Gumball?

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LEILA

Oggi la scuola rimarrà chiusa per un assemblea che si terrà tra professori, io e Jace abbiamo preferito rimanere a casa quando Tom e Felicity ci hanno chiesto di uscire con loro.

Ci siamo svegliati da poco, ieri sera ho completamente dimenticato di spegnere il telefono e stamani quasi non finiva frantumato tra le mani di Jace.

Il suo braccio sta meglio, la sua ferita inizia a cicatrizzarsi ma ha bisogno di essere disinfettata, stanotte si è rifiutato.

Mi stava portando a letto, gli faceva male il braccio e il mio lato da crocerossina continuava ad urlarmi che dovevo aiutarlo e disinfettare la ferita.

Mi ha assolutamente obbligato a non muovermi, dal momento che non ero riuscita nemmeno ad aprire gli occhi che le sue labbra stavano già assaggiando le mie e il suo corpo si stava prendendo il mio per la seconda volta, forse terza.

Ho sonno, tanto sonno.

«brucerà» lo avverto, lui annuisce e stringe la mano intorno alla mia vita, indosso solo un paio di mutande e la sua maglia.

La sua mano si è infilata nella mia maglietta quando l'ho fatto sedere sul water e mi sono posizionata tra le sue gambe per cambiargli la benda.

«ho sopportato di peggio» roteo gli occhi e lui mi pizzica un fianco scherzosamente, inclino la boccetta di acqua ossigenata e delle gocce iniziano a percorrere il suo braccio.

In pochi secondo la sua ferita inizia a bruciare e la mascella di Jace stringe talmente tanto da diventare quasi bianca.

«okay, forse fa un po' male» ammette stringendo i denti, io ridacchio.

Delicatamente passo un dischetto di cotone per rimuovere la schiuma bianca e la sua ferita ora è solo un lungo e profondo taglio color pelle, e non più sangue.

«si sta già cicatrizzando» lo informo «guarirà prima del previsto, sei fortunato» stringo bene la fascia e mi chino su di lui per lasciargli un bacio sulle labbra.

Aumenta la stretta sulla mia vita e alza l'altra mano per afferrarmi il viso e trattenermi, appoggio le mani sulle sue cosce e inclino leggermente la testa all'indietro per la vicinanza.

«dobbiamo parlare» gli ricordo, fermando la sua mano che aveva iniziato a tirare il tessuto degli slip.

«mm» mugola «abbiamo rifiutato di uscire per un motivo, Leila» alzo le sopracciglia divertita, scuoto il capo ridacchiando.

«abbiamo dormito poche ore stanotte» dico «sono stanca» mi allontano ed esco dal bagno, seguita da un Jace bambino che frigna.

«anche ieri lo eri» mi fa notare «eppure, guarda come è andata a finire» abbassa gli occhi sul mio seno privo di sostegno che si intravede dalla stoffa leggera della maglia verde scuro.

«Jace» sospiro posando le mani sui fianchi, lui imita la mia posizione prendendomi in giro.

«Jace» ripete canzonatorio.

«piantala» lo sorpasso ridacchiando e lui mi segue anche in cucina, prendo una tazza e mi appoggio al tavolo facendo rifiorire i ricordi ancora freschi e vivi di ieri sera.

«non abbiamo niente da fare» dice avvicinandosi, senza darmi il tempo di oppormi mi solleva e mi fa sedere sulla superficie fredda, trattengo un sussulto quando il vetro freddo viene a contatto con il tessuto delle mie mutandine.

«possiamo passare il tempo facendo altro» tento, mi inclino all'indietro quando lui, ignorando le mie parole, si sporge verso di me.

«morirei di noia» le sue dita accarezzano la pelle della mia coscia, cerco di non abbassare lo sguardo sui pantaloncini fin troppo giù.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora