LEILA
Varchiamo la soglia del suo appartamento, è dietro di me e suppongo stia chiudendo la porta, perché ha smesso di parlare d'improvviso.
Tomas ci ha raccontato cosa è accaduto con il preside Morris, io e Jace dobbiamo ancora parlare con lui e chiarire varie cose, ma per ora dovrà punire solo Tyler.
Mi volto verso di lui e lo colgo a guardarmi, assottiglio lo sguardo confusa e mentre avanza sento le ginocchia cedermi.
«che cosa vuoi fare?» scuote il capo cercando di afferrare la mia vita, ma io mi allontano scansandomi.
«oh, nulla» scuote il capo fingendosi disinteressato e fischiettando guardandosi intorno, io scuoto il capo divertita posando la borsa a terra.
«non voglio sapere cosa tu stia pensando» lo indico «quindi, studiamo» concludo, avvicinandomi alla cucina in disordine.
«ma cosa-» mi interrompo guardando tutte le pentole sporche sul lavandino, la tovaglia ancora appallottolata sul tavolo in legno e alcune scatole di cereali, suppongo vuote, sul ripiano.
«non amo sistemare» ridacchia grattandosi la nuca, forse in imbarazzo, mentre io raggiungo il lavandino in disordine, storcendo la bocca.
«facciamo così, mentre tu studi io sistemo la tua cucina» scuote il capo.
«non c'è bisogno, Leila, davv-» mi avvicino con uno scatto «mi piace lavare i piatti, mi rilassa, quindi lasciati aiutare e vai a studiare» sospira abbassando lo sguardo e prende i libri.
«dovrò fare da solo?»
«credo che tu ormai ne sia in grado»
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«hai finito?» domando, mentre osservo le sue dita strette sulla penna che continua a muoversi sul foglio imbrattato di inchiostro.
«ho... fatto» dice, quasi col fiatone, mentre lascia andare la penna blu sul quaderno e si stiracchia sulla scomoda sedia piatta.
«non controllerò i tuoi compiti» mi avvicino con le braccia strette al petto, rimango al suo fianco, in piedi, e guardo la sua faccia contraria.
«e se ho sbagliato?» domanda.
«sarà compito del professore dirtelo, ormai hai imparato e sei bravo, devi iniziare a fare da solo, non posso seguirti per sempre» lo informo.
«e se io volessi?» aggrotto le sopracciglia confusa confusa «cosa?»
«se io volessi essere seguito da te per sempre?» dice incatenando gli occhi ai miei, non distolgo lo sguardo per il semplice motivo che i suoi occhi, anche se profondi e indecifrabili, sono una calamita.
«ci-ci sarò comunque ad aiutarti» balbetto non sapendo bene cosa dire e mi allontano mentre sento il suo libro sbattere, segno che l'ha chiuso.
«mi sto annoiando» frigna osservando il buon lavoro che sono riuscita a fare, la sua cucina risplende da capo a piede.
«non so cosa dirti» scrollo le spalle, sedendomi sul divano, afferro il telecomando e accendo la tv, e mi compare la schermata di accensione della play-stations.
Probabilmente, l'ultima volta che ha usato la tv stava giocando alla play.
«Jace» lo richiamo, non distogliendo gli occhi dallo schermo blu che mi illumina il volto, risponde con un mugugno.
«mi insegni a giocare alla play?» domando sorridendo, lui batte ripetutamente le palpebre, sono tentata dal ripetergli la domanda, ma lo vedo avvicinarsi.
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I'm not your enemy
Romance[COMPLETA] Jace Carter, ex carcerato, nato a San Fernando, sulle coste del Messico, avrà la possibilità di tornare agli studi a 23 anni. Accusato di un grave reato, viene incarcerato all'età di 15 anni, per poi essere rilasciato a 22, dopo aver pass...