Posso aiutarlo

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LEILA

«signorina Thompson nel mio ufficio» il preside mi rivolge un sorriso cordiale mentre attraverso la classe sotto lo sguardo curioso di tutti.

Nel profondo sono tranquilla, perché molto probabilmente mi chiederà di Jace e di come procedono le cose, ma sento un formicolio sulla punta delle dita che mi porta a stringere i pugni.

«stia tranquilla» ci avviamo in corridoio, la mia classe non è molto distante dal suo ufficio, perciò ci mettiamo quasi un minuto.

«sa di cosa volevo parlarle» mi sorride nuovamente mentre entriamo nella sua stanza privata, mi siedo sulla poltroncina in vimini.

«di Jace, suppongo» sorrido gentilmente mentre gira intorno alla scrivania e si siede sulla grande poltrona nera in pelle dietro quest'ultima.

«esatto» tiro un sospiro «come procedono gli studi?» domanda, il mio cuore perde un battito, la mia mente inizia a pulsare e gli occhi si spalancano leggermente dall'ansia e dalla paura.

«meglio, abbiamo iniziato le lezioni e devo dire che sembra si stia impegnando» dico sorridente, non so perché sto cercando di mettere in buona luce Jace, ovviamente non voglio parlare male di lui, ma dovrei essere sincera, e in questo momento la verità vacilla.

«voi due andate d'accordo?» domanda unendo le mano dinanzi al suo volto attento, deglutisco distogliendo lo sguardo.

«abbastanza» confesso «ma quando siamo in pubblico si comporta diversamente» torno a guardarlo, i suoi occhi stanchi e marroni mi stanno studiando e mi mettono pressione.

«ovvero?»

«da soli è quasi simpatico, un Jace che non ho mai visto qui a scuola» mi muovo sulla poltrona «credo che non si trovi bene tra le persone» lui annuisce, non noto nemmeno una punta di stupore nel suo volto.

«aspetti, lei lo sapeva, vero?» domando assottigliando lo sguardo verso di lui e stringendomi lo zaino al petto.

«cosa?»

«che Jace non ama stare in pubblico, che non andiamo molto d'accordo» preciso avvicinandomi, lui rimane in silenzio perciò presumo che io abbia ragione.

«del vostro rapporto dubitavo da tempo qualcosa, ma che lui è un tipo solitario, sì» annuisco riprendendo fiato, è come se lui avesse un fascicolo, e su questo pezzo di carta ci sia scritta tutta la vita di Jace, loro sanno tutto di lui.

«e come ha fatto ha-» mi interrompo «del vostro rapporto?» conclude lui, io annuisco.

«tranquilla, non ho spie da nessuna parte» mi rassicura ridacchiando «alcuni compagni sono venuti da me per avvisarmi della violenza che Jace aveva usato su di un'alunna» sussulto.

«presumo che quell'alunna sia tu, Leila» abbasso lo sguardo venendo beccata in pieno.

«non gliene faccia una colpa» lo difendo, perché lo difendo?

«ha detto lui stesso che Jace è stato in carcere per diversi anni, no?» annuisce «non sarà di sicuro un posto pieno di fiorellini e unicorni» ironizzo cercando alleggerendo l'aria, lui annuisce nuovamente.

«sì, ma ciò non giustifica che lui debba usare la violenza in ambito scolastico solo perché è stato cresciuto nel luogo sbagliato» spiega non avendo torto, sospiro.

«cosa ha intenzione di fare?» domando di getto, quasi sentendo lo stomaco contorcersi per il timore che possa cacciare via Jace.

«non dovrei farlo sapere agli studenti» mi informa «ma lo avevano già avvisato, se avrebbe usato la violenza sarebbe stato rimandato in riformatorio» trattengo il respiro «e lui se n'è dimenticato, usandola su di te»

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora