LEILA
Non ho voglia di aprire gli occhi, sono sveglia da quando il rumore della porta ha fatto tremare persino il pavimento.
Non mi ha avvertita, né svegliata, e questo non fa altro che aumentare la mia tristezza, appesantisce il macigno che ho nel petto.
Sospiro, mentre appoggio le mani ai lati dei miei fianchi e mi tiro a sedere sul materasso, una fitta si propaga sulla parte bassa del ventre facendomi gemere dal fastidio.
Sono stanca, abbiamo dormito massimo due ore, stanotte eravamo talmente desiderosi l'uno dell'altra che non abbiamo smesso finché siamo caduti stremati sul letto.
Mi alzo, e apro immediatamente l'armadio cercando la sua felpa che aveva lasciato qualche giorno fa per sicurezza.
Non c'è.
Chiudo le ante e appoggio i palmi sulla superficie fredda dell'armadio, lascio cadere la testa tra le braccia.
Deglutisco, sentendo un vuoto immane nel petto, un fastidio allo stomaco che vorrei sparisse all'istante.
La mia mano scorre sulla mia pancia, fino a finire sul petto, stringo il tessuto della maglia in un pugno e la porto al viso, annuso l'odore che esso emana, il suo odore.
Strizzo gli occhi, caccio le lacrime e sbatto l'altra mano sull'anta, provocando un rumore assordante e secco.
Sospiro, sentendo l'aria finire nei polmoni, scendo le scale lentamente, con la consapevolezza che ormai non troverò più biglietti da parte sua.
Non vedrò il suo sorriso assonnato di prima mattina, non sentirò le sue mani accarezzarmi, non sentirò la sua voce consolarmi, non sentirò più la sua presenza rendermi viva.
Non mi ha nemmeno detto quando tornerà.
Afferro il telefono quasi scarico sul divano, non ci metto tanto a cedere alle mie tentazioni dettate dal dolore, infatti lo chiamo un paio di volte ma ormai il contatto è irraggiungibile.
Sarà sull'aereo.
Torno in cucina, poggiando i gomiti sul ripiano e affondando le mani nei capelli.
Mi volto, raggiungo il tavolo, e quando i miei occhi si posano su di un foglio piegato e ancorato al legno da una chiave, il mio cuore perde un battito.
Mi siedo, allungandomi verso quel pezzo di carta, c'è la sua firma fuori.
Afferro le chiavi, rigirandomele tra le dita e riconoscendo il portachiave a forma di biglia nera, e le spingo lontano.
Piccola Ley-
La richiudo con uno scatto, appoggio la fronte sulla mano e respiro profondamente, tentando di placare la tempesta che inizia ad innalzarsi nel mio petto.
Rimango a fissarla per altri cinque minuti, infine la apro e noto la sua scrittura disordinata e piccola, così sorrido dolorosamente.
Ripenso alla prima volta che ci siamo visti fuori scuola, era così chiuso in se stesso e scontroso nei miei confronti che stento a credere che lui e il mio Jace siano la stessa persona.
Mi faccio coraggio, devo esserlo per lui.
"Piccola Ley, probabilmente se stai leggendo questa schifosa e sdolcinata lettera, ti sei svegliata, e quasi sicuramente io sarò lontano kilometri da te, o addirittura mi troverò ancora in quel maledetto aggeggio volante di ferro.
Di solito non scrivo molto, anzi non scrivo mai, e tu ne sei ben consapevole, ma mi distruggeva dentro lasciarti semplicemente e andarmene senza darti un'ultimo saluto.
Anche se non posso baciarti, o dirti "ciao".
Non saprei da dove partire, sinceramente... innanzitutto stasera è stata una delle notti più belle della mia vita, davvero, sei stata fantastica, ed eri davvero bellissima, lo sei sempre, dal primo momento che ci siamo visti.
So che te lo stai chiedendo da ormai tre giorni, probabilmente anche ora, e no, non so quando tornerò, non ho ancora deciso quando tornare a Chicago.
Fossi in me, sarei rimasto a dormire con te, ma ho bisogno di stare anche con mia madre, devo aiutarla e voglio tornare a Phoenix, voglio incontrare i miei vecchi amici, voglio aggiustare le cose. È pericoloso, lo so, ma voglio farlo.
Non voglio dirti quello che farò a Phoenix, perché staresti più in ansia di quanto lo sei già, e non voglio farti soffrire ancora; non ho intenzione di chiamarti ogni giorno, mandarti messaggi o cercare in ogni modo di vederti a fine giornata. Sarebbe fin troppo per entrambi, questa situazione ci logora dentro e vederti ogni giorno, saperti lontano da me mi renderebbe polvere nelle mani del vento. Voglio semplicemente ringraziarti, ringraziarti di avermi dato un motivo per essere una versione migliore di me, mi piaci anche per questo, perché eri e sei la mia speranza, tu l'hai avuta prima di tutti in me e te ne sarò in debito per sempre.
Mi mancheranno i tuoi capelli sparsi sulla mia faccia di prima mattina, ora non avrò nessuno che mi farà fare esercizi di matematica, nessuno che potrà calmarmi, nessuno che potrà baciarmi e farmi sentire unico solo con uno sguardo.
Sei speciale, Leila, non dimenticarlo mai, sei una ragazza stupenda, piena di vita, gentile, altruista e... tutti gli aggettivi positivi che esistono nel tuo vocabolario.
Sei la mia salvezza, e non lo dico tanto per dire, mi hai ridato un motivo per cui rimanere qui a Chicago, continuare ad impegnarmi con lo studio ed essere una buona persona; mi hai regalato la vita che tanto desideravo, e non so neanche come ringraziarti, piccola nana bastarda.
Ti ho lasciato le chiavi del mio appartamento, non chiedermi perché, ho solo sentito il bisogno di lasciarti una delle cose che mi è rimasta a Chicago, cosicché tu possa avere tutto di me, perché Leila ti sei presa ogni cellula del mio copro.
Quando entrerai nella mia casa, dai un'occhiata al piccolo garage nei sotterranei del palazzo, ho lasciato una cosa.
Ora devo andare, sono in ritardo.
Continua a vivere la tua vita, non farti abbattere dalla mia partenza, anche io sentirò parecchio la tua mancanza.
Supererai anche questa.
Ti amo, ragazzina„
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I'm not your enemy
Romance[COMPLETA] Jace Carter, ex carcerato, nato a San Fernando, sulle coste del Messico, avrà la possibilità di tornare agli studi a 23 anni. Accusato di un grave reato, viene incarcerato all'età di 15 anni, per poi essere rilasciato a 22, dopo aver pass...