.

«non mi va a genio, preferirei che tu gli stessi lontana, Leila, lo dico per il tuo bene» accenno un sorriso falso, che Tom nota, e subito dopo ritorno seria.

«beh credo si sia fatto tardi, la lezione sta per iniziare» lo informo mentre lo incito ad alzarsi, lui annuisce e si china su di me.

Lascia un leggero bacio sulla mia guancia ed esce dalla grande stanza, noto solo ora Jace sveglio che segue con lo sguardo Kevin.

«ti urta, vero?» domanda Tom mentre mi tocca il braccio, mi volto verso di lui aggrottando le sopracciglia.

«non ti seguo» dico facendo un sospiro, in fondo ho capito dove vuole arrivare, ma il fatto è che non lo so nemmeno io.

«che parlino male di lui» aggiunge, io sbuffo voltandomi «non lo so» ammetto, lui annuisce mentre un sorriso nasce sulle sue labbra.

«comunque sia, non mi sta tanto simpatico questo Kevin» scatto il volto verso di lui, il mio migliore amico non sopporta la persona che sto frequentando, potrebbe andare peggio?

«cosa? Non puoi dire così!» spalanco gli occhi arrabbiata verso di lui, vedo una strana espressione nel suo volto.

«dico solo che non mi piace il fatto che ti dica cosa fare ancor prima di mettervi insieme» io sospiro, non ribatto, perché so che ha ragione.

«lo so ma non farò quello che lui mi ha detto»

«quindi parlerai a Jace?» piego la testa di lato, lo rimprovero guardandolo e lui rotea gli occhi voltandosi.

«scherzavo, comunque» mi informa canzonatorio, lo guardo mentre appoggia il mento sul palmo della mano annoiato e scoppio a ridere quando do una spinta al suo gomito e la sua fronte sbatte sul banco.

«ma cosa» si volta verso di me con la bocca spalancata, io ho le lacrime agli occhi.

«brutta peste che non sei altro» sorride malvagio mentre si avvicina con le dita tese verso i miei fianchi, li punzecchia velocemente fino a quando il respiro mi manca nei polmoni.

Non riesco a parlare, rido come una pazza dimenandomi sulla sedia e dando delle ginocchiate sul banco, fin quando io mi calmo e le sue dita smettono di torturarmi lentamente.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora