La mia distrazione sei te

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*leggera violenza, attacco di panico, leggero contenuto sessuale*

JACE

Apro gli occhi con uno scatto, boccheggio mentre stringo le lenzuola nel pugno.

Alzo il capo dal cuscino e riesco a vedere il suo corpo seminudo accanto a me, tolgo la mia mano dal suo fianco per paura di farle male e sfilo lentamente dal letto.

Mi guardo intorno nel buio totale, sento il bruciore nel petto aumentare ad ogni passo che faccio per raggiungere la porta.

Deglutisco, anche se di saliva non ne ho, e spalanco il grande pezzo di legno e, stando attento a non sbatterlo, mi dirigo in bagno.

Ho bisogno di una distrazione, e dal momento che lei non deve sapere che sto soffrendo, mi limiterò a rompere qualcosa di mio o a fare una doccia fredda.

Ansimo mentre mi accascio sulla vasca, stringo il bordo nelle mani e mi viene in mente l'immagine di una piccola Leila che tenta di soffocare nell'acqua.

«porca puttana, smettila...» premo il palmo della mano sulla tempia «...smettila, smettila, smettila» ripeto disperato mentre stringo i denti, la mascella si indolenzisce.

Non capitava da parecchio tempo di fare un incubo e svegliarmi con un attacco di panico che ha iniziato a crescere così tanto.

Non ricordo nemmeno cosa stavo sognando, ho in mente solo dell'acqua, immagini vaghe di qualcuno che urla il mio nome e poi il vuoto.

I sensi di colpa mi assalgono, spingendo nella mia mente e tagliando qualsiasi via respiratoria nel mio corpo mi permetta di sopravvivere.

Avevo quattordici anni la prima volta che è iniziato, che l'onda mi ha travolto, e sono dovuto risalire dal fondo da solo.

Mi sono informato all'epoca, i più frequenti sintomi erano che non riuscivi a respirare e un'ansia pazzesca ti assaliva, ma io provavo solo tanto dolore, sensi di colpi assurdi e una voglia di strapparmi la pelle da dosso.

Ley non deve sapere che anche io ne soffro, sarebbe davvero troppo per lei.

«figlio di... puttana, esci fuori dalla mia testa» mi piego sulle ginocchia e premo la fronte sul pavimento freddo, sento alcune lacrime lasciare i miei occhi.

Odio piangere.

Ci sto mettendo tutto me stesso per non fare rumore e non rompere nessuna delle sue cose, ma quel barattolo in vetro che contiene dischetti di cotone mi sta tentando da quando sono entrato in questa stanza.

Le mie mani tremano quando le allungo verso il lavandino, mi alzo e chino la testa tra le spalle.

Respiro velocemente, sentendo quella sensazione che stringe il mio petto e non mi permette di respirare, ho bisogno di spaccare qualcosa.

Sembro un pazzo quando mi guardo intorno con occhi rossi e spalancati, intravedo il mio riflesso nello specchio e ho una voglia pazzesca di prenderlo a pugni.

«tu, brutto pezzo di merda» avanzo verso lo specchio e sembra che il riflesso si stia prendendo gioco di me, sorride maligno.

Lancio un cazzotto allo specchio che si rompe in mille pezzi, alcune schegge si conficcano nelle mie nocche mentre il resto cade a terra provocando un rumore assordante.

«no no no...» sussurro «...lei non deve svegliarsi, lei non deve sapere nulla» parlo a me stesso, quella parte sadica di me che in questo momento ha l'adrenalina a mille.

Infilo la mano ferita nei capelli, dei picchi di fastidio e dolore colpiscono la mia mano e gemo dal dolore.

Non è ancora passato, è ancora lì, il riflesso stampato nella mia mente che mi guarda ridendo.

I'm not your enemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora