LEILA
Usciamo insieme dall'ufficio del preside, poggio una mano sulla sua spalla ignorando i brividi lungo il braccio e lo spingo fuori.
In questo momento non so cosa provo, sono arrabbiata con lui perché aveva detto che sarebbe migliorato.
Ma non riesco a non essergli grata, qualsiasi cosa abbiano detto lui mi ha difeso, a tal punto da far male se stesso.
«dobbiamo-» mi interrompe immediatamente avvicinandosi pericolosamente.
«non mi interessa dei tuoi stupidi pensieri, non risponderò alle tue domande, non parlare» ordina stringendo la mascella.
A volte mi fa paura, ma in questo momento non sono intimorita, riesco a tenergli testa, e di sicuro non mi farò mettere i piedi in testa da lui.
«invece parleremo» ribatto «non mi interessa dove, se qui, a casa tua, nella mia, devi darmi una spiegazione» lo indico puntando l'indice sul suo petto.
Osservo il suo volto tumefatto, quando abbassa lo sguardo sulla sua mano che inizia nuovamente a sanguinare la rabbia passa in secondo piano.
Cerco di afferrargli la mano per dare un'occhiata ma la scosta con rabbia, allontanandosi da me, in silenzio.
«mi preoccupo per te» abbasso nuovamente ogni difesa, dal momento che riusciamo sempre a chiarire quando mettiamo da parte l'orgoglio «voglio sapere se stai bene, e soprattutto perché ti sei ridotto in questo modo» mi avvicino.
Tiene una debita distanza, almeno un metro tra i nostri i corpi, e non mi guarda in volto.
«Jace, parlami» lo supplico quasi.
Finalmente alza gli occhi sul mio viso, e per un momento posso dire di aver intravisto un piccolo accenno di sorriso, sostituto dalla sua solita espressione rabbiosa.
«non ho nulla da dire» fa per andarsene, ma io glielo impedisco attaccandomi al suo braccio, cerco di trattenerlo ma è troppo forte per me.
«ti seguirò comunque» dico venendo ignorata, lo seguo, o almeno, cerco di stargli dietro.
Usciamo velocemente dalla scuola, e la cerchia di ragazzi che prima occupava l'ingresso dell'università ora non c'è più.
«smettila di comportarti in questo modo, peggiorerai solo le cose» lo avverto mentre lui inchioda dinanzi alla sua moto, si volta e mi fissa intimidatorio.
«non me ne andrò» incrocio le braccia.
«andiamo a casa per studiare e poi mi dirai cosa è successo oggi, chiaro?» dico tutto d'un fiato, gli occhi nei suoi, il silenzio che ci circonda.
«in questo momento desidero stare da solo» sorride maligno mentre si volta afferrando il casco e salendo sulla moto.
Stringo gli occhi e come una pazza mi lancio verso la moto, prima che possa accenderla e partire mi siedo stringendomi più forte che posso a lui, dato che non ho nemmeno il casco.
«Leila ma sei pazza?!» quasi grida mentre si gira e mi costringe a staccare la braccia dal suo busto, poggio le mani sulle cosce divaricate e deglutisco reggendo il suo sguardo.
«io desidero stare con te, in questo momento» mi sporgo leggermente verso di lui «hai bisogno di qualcuno accanto» gli faccio notare e lui inoltra una mano nei capelli.
«non ti sopporto» mormora voltandosi e
porgendomi il casco, sorrido vittoriosa infilandomelo e con un sorriso da orecchio ad orecchio circondo la sua vita con le braccia minute.****
Appena siamo arrivati a casa sua non ha esitato nemmeno un secondo e si è chiuso subito in bagno.
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I'm not your enemy
Romance[COMPLETA] Jace Carter, ex carcerato, nato a San Fernando, sulle coste del Messico, avrà la possibilità di tornare agli studi a 23 anni. Accusato di un grave reato, viene incarcerato all'età di 15 anni, per poi essere rilasciato a 22, dopo aver pass...