Mi hai fatto male

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LEILA

Porto le ginocchia al petto e poggio la testa su quest'ultimi, respirando lentamente.

Ieri sera Jace mi ha riportata a casa e magicamente ha ripreso ad essere sarcastico e rompi palle, come se non fosse successo nulla.

Gliene sono grata, perché mi ha fatto compagnia con le sue stupide battutine e le sue continue provocazioni mentre abbiamo passato più di un'ora a parlare sul mio divano.

Mi volto verso di lui che dorme come un'angioletto, la sua faccia è spiaccicata sul cuscino e le labbra sono leggermente socchiuse.

Sorrido guardando il suo viso rilassato e l'accenno di sorriso che ha sulle labbra.

Si trova a pancia in giù e le sue spalle si muovono a ritmo di ogni respiro limpido e calmo, diverso rispetto a quando è sveglio.

Ritorno a guardare la camera dinanzi ai miei occhi, al buio e fredda, la porta è chiusa e ai piedi del letto c'è la sua camicia, che ha tolto dopo che gli avevo chiesto di rimanere vestito.

Controllo l'ora sulla sveglia e sono le 4.45 del mattino, mi alzo lentamente facendo attenzione a non svegliarlo e quando vedo che socchiude un'occhio mi maledico mentalmente.

Mi guarda per una frazione di secondo e si alza, io faccio un sorrisino scusandomi, ma quando si lascia cadere sul cuscino quasi non scoppio in una risata.

Mi copro la bocca, altrimenti rischio di svegliarlo seriamente.

Camminando sulla moquette calda raggiungo la finestra, e la socchiudo cercando di far entrare aria fresca.

Intravedo i flebili raggi del sole macchiare il cielo nero e buio, un po' come me in questo momento, e vedo i primi uccellini posarsi sui rami di un albero.

Mi volto verso la porta, uscendo dalla camera e andando in cucina.

Prima di scendere le scale mi volto verso quella porta, che è stata aperta tante volte, che mi ricorda mio padre mentre mi picchiava, che mi ricorda una piccola me che faceva sempre disegni per mia madre, e mio padre che li strappava tutti dicendomi che ormai era morta.

Iniziando a crepare il mio cuore, lentamente.

****

Esco dal bagno, indossando un paio di leggings neri, una maglia a maniche corte ed una felpa aperta sopra.

Quando c'è Jace non mi vergogno più di mostrare quei piccoli segni sulle mie braccia, ha ragione lui, fanno parte della mia storia e non devo coprirli, non me ne devo vergognare.

«uova, deodorante, reggiseni, pane, limoni, prosciutto...» parlo piano, per paura di svegliare il ragazzo che dorme nella mia stanza, anche se dovrei svegliarlo dato che sono già le 11.00 di mattina.

Sono rimasta sveglia tutta la notte, a pensare qualcosa da dire a Pet mentre oggi andrò a casa di Tom per chiarire.

Mi volto verso l'albero che splende all'angolo della sala, al fianco della tv.

Mi è sempre piaciuto addobbare l'albero di Natale, da piccola non lo facevamo mai a casa perché papà non sopportava questa festività.

Scrivo le ultime cose sul foglietto, in settimana devo andare a fare spesa perché ultimamente Tom e Jace mi hanno svuotato il frigo.

Mi volto andando in cucina ed apro appunto quest'ultimo per vedere cosa è rimasto, l'uniche cose che posso mangiare sono un paio di uova e del prosciutto cotto.

Afferro le uova, guardando la scadenza, e fortunatamente non sono andate a male.

Cucinerò la colazione per Jace, dal momento che io ancora non sono di buon umore e non ho appetito.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora