Sono fiera di te

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LEILA

«tornerò a Phoenix con loro»

Il suono della tv diventa ovattato, le stupide voci stridule di quei ridicoli personaggi fanno da sottofondo al chiasso che sta prendendo vita nella mia mente.

I miei occhi rimangono fissi sul suo volto, diventato una maschera di tristezza, la visuale inizia ad appannarsi.

Rispetto la sua scelta, non posso impedirgli di passare del tempo con sua madre, non potrebbe neanche passarmi per la testa di vietargli di tornare dalla sua famiglia; sono solo esausta, perché non avremo mai un attimo di pace e tranquillità.

«tornerai?» chiedo balbettando, lui annuisce cercandomi con le mani, vuole un abbraccio che in questo momento io non sono in grado di dargli.

«è per mia madre, starò bene, non devi preoccuparti» annuisco stringendo la mascella, mi trattengo dal piangere.

Sono totalmente e irrimediabilmente rotta dentro, quelle ferite che finalmente si stavano ricucendo e quel puzzle che si stava formando, sono stati spazzati via in un battito di ciglia.

Non voglio ricaderci, non devo.

«quando partirai?» azzardo a domandare, lui mi guarda e rimane in silenzio, sa già la risposta e sa che farà maledettamente male.

Ma sono già spezzata, più male di così significherebbe cessare di esistere.

«Jace, quando partirai?» ripeto, il mio tono fermo fallisce miseramente quando il groppo che ho in gola taglia la mia voce debole.

«fine settimana» perdo il respiro.

«e quando avevi intenzione di dirmelo?» chiedo alzandomi, lui mi imita e diventa decisamente più alto di me.

«te lo avrei detto, ieri sera» alzo le sopracciglia e quando inizio a piangere mi maledico mentalmente, sono stanca di soffrire.

«ieri sera?» chiedo mentre sento la rabbia iniziare a scorrere nelle vene.

«te lo avrei detto prima o poi» dice «volevo solo passare del tempo con te, il più possibile» tende una mano verso di me, la osservo e sento alcune lacrime lasciare i miei occhi.

«e come, scopandomi tutto il giorno finché non sarebbe arrivato il momento in cui te ne saresti andato?» gli sputo acida, lui si irrigidisce.

«ora non iniziare a fare così» non mi permette di ribattere «mia madre è in fin di vita, le mancano solo pochi mesi e li vuole passare con suo figlio che non vede da sette anni, perciò io andrò con lei, non mi importa se a te sta bene o no, lei ha bisogno di me ed io di lei, fattene una ragione, Leila, non iniziare ad arrabbiatti, non ascolterò le tue solite scenate» conclude ritraendo il braccio teso verso di me, sospiro pesantemente rimanendo in silenzio.

I nostri sguardi fulminei rimango inchiodati uno con l'altro e bruciano sulle nostre pelli.

«a me sta bene che tu vada da tua madre a Phoenix» dico ignorando il resto delle parole, tento di calmare il respiro.

Non gli sto assolutamente impedendo di tornare nella sua città natale, anzi sono così felice ed orgogliosa di lui per essere riuscito a riallacciare i rapporti con sua madre, sarò sempre fiera di lui per ogni cosa che riuscirà a fare.

Ma lui ha frainteso il mio comportamento, e sempre, e dico sempre, mi comunica cose all'ultimo momento facendomi stare dannatamente male.

E le sue parole... mi hanno scavato una voragine dentro.

«bene» dice duro, si risiede come se nulla fosse successo e blocca l'episodio che continuava ad andare.

Rimango in silenzio, in piedi dinanzi a lui, fisso il portone di fronte ai miei occhi e ignoro il dolore propagarsi per tutto il mio corpo.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora