Sei scomparsa

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LEILA

È sabato.

Sono le sei del pomeriggio, ed io sono rimasta tutto il giorno a letto, non avendo voglia di alzarmi.

Non ho visto ne sentito nessuno, ho spento il telefono per avere una giornata solo ed esclusivamente per me, un po' di pace per riflettere.

Fisso il soffitto bianco, sospirando più e più volte, mentre la mia testa è fissa a quel casino dai capelli corvini.

Ieri quando mi ha accompagnato a casa si è limitato ad abbracciarmi mentre aveva la testa sulle nuvole, ha accennato un sorriso, quasi forzato, e poi è sfrecciato via con la sua moto.

Io ero ancora scossa per il bacio che mi ha dato, era del tutto inaspettato, ero sorpresa, non avevo in mente che lui provasse le stesse cose che provo io, almeno credo.

Sento un turbine di emozioni scatenarsi nel mio petto ogni volta che penso a lui, e a volte mi chiedo, perché ne sono così attratta?

E non riesco mai a trovare una risposta, non me lo spiego nemmeno io, perché è successo tutto così in fretta, quasi per caso.

Chiudo gli occhi mentre la mia mente torna a ieri sera, quando eravamo faccia a faccia, e mi sorrideva come se l'unica cosa in quel momento che importava ero io, tra le sue braccia.

Sbuffo mettendomi a sedere con uno scatto, infilo le mani nei capelli tirandoli leggermente, avrò una crisi di nervi se continuerò a pensare a lui ed ai sentimenti che provo.

Penso alla costante paura che ho, per quello che sento, e se iniziassi veramente a provare qualcosa di molto forte per lui?

Scuoto il capo come per scacciare via tutti i pensieri e sbadiglio, mi alzo andando in bagno e quando ho il mio riflesso dinanzi deglutisco.

I miei capelli sono in disordine, ed ho delle leggere occhiaie sotto gli occhi.

Butto a terra i vestiti ed entrando in doccia sospiro di sollievo sentendo i muscoli rilassarsi sotto il getto d'acqua caldo.

Dopo aver fatto un bagno più che lungo e rilassante, ritorno in camera e mi butto sul letto con un asciugamano addosso e afferro un libro.

Jane Eyre.

Sfoglio le pagine giallastre consumate dal tempo, e come un gesto automatico, istintivo, lo avvicino al viso ed annuso l'odore del libro.

Accenno un sorriso chiudendo gli occhi e cercando di ricordare l'immagine di mia madre che legge questo libro mentre io gioco ai piedi del divano, il camino acceso alle mie spalle, mio padre che ci osserva sorridente.

Non ricordo com'era fatta mia madre, ricordo solo una chioma bionda, mio padre non parlava mai di lei, ogni volta che glielo chiedevo sviava l'argomento in qualcosa che mi avrebbe fatto distrarre, essendo piccolina, oppure semplicemente non rispondeva e mi sorrideva.

Quando sono cresciuta, più o meno in terza media, mi arrivò il mio primo ceffone da parte sua.

Si era scusato immediatamente ed io non gliene avevo fatto una colpa, era stato appena licenziato ed io continuavo a domandargli il motivo, perché volevo che si aprisse con me, come gli altri genitori facevano con i propri figli.

Ero andata a casa di Tom, e vedevo il rapporto che aveva lui con i suoi genitori, e li invidiavo davvero molto.

Con il tempo ha iniziato ad alzare le mani sempre di più, per qualsiasi cosa io facessi, sbagliata o no.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora