Io non voglio nessuno

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LEILA

È passata una settimana dal mio primo appuntamento con Kevin, se il pranzo da me si poteva definire un'uscita.

Tom finalmente è guarito ed è tornato a scuola, quando ha trovato Kevin al suo posto mi ha rivolto una smorfia irritata e si è avvicinato lentamente.

Li ho presentati e quando Kevin se n'è andato gli ho spiegato cosa era successo in quei quattro giorni che lui non c'era stato, alla fine l'ha presa bene.

«ed io che speravo di sentire qualche tua lamentela su Jace» sbuffa fingendosi offeso, io gli do una spallata «non lo sento da più di una settimana» scrollo le spalle aprendo il quaderno, e non ho avvertito nemmeno il preside.

«non sembra cavarsela molto bene» alzo le sopracciglia non capendo a cosa si riferisca «Jace, intendo, quasi tre settimane che si trova in questa scuola e non l'ho mai visto parlare con qualcuno» mi informa, io alzo le spalle.

«sicuramente è una persona molto simpatica e ragionevole» dico sarcastica, ci guardiamo e scoppiamo a ridere, qualche compagno si volta verso di noi.

«bella questa» sbatto il cinque contro il suo e poi apro l'astuccio prendendo una penna.

«dico davvero, non sembra trovarsi bene» ripete lui «va bene, Tomas, non mi importa» lo informo irritata mentre sono costretta a mordermi una guancia, sto mentendo a me stessa e al mio migliore amico.

«parlami di Kevin, di qualsiasi cosa, ma non di lui, mi innervosiresti e basta» gli punto l'indice contro e lui alza le mani in segno di difesa.

«sissignora» ridacchia mentre io lo fulmino scherzosamente con lo sguardo, per poi dedicare l'attenzione all'insegnante che è entrato nella classe.

«comunque, a volte, ti fissa» sussurra al mio orecchio, lo ignoro facendo finta di nulla e mettendo insieme tutte le mie forze riesco a non posare lo sguardo su di lui nemmeno per una volta.

****

Mentre usciamo dall'aula ci dirigiamo agli armadietti, devo cambiare i libri per le prossime lezioni e lasciare anche un quaderno che tengo sempre per gli appunti e le schede.

«Leila» la mano di Tom si posa sulla mia spalla frettolosa e mi volto verso di lui, successivamente vengo sbattuta agli armadietti.

La mia schiena a contatto col freddo metallo rabbrividisce, anche se porto una maglia abbastanza lunga da coprirmi bene le cicatrici sulle braccia e le gambe.

«ma che diavolo» apro gli occhi che avevo chiuso a causa dell'impatto e incontro due pietre nere «che vuoi?» domando irritata.

«sei andata dal preside?» domanda furente, io scuoto il capo confusa mentre poso una mano sul suo polso per tentare di reggermi, mi ha staccato leggermente da terra e la sua mano che spinge sul collo mi da fastidio.

«ma cosa stai dicendo?» domando, lui rafforza la presa sulla mia maglia alzandomi di più e avvicinando il mio volto al suo.

«hai parlato della mia interrogazione e del mio comportamento al preside» mormora, trattenendosi.

«e allora?» domando sfidandolo, ne ho tutto il diritto.

«non me ne sarei di certo stata zitta in un angolo a sopportare i tuoi capricci» le sue narici si dilatano e la presa sulla spallina dello zaino si rafforza.

«per colpa tua ora ogni settimana verrò interrogato, se non migliorerò mi espelleranno» mi informa mentre alza il tono di voce contro la mia faccia, il mio stomaco si chiude quando lo vedo mollare lo zaino a terra.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora