Non tutto è come sembra

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LEILA

È già passata una settimana da quando l'anno è finito, una settimana in cui mi sono rinchiusa in casa rifugiandomi nei libri e nei discorsi senza senso di Tomas, una settimana che cerco di evitare in tutti i modi Jace.

Quando lui entra in classe sposta subito lo sguardo su di me, cerca il contatto visivo che io gli nego oramai da sette giorni.

Quando lo incontro per i corridoio spengo quella piccola lucina di speranza che gli rimane svoltando e prendendo una via diversa dalla sua.

Quando cerca di mandarmi messaggi io capovolgo il telefono e mi concentro su qualcos'altro, lo rimuovo dai miei pensieri, e fallisco miseramente quando mi ritrovo a pensare se quella sera avessi scelto di ascoltare le sue parole invece che scappare.

Quando mi lascia messaggi in segreteria chiedendomi il permesso di venire a studiare da me, semplicemente lo ignoro eliminando tutti i vocali.

Sbuffo poggiando le mani ai lati delle mie ginocchia, ho quasi finito tutte le serie tv che Tom mi ha consigliato e non ne posso più di stare a casa senza fare nulla.

Ho iniziato l'anno standomene a casa a guardare il vuoto e a rimuginare su quella sera, mi sono stufata.

È mattina e dovrei andare a scuola, probabilmente incontrerò lui e devo anche parlare con il preside riguardo alle lezione che sto dando a Jace.

Quattro mesi fa non mi sarei mai aspettata tutto questo, sono spaventosamente persa di quel casino fatto a persona, antipatico e strafottente.

Pensando a lui sorrido, e mi maledico mentalmente, mi manca, è inutile negarlo.

Sono dinanzi alla porta dell'ufficio del preside, tutti sono a lezione, compresi Tom e Jace.

Tomas mi ha detto che ultimamente si stanno avvicinando, vuole farlo per me, per il rapporto che ho con il lui, cerca di farsi amico Jace.

È difficile per lui, dopo il modo in cui Jace l'ha trattato, ma ci sta provando e gliene sono grata.

Busso sbattendo ripetutamente le nocche sulla superficie di legno, un 'avanti' mi da il permesso di aprire la porta ed entrare nella stanza.

«Leila!» mi saluta raggiante, incrocia le mani tra loro osservandomi con un sorrisone.

«come sta?» mi azzardo a chiedere sedendomi sulla poltroncina in vimini, poggio lo zaino ai miei piedi e un sorriso falso nasce sulle mie labbra.

«molto bene, sa che mia figlia ha partorito?» mi informa, mi congratulo con lui.

«non lo sapevo, auguri» mi ringrazia e rimaniamo in silenzio, noto alcune scartoffie sotto le sue braccia, sembra indaffarato.

«scusi, se ha da fare posso ritornare domani» scuote il capo freneticamente e mi sorride.

«di cosa volevi parlarmi?»

«le lezioni con Jace stanno andando alla grande, si impegna e studia, mi ha detto che i suoi voti sono aumentati» annuisce, sospiro mentalmente perché non è vero che mi ha parlato, sto mentendo.

«sì, ha recuperato le materie in cui non era sufficiente» alza le spalle «tuttavia, sto aspettando di vedere dei cambiamenti nel suo comportamento, è essenziale» annuisco.

«ha combinato qualcosa ultimamente?» domando sentendo le ginocchia tremare per il nervoso.

«a parte qualche momento di rabbia improvviso e litigate con i compagni e i professori, nulla di nuovo» mi informa, sbuffo silenziosamente.

«non ci vediamo spesso fuori scuola, questa settimana sono stata indaffarata» spiego «le assicuro però che quando è in mia presenza si comporta più che bene» mento, nuovamente.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora