Non siamo amici

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*leggi lo spazio autrice infondo <3*

LEILA

«arrivederci ragazzi!» la professoressa di italiano ci saluta con il suo solito sorriso luminoso, quasi riesce a rallegrarmi la giornata.

Tom cammina al mio fianco sgranocchiando la sua barretta energetica al cioccolato e una volta finita butta la carta nel secchio.

Usciamo da scuola mentre distratta ripongo i libri nella borsa, appena arrivo a casa dovrò lavarla.

Sento Tomas fermarsi di colpo e per poco non gli vado addosso, essendo dinanzi a me; aggrotto le sopracciglia.

«dov'è Leila?» domanda una voce profonda e rauca, il mio corpo si immobilizza, potrei riconoscerla immediatamente.

«sono qui» allungo la testa a lato del corpo di Tomas, esco dal mio nascondiglio e me lo ritrovo davanti.

È mancato a lezione oggi, e gli altri giorni mi ignorava nonostante sapeva che io avrei voluto stare con lui, anche dopo quell'improvvisa scenata.

Rimane immobile a guardarmi, mi squadra come se non mi vedesse da molto, e infine noto un sorriso sul suo volto, che trattiene mordendosi la guancia.

«allora?» domando schietta, tagliente.

«io...» guarda Tom al mio fianco e si gratta la nuca imbarazzato, non ho assolutamente voglia di andare a parlare in un altro posto, Tom può sapere quello che ha da dirmi.

«tu? Andiamo Jace, abbiamo da fare» incrocio le braccia spazientita, nascondo la frustrazione con la rabbia.

«volevo chiederti scusa per quello che è successo l'altro giorno» dice velocemente, mi volto verso Tom per assicurarmi che non me lo sia sognato.

Infatti, il mio migliore amico è stupito quanto me, per aver sentito le prime scuse da parte dell'uomo più testardo, orgoglioso e freddo di questo mondo.

«non so cosa mi sia preso...» annuisco «...però ti ho trattata male, e non te lo meriti» lascia andare le braccia lungo i fianchi e diviene un tronco.

Rimango in silenzio guardandolo, tiro un sospiro piegando la testa lateralmente, sta morendo dentro, glielo leggo dagli occhi.

«scuse accettate» non so nemmeno io perché gli ho concesso il mio perdono, sono stupida a pensare che non si comporterà più in quel modo, sono solo parole, e non posso affidarmi ad una semplice frase.

Ma acconsento lo stesso, perché il mio cervello non ragiona quando ce l'ho davanti, sono impulsiva e agisco senza pensare.

«oh, pensavo fosse più difficile» drizza la schiena visibilmente sollevato, assottiglio lo sguardo verso di lui fissandolo malamente.

«vuoi che te lo renda più difficile, Jace?» domando mantenendo un tono duro e cattivo, che riesce benissimo data la sua espressione.

«no no, era per dire» abbassa lo sguardo, mi volto verso il mio migliore amico rimasto in silenzio per tutto questo tempo e sorrido.

«andiamo?» domando, ma non ottengo risposta dal momento che sta studiando sia me che Jace, osserva bene lui, il suo comportamento, e probabilmente il modo in cui mi guarda.

Quando sono distratta, percepisco il suo sguardo addosso, ed anche se lui non lo sa, mi rendo conto che mi sta guardando.

«Tomas andiamo o-» Jace mi interrompe «dove andate?» domanda, io confusa alzo le sopracciglia.

«a casa mia» rispondo, se fa un'altra scenata come l'altra volta giuro che mi arrabbio talmente tanto da fargli passare le pene dell'inferno «per stare insieme» annuisce.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora